Come stiamo vivendo le conseguenze del Coronavirus? Quali sono le conversazioni online, come cambiano i desideri e quali strumenti abbiamo adottato per far fronte all’isolamento forzato? Hearst Italia ha dato il via a un monitoraggio degli stati d’animo, dell’attitudine al consumo e del modo in cui gli italiani stanno trascorrendo questo periodo di blocco delle attività. La rilevazione, compiuta in collaborazione con Pulsar, società inglese specializzata nell’ascolto della rete nel monitoraggio dei comportamenti del pubblico, è riferita al periodo 25-31 marzo e verrà ripetuta con cadenza settimanale, per mettere in luce la variazione nel tempo delle tendenze rilevate. Il campione analizzato si riferisce a quasi un milione di messaggi in rete, rappresentativi dei significati della grande conversazione dei social media.

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Courtesy Pulsar

Il sistema di analisi di Pulsar ha elaborato un indice complessivo per fissare il mood italiano la scorsa settimana. E qui una prima notizia tutto sommato di segno positivo: in una scala in cui lo zero è neutro, i valori negativi sono pessimisti e quelli positivi ottimisti, siamo passati da un meno 11% nella settimana precedente ad un meno 3% tra il 25 e il 31 marzo. Si direbbe che complessivamente stiamo imparando a reagire senza subire gli eventi come una grande nuvola nera di paura e pessimismo. L'analisi lessicale ha associato a queste emozioni le parole più ricorrenti: nel quadrante negativo emerge per esempio la spesa, vissuta come problema pratico da molti, poi i soldi, problema gravissimo fin da subito per molti italiani, così come spesso troviamo citata l'Europa e addirittura la guerra. Nel quadrante positivo invece emergono parole importanti come la gratitudine, rivolta a chi lavora a contatto con il virus più direttamente, poi la sera come momento di speranza, gli amici e in cucina sia il termine generico ricette che, nello specifico, la pizza come "bene rifugio" di più alto valore emozionale.

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Tra i messaggi più condivisi su Instagram, la lettera all'amica del cuore del giovane scrittore Nicolas Paolizzi (si legge qui). Emoji principali il cuoricino e la bandiera italiana. Altrettanto commovente il runner up su Facebook, con una storia di Laurea ai tempi del virus. Tante le ricette super condivise, poi la televisione che emerge in diverse occasioni per il grande potere di amplificazione che ancora esercita. Tra gli articoli più visibili sui social media troviamo anche fonti internazionali: grande eco per l'editoriale di Draghi sul Financial Times, compare l'analisi di Harvard Business Review citata dai grandi quotidiani nei giorni scorsi. Poi tra le fonti italiane, sia Giorgio Armani con l'impegno per la produzione di camici monouso sia il professor Roberto Burioni per la querelle del video di Leonardo del 2015, che secondo un’interpretazione errata di alcuni avrebbe avvalorato l’ipotesi di un virus creato in laboratorio. Rispetto all'universo problematico della disinformazione, un solo dominio emerge nelle classifiche: è la testata russa Sputnik News, più volte segnalata in questo periodo per le campagne di destabilizzazione dell'opinione pubblica.

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Courtesy Pulsar

Tra le piattaforme di social media vediamo il primato assoluto di Facebook (26%), seguito a ruota da Youtube, secondo, e poi Instagram (19%). Poi le testate nazionali, segno che si cerca informazione attendibile dai riferimenti top of mind, quasi assenti dalla top 10 le fonti indipendenti, alternative e grassroots. Unica testata internazionale ad avere share of voice significativo è il New York Times. I consumi di informazione si sono orientati in maniera preponderante verso i social media (32%), seguiti al 16% da giornali e magazine tradizionali. TV al 13% e messaggistica privata al 10%, vicino a libri e film. Serie TV citate nel 3% delle conversazioni, pari al consumo di radio e poco sopra ai videogiochi. Tra gli strumenti di comunicazione personale, il grafico ci mostra il dato curioso dei messaggi vocali (citati nello 0.6% dei casi) e poi le e-mail, ancora molto usate e presenti nel 13% delle conversazioni. Poi video (nel 20% dei casi) e le chiamate vocali al 25%. I messaggi testuali risultano lo strumento più citato, con il 40% di occorrenze (SMS ancora al 20%).

L’indagine ha inoltre cercato di capire come si vive la casa durante l'isolamento. Nel face off tra gli ambienti domestici vince a mani basse il letto, apparentemente protagonista indiscusso della nostra quarantena con il 37% di menzioni. Divano solo al 10%. Il balcone è ancora collegato a uno dei pochi momenti di libertà, con il 13% di share of voice.

Vi chiedevate se passiamo più tempo a cucinare o direttamente a tavola? Ebbene: 18% in cucina, 15% con i commensali. E in cucina, cosa ci occupa (o perlomeno cosa ci piace di più mostrare in pubblico)? Primi piatti, nel 46% dei casi, poi dolci nel 36% dei casi. Ma al supermercato invece si parla di più di ingredienti per i dolci o per la panificazione. Molto importante la prima colazione, probabilmente un piacere ritrovato ora che non bisogna scappare al lavoro presto la mattina. Carne o pesce? Siamo in rapporto di 10:6. Alcolici vs prodotti salutistici? Non male: vince Bacco, ma di stretta misura. Molto presente il caffè. Tra gli acquisti extra cookery: primo posto per i libri, seguiti da giardinaggio per chi ha la fortuna di poterlo fare, poi subito dietro ci si attrezza per l'esercizio fisico in casa. Si acquistano molti giochi e apparecchi elettronici. Il pubblico femminile ritrova a casa uno spazio di cura per se stesse con le beauty routine (67% make-up, 22% detergenti e 11% skincare), spesso fai da te e molto spesso anche pretesto per fare shopping nei reparti di cosmetica degli store online. La moda vive in una nuova chiave leggera: frequenti gli aggiornamenti autoironici sui look da appartamento, molti gli acquisti e-commerce di abbigliamento comfy.

E quali sono i pensieri ricorrenti di noi italiani in questo momento? Cosa ci preoccupa o ci manca di più oggi?

  • Lavoro, 19%
  • Famiglia, 16%
  • Natura, 15%
  • Sport, 12%
  • Viaggi, 10%
  • Amici, 9%
  • Scuola, 7%
  • Nightlife, 6%

Tutti non vediamo l'ora di tornare a uscire, comprensibile, di abbracciare i cari. E, strano ma vero, di tornare al lavoro (16%).

Seguiteci tra una settimana, per guardarci di nuovo allo specchio rivelatore di Pulsar (qui altri approfondimenti in lingua inglese): capiremo insieme come evolve il nostro approccio alla pandemia in una nuova puntata del Barometro di Hearst Italia.

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