Quarantena, giorno N come non li contiamo nemmeno più. Siamo radicati in nuove abitudini, reazione a una (r)esistenza possibile: niente contatti fisici, relazioni a basso voltaggio via videochat, elaborazione psicologica lenta del trauma collettivo che abbiamo iniziato a vivere. Se il social distancing per il Coronavirus è l'unico modo per ridurre il rischio di contagio, soprattutto per gli eventuali asintomatici, lo stiamo facendo abbastanza bene. Nei nostri pensieri ci stiamo rendendo conto di quanto stiamo cambiando, stare a casa è l'àncora di sicurezza. Le rapide boccate di ossigeno in direzione spesa ci trasformano in sociologi che osservano gli effetti del distanziamento sociale: a uno-due metri dagli altri, tra deviazioni brusche sui marciapiedi e sgusciate tattiche nelle corsie del supermercato, l'allontanamento dei corpi è evidente. I rapporti umani non sono più gli stessi.

Ma il social and physical distancing non sta modificando solo le relazioni con gli estranei in fila spiccia al banco gastronomia. I primi rapporti a subire l'impatto della quarantena sono stati paradossalmente i più prossimi: famiglie compresse in tot metri quadri, genitori separati, conviventi più o meno agli inizi, anziani distanti. La vicinanza 24/7 spinge alla ricerca di spazi solitari, fa rivedere le fondamenta di tante relazioni, anche le più sicure e automatiche delle nostre vite. Cresce l'urgenza di condividerli per cercare un punto di contatto solo geograficamente lontano. Fioriscono progetti di unità virtuale come MyLockdown su Facebook, nato (in lingua inglese) per volontà dell'associazione Made in Roma Est, e The Social Distance Project su Twitter e Instagram, per documentare le convivenze in forma di short stories anonime. Un campionario variegato di racconti dove si alternano esperienza di riscoperta affettuosa a nuove definizioni dei rapporti filiali. La coppia che rileggendo le lettere d'amore scambiate ai tempi del Vietnam ha riscoperto "il giovane di cui mi ero innamorata", o l'idea di pianificare una sessione di ballo genitori/figli per allentare le tensioni e divertirsi tutti insieme. Il silver lining che racconta una neomamma riguarda il marito e padre del bambino: "Nell’ultima settimana, mio ​​marito ha visto cosa significhi passare 11 ore con un bambino di 7 mesi. Prima del COVID partiva alle 8 e rientrava alle 7 di sera, e si chiedeva perché la cena non fosse pronta. Non l’aveva mai detto, ma sapevo che ci stava pensando. Ora si offre per cucinare". La convivenza forzata riscrive i ruoli, mostrando una realtà spesso annacquata.

Ma c'è anche lo sgomento di chi vede dritte in faccia le proprie condizioni. È complessa la situazione quando realizziamo che un tratto del nostro carattere o un'attitudine non ci piace, e in quarantena la sensazione si acuisce ancora di più. Saltano gli schemi e la relazione primaria che abbiamo con noi stessi subisce uno scossone sul versante psicologico e su quello fisiologico. La vulnerabilità mette ansia, ci concediamo più o meno cura, ci teniamo impegnati cucinando, cerchiamo di condurre quella che chiamiamo "una vita normale". Dormire ai tempi del Coronavirus può non essere facile, i casi di insonnia aumentano ufficiosamente per via delle preoccupazioni economiche legate alla pandemia. Ma secondo lo psicologo Zlatan Krizan dell'Università dell'Iowa, mai come ora il sonno è l'alleato cui non dobbiamo rinunciare in nessun modo, scrive in un articolo su The Correspondent. "Il sonno è essenziale per pensare chiaramente e restare ottimisti in qualsiasi momento. Inoltre, il sonno è indispensabile per mantenere la funzione immunologica, che è la chiave per prevenire e recuperare da malattie infettive come COVID-19. Perdere il sonno rende le persone più suscettibili alle infezioni virali e mina il recupero dal raffreddore comune e condizioni più gravi". Tutto vero, certo. Ma nelle condizioni di isolamento sociale, le beate otto ore di sonno sono una condizione di relax difficile da ottenere: il corpo può sentirne il bisogno, ma il cervello continua ad arrovellarsi in una veglia infinita.

Che tu sia allodola o gufo, sposa finalmente i tuoi ritmi naturali. Una provocazione? Non proprio. "È un'opportunità mai vista per sposare il concetto necessario di spegnersi ogni tanto, aiutando i corpi umani a combattere quelle battaglie che solo i corpi conoscono" scrive Krizan. Chi ama l'alba può godersi le prime ore del mattino per fare una colazione lenta, vivere la propria fede, inaugurare una nuova skincare, portare a passeggio il cane. I nottambuli sposteranno senza sensi di colpa la sveglia un'ora o due dopo, godendosi il riposo dopo aver fatto tardi: il consiglio dello psicologo è di approfittare di questo momento per dormire quanto e come ci piace. Vale per tutti, dai solitari della quarantena alle famiglie numerose ai conviventi a due: è l'occasione per riscrivere i soliti schemi inventandone di nuovi. In uno spazio fisicamente ristretto dove il tempo si dilata, il Coronavirus ci sta costringendo a rivedere i rapporti con noi stessi e con gli altri, mostrando i limiti di tante relazioni esterne che consideravamo vitali. La realtà è che il social distancing, forse, è un male necessario: e potrebbe farci anche bene.