Per lui la fotografia è qualcosa che la gente non scorre con il pollice, per lei è una corazza ma anche una chiave di (s)volta e rivolta. Per lui è come La Traviata, tra 100 anni sarà sempre irrinunciabile (e in esclusiva per Marieclaire.it ha realizzato reportage da ogni angolo del mondo), per lei è un’azione straordinaria nel mondo ordinario. Alessandro Cinque e Claudia Gori sono gli occhi dietro il servizio fotografico del nuovo numero di Marie Claire Italia (in edicola dall'11 agosto), sono gli obiettivi dietro un grande racconto italiano: la moda, il talento di otto giovani attrici, la bellezza di Roma, la città dove nasce il nostro grande cinema.

A proposito di cinema, qual è il regista di cui ami di più la fotografia?
Alessandro: Paolo Sorrentino come discepolo di quel neorealismo italiano iniziato con Federico Fellini, Luchino Visconti, Mario Monicelli. Dalle inquadrature all’editing, Sorrentino ha imparato la lezione da tutti loro per elevarla e celebrarla nel mondo contemporaneo.
Claudia: Alejandro González Iñárritu, in special modo in 21 grammi. La fotografia nei suoi film combacia alla perfezione con il concetto di sospensione che io ricerco sempre nelle mie foto. Un approccio silenzioso, interrogativo, non troppo definito dell’immagine, con un soggetto che viene immortalato come sospeso nelle sue contraddizioni.

Quando hai deciso che avresti scattato per tutta la vita?
Alessandro: A 12 anni. Mio padre è un fotografo, mi portava ai matrimoni con lui, mi dava la sua seconda macchina fotografica e mi lasciava esprimere, gli piaceva mettermi alla prova. Tornati nel suo studio parlavamo di fotografia tutto il tempo, scrutavamo i tomi della Magnum Photos in lungo e in largo. Ogni volta che scatto una foto penso alla mia famiglia, anche per questo non è solo un lavoro per me.
Claudia
: Dieci anni fa, lavoravo in un ufficio, ero insoddisfatta, usavo la fotografia per sfogarmi. A un certo punto mi sono licenziata e mi sono detta, Claudia, hai un anno di tempo per capire se riesci a trasformare questa passione in un lavoro. E così è stato. Però, fotografa, mi ci sono sentita sin da bambina.

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Courtesy Elena Mannocci
Claudia Gori

La cosa più difficile da fotografare
Alessandro: Gli oggetti. Quando scatti uno still life devi sforzarti a entrare nella testa di chi ha progettato e disegnato quella cosa, e non sempre trovi una risposta.
Claudia:
Le persone. All’inizio eri intimorita, non sapevo come muovermi, fotografavo soprattutto luoghi. Pian piano mi sono resa conto che avevo bisogno di investigare sulla relazione spazio-corpo, così ho iniziato a scattare anche le persone, ed è diventata una droga. Poterle analizzare da dietro un obiettivo è qualcosa di cui non posso più fare a meno.

Che consigli daresti a chi vorrebbe fare fotografia ma non sa in che campo lanciarsi?
Alessandro: Bisogna capire su che tipo di bellezza ci si vuole concentrare. Nella fotografia di moda l’estetica è spinta al massimo, il bello è oggettivo e universale, il fotogiornalismo si concentra di più sull’espressione, cercando nuovi livelli di bellezza, diversi oppure opposti ai classici canoni estetici.
Claudia: Il lavoro del fotoreporter è tendenzialmente solitario, lento, molto meditato. Su un set fotografico, invece, i tempi sono stringati, bisogna essere precisi, controllati e scattanti. Ovunque siate, qualsiasi situazione avete attorno, fate un respiro e ritagliatevi il vostro spazio.

Sei a Roma e ti è rimasto l’ultimo rullino da consumare, dove vai a scattare?
Alessandro: Non dove ma chi. Vorrei scattare l’essenza di Roma in una persona, la romanità in un barista che ti dà il buongiorno, che si mette a lucidare i bicchieri prima di prepararti il caffè, senza fretta, lasciandoti in un tempo sospeso, come vorrei fossero le mie foto.
Claudia:
Il “ponte rotto” dell’Isola Tiberina. Il nome ufficiale è Ponte Emilio, ma tutti lo chiamano così. Era il luogo in cui mi rifugiavo tutte le volte che ne avevo bisogno quando abitavo a Roma.

Com’è cambiata e sta cambiando la fotografia? Come si evolverà in futuro?
Alessandro: C’è stato uno scisma tra immagine e foto. L’immagine è quella dei selfie o i piatti su Instagram, è immediata, sostituisce le parole. Poi c’è la fotografia, il cui obiettivo è far riflettere, ricercare un messaggio nascosto, fermarsi a osservare e immagazzinare una sensazione. È un po’ come scrivere una lettera alla propria fidanzata: c’è chi butta giù i propri pensieri e chi ci scrive dei romanzi d'amore… In futuro il fotogiornalismo vivrà di questo, immagini E foto, la prima per documentare velocemente, la seconda per analizzare coscienziosamente.
Claudia: Forse oggi prestiamo più attenzione allo strumento con cui viene fatta la foto che al suo messaggio, studio o contenuto. Il futuro della fotografia è continuare a credere il quel contenuto.

Lo scatto che vorresti fare adesso.
Alessandro: una foto utile, che serva a qualcosa, che abbia un'importanza sociale.
Claudia:
Una foto di famiglia. Ho sempre ritratto i miei parenti in scatti singoli, adesso li vorrei tutti insieme di fronte a me.

*** Alessandro Cinque è un fotografo italiano di 31 anni che vive a Lima, inviato Reuters per il Sudamerica, ambassador Leica e vincitore del Focus on The Story Grant, POYi Issue Reporting Picture Story e POYi Award of Excellence. I suoi lavori sono stati pubblicati da The New York Times, Libèration, MarieClaire.it, Panorama, L’Espresso.

*** Claudia Gori è una fotografa italiana classe 1986, co-fondatrice di Sedici, un gruppo di fotografi freelance che promuove attività di fotografia contemporanea. Ha una laurea in editoria e scrittura e ha studiato fotogiornalismo e visual storytelling alla Danish School of Media and Journalism in Danimarca. Cura progetti personali e collaborativi di ricerca sociale e con il lavoro “Le Sentinelle” sull’elettrosensibilità in Italia ha vinto il Premio Voglino.

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Courtesy Photo
Alessandro Cinque