Gli innamorati non sono tutti uguali. Alcuni sono sempre lì a industriarsi per lasciare al mondo qualche traccia di sé. Altri invece devono cancellare ogni evidenza, sperando che nessuno si accorga di loro.

I primi organizzano feste memorabili, si dedicano poesie o frasi romantiche che leggono al microfono davanti a parenti e amici, magari al loro matrimonio. Poi accendono mutui per la casa, fanno figli, comprano servizi di posate d’argento. I secondi non hanno foto che li ritraggano insieme, non pagano mai con la carta di credito, se si incontrano sul corso della città fingono di non conoscersi, evitano app o congegni che prevedono la tracciabilità, per non rischiare di svelare tutti i loro movimenti. Anche loro - a volte - si dedicano delle poesie, ma raramente a qualcun altro è consentito di leggerle. Se le scambiano in una camera d’albergo o in una tavola calda fuori zona: il più delle volte, dopo essersi salutati, sono costretti a disfarsene.

Poi le loro vite, quelle ufficiali, quelle vere si rimettono in moto. Appena non sono più l’uno davanti all’altra, le parole che hanno detto, sussurrato o scritto, svaniscono per sempre.

Prima, però, c’è da vivere una scelta: il rischio, la gioia, piccola o grande che sia, la frustrazione, la colpa. Insomma c’è, per questi amori clandestini, un tempo tanto atteso quanto fugace: è il presente, l’unico in cui davvero esistono.

La prima categoria di innamorati è ovviamente la più legittima e socialmente accettata, ma per riferirsi a essa si utilizzano parole dal sapore burocratico: coniugi, mariti, mogli o il più disinvolto - ma pur sempre freddino - compagni.

Alla seconda categoria tocca in sorte un’etichetta decisamente più romantica: loro sono gli amanti. Sono coloro che amano, quelli che amano adesso, al participio presente. Significa forse che gli altri - gli sposati, i fedeli - hanno smesso di amarsi?

Certamente no, almeno non necessariamente. Significa anzi che la loro relazione intende dispiegarsi su un piano temporale molto più ampio, che si basa su un patto garantito dalla legge o perfino su una promessa fatta davanti a Dio. Decisamente un bell’impegno.

Invece gli amanti si incontrano ogni volta come se fosse l’ultima: il loro domani è in bilico e il passato così vertiginoso e contraddittorio che è meglio non dragarlo, meglio assaporare tutta la voluttà di certe malinconie, tutta la deliziosa fragilità del desiderio che si realizza. Gli amanti volano sulla superficie del tempo, fingendo - finché possono - che il resto non li riguardi.

Non è facile stabilire chi, tra queste due voci dell’ampio catalogo degli innamorati, sia più vicino alla felicità. Non a caso, milioni di persone al mondo ondeggiano pericolosamente tra un modello e l’altro, combinando un sacco di guai, ferendo a morte l’altrui fiducia e talvolta votandosi al completo fallimento.

La domanda di fondo, tuttavia, sembra essere comune a entrambi i sistemi: esistono delle regole, per essere felici in amore? D’impulso verrebbe da rispondere che non è possibile ingabbiare in articoli e codicilli un sentimento tanto complesso e nobile.

Eppure le coppie, nella vita quotidiana, non fanno altro che imporsi delle regole, razionali o strampalate che siano, crudeli o di assoluto buonsenso. I coniugi, per esempio, hanno spesso un’idea molto precisa su come ci si
debba comportare in tema di convivenza, fedeltà, amicizie, ricordi, denaro. Insomma, hanno un’opinione su tutto e pretendono che venga rispettata. Spesso fa più male di una scarpa stretta, ma loro lottano strenuamente per trovare un equilibrio.

Gli amanti, dal canto loro, rivendicano un’assoluta libertà d’intenti, in nome di una passione, di un alto sentimento o più banalmente d’un vizio: eppure anche loro si ritrovano ad approntare delle maniacali regole d’ingaggio su telefonate e messaggi, sulle gite, sui compleanni, sul tempo che ci si può dedicare. I protagonisti del mio romanzo,
Le regole degli amanti, sono due infedeli, Iole e Sandro, che portano avanti per decenni una relazione extraconiugale. Pare che sia una circostanza piuttosto comune. Loro due, però, vogliono che quella storia sia diversa da tutte le altre. Vogliono sottrarla ai difetti dei rapporti stabili ma anche alle inevitabili cupezze delle tresche abusive. Non intendono rinunciare alla passione e alle leggerezze dell’innamoramento e lavorano perché il loro amore duri. Vogliono essere amanti per sempre.

Per questo compilano una sorta di decalogo e si impegnano a rispettarlo per trent’anni. Anzitutto ritengono che per durare il vero amore debba essere lieve. Nessuna convivenza, nessun carico reciproco di responsabilità e frustrazioni, nessun diritto acquisito, niente amarezze lavorative e familiari; solo gioia e desiderio. Ma la regola centrale di questa specie di Manifesto dell’amore lieve è sul tempo: “Gli amanti”, scrivono, “non hanno ricordi e non hanno futuro. Gli amanti hanno solo il presente”.

Credo che questa regola, in particolare, sia utile per tutte le tribù di innamorati: vale per gli intransigenti, per i puri, per i torbidi, per gli inquieti, per i pacifici. Vale per chi ama il ragazzino incontrato vent’anni fa sui banchi del ginnasio e per chi il mese scorso ha perso la testa per la collega d’ufficio, sposata e con due bimbi piccoli. Il nostro tempo è ora, non ieri, non domani: lo sanno perfettamente i fedifraghi, quelli che consumano sempre con troppa fretta un incontro che le circostanze della vita - o la propria immaturità e codardia - hanno voluto furtivo e incompleto. E sì, possono perfino insegnarlo agli altri.

La situazione non è così diversa, infatti, per quelli che credono di avere a disposizione un tempo illimitato. Perché è un’illusione: per tutti il tempo di amare è oggi, prima che la noia e il rancore abbiano la meglio, prima che il destino ficchi le sue zampe velenose nel nostro piatto.

Molti di noi vivono come se fossero sempre in mostra. Magari crediamo di essere perfetti, al riparo da tutto, eterni. L’idea di quello che possiamo perdere ci fa rabbrividire. Preferiamo non pensarci neanche un minuto e tirare dritto ma in questo caso, quando la vita ci tocca forte, ci frantumiamo in mille pezzi.

Invece ogni tribù di innamorati dovrebbe recepire qualcosa dalle altre.
Gli amanti, i veri amanti, a volte sono fatui, capricciosi, egoisti e dovrebbero imparare da chi è più solido che la gratitudine e la solidarietà possono essere più importanti dei languidi sospiri.
Gli altri, invece - i sicuri, i forti, i seri -, non devono dimenticare che il tempo fugge e che la parola amanti vale anche per loro.

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Courtesy Bompiani

Yari Selvetella (nato a Roma nel ’76) è giornalista, autore tv e scrittore. Tra i suoi libri ci sono La banda Tevere (Mondadori) e Le stanze dell’addio (Bompiani). Il suo nuovo romanzo, Le regole degli amanti (Bompiani, € 18), in libreria dal 9 settembre, ha ispirato le riflessioni di queste pagine.