Vedere tuo padre che scrive, di notte, mentre tutto tace e tu, bambina ti alzi per vedere che rumore fa la notte. Aspettare che sia lo sguardo del tuo super eroe a fugare ogni dubbio e cercare quello sguardo, a lungo, nei fidanzati che avrai 20 anni dopo. Sentire tuo padre che ti racconta una fiaba, ma non la legge in nessun libro, ti chiede di inventarla. Una di queste frasi è il motivo per cui Miriam Previati ha iniziato ad aiutare gli altri, scrivendo. 34anni, attrice e scrittrice, fondatrice del gruppo Mujeres nel cinema a sostegno delle donne impiegate nel mondo del cinema (dalle attrici alle macchiniste, tutte), nata a Ferrara "città che stra-amo", cresciuta in un paese sulle rive del Po, luogo malinconico e tenace, Miriam è l’ideatrice di un’esperienza che parte dai ricordi d’infanzia, ne usa il linguaggio e li converte a terapia contro il dolore, le forme di (in)sicurezza in se stesse e diventa compagna ed assistenza durante buchi neri e voli pindarici. La offre a chiunque voglia sulla piattaforma di Airbnb Experiences. La raggiungo al telefono. La frase origine di tutto è la terza dell’inizio di questo articolo.

“Scrivo da quando sono bambina perché avevo un papà molto bravo a stimolare la mia fantasia: metteva un registratore nel mangiacassette e iniziava a raccontare una fiaba facendola continuare a me. La sfortuna è che è andato in cielo che avevo 7 anni. Inventare fiabe è diventata una cosa che dovevo fare da sola ma mi teneva in comunicazione costante con mio papà quindi per me la scrittura come terapia è iniziata molto presto. Ho imparato a scrivere a 5 anni, perché avevo due fratelli più grandi che facevano tutto e volevo saperlo fare anch’io. Poi da ragazzina sono cresciuta e litigavo spesso, non ero ancora del tutto matura per costruire dialoghi sani e, di nuovo, ho iniziato a usare le fiabe per sfogare rabbia o raccontare emozioni, favole romanzate per parlare con le persone e far capire il loro punto di vista, trovare nel finale una soluzione ai conflitti. Poi ho deciso di proporre l’esperienza a più persone, ho continuato a scrivere dopo delusioni amorose, in primis un quaderno che si chiama Solo cose belle, iniziato quando ero convinta di sposarmi e sono stata lasciata dal giorno alla notte per un’altra persona. Scriverlo mi ha tirato su: rifocalizzarsi su se stessi, sulle cose belle che si hanno e si possono fare perché

ogni trauma della nostra vita può rifiorire, essere indirizzato in qualcosa di positivo".

Scrivere e arrabbiarsi, oggi tradotto hate speech, la manna dei social: dai commenti che blastano fino al revenge porn. Quello che realizza Miriam non è solo scrittura come terapia ma è un luogo sicuro dove fermarsi e appoggiare le parole al loro significato, come fossero colori primari che non hanno bisogno di altri per creare un viola. Partiamo dall’abc, dalle parole chiave che una bambina può capire. E da lì attacchiamo l’immaginazione, la nostra. Un percorso che aiuta e ancora di più sostiene in un periodo di Zoom call, riunioni su Teams, parole che gracchiano magari nei punti salienti della conversazione.

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Cos’è difficile mettere nero su bianco?
È difficile sentire che si vale, spesso è un problema di autostima. L’ultima esperienza che ho fatto è lampante su questo: a partecipare erano due migliori amiche, la prima domanda del quaderno chiede “Io sono...” una di loro ha iniziato a piangere perché non le veniva in mente niente per descriversi e l’amica l’ha aiutata raccontandole chi era.

Sostegno reciproco, scrittura come dialogo con noi stesse, piccole insicurezze o dolori più profondi. Consigli a chiunque di partecipare?
Il focus della mia esperienza è vivere il cambiamento come un punto di forza, non viverlo solo come spaventoso perché c’è qualcosa che cambia di colpo.

Come riesci a fare sì che si fidino di te?
Parto con queste domande: Qual è il tuo obiettivo nella vita? Cosa ti manca per raggiungerlo? Sei felice? Cosa potresti fare di più? Per esempio il mio obiettivo di vita è condividere esperienze con le persone in modo che quello che dico possa farle stare meglio, migliorare ed evolvere. Per me è bellissimo vederle fare un sorriso, tirare un sospiro di sollievo: portare le persone ad affrontare i problemi andandoli a scrivere e, delle volte, ridimensionandoli.

Che consiglio daresti a chi ha paura della pagina bianca, o di chiamare il trauma con il suo nome?
C’è un punto importante: scrivere per scrivere non per chi ci leggerà. Quando ho scritto il mio primo libro l’ho fatto per sfogare una brutta fine sentimentale, le mie amiche mi hanno consigliato di scriverne un secondo, ma quando ho provato a comporre il seguito non sono riuscita perché lo stavo già facendo per un motivo diverso, pensavo a un giudizio, un’aspettativa. Del giudizio degli altri & sugli altri ho riflettuto a lungo nel primo lockdown. Ho scritto un formato di lettera, la lettera di una ragazza che raccontava ai genitori un episodio di revange porn. Questo testo è diventato un cortometraggio che ho inviato alla Berlinale. Ne sono molto soddisfatta.

Il punto di partenza, e il punto d'arrivo?
Rivalutazione di sé per sentire che si vale sottoforma di fiaba, scrivere parlando al te stesso bambino ti permette di andare in diversi livelli di profondità, profondità non sempre facili, usando parole semplici e dirette, spaziando tra esperienze diverse.