Divieto di selfie, meglio pubblicare le foto con molti amici. Ma non lo fai tu, lo fanno gli altri per te. Prego? Cos'è Poparazzi il social delle foto altrui, lo riassume la missione ben esplicitata nel titolo della presentazione su Medium, The Anti Selfie Selfie Club: "Una nuova app di condivisione foto che si concentra sul conservare i momenti autentici con gli amici". Autenticità, e via in cima alle classifiche delle app più scaricate del mese sull'App Store USA (invece per Android serve ancora tempo, come fu mesi fa per Clubhouse). In sostanza, come si usa Poparazzi? Non si usa, paradossalmente. Come i paparazzi scattano le foto ai vip, il profilo personale si arricchisce di immagini a mano a mano che le persone del network privato di amici caricano foto dove ti taggano, e tu puoi fare lo stesso con loro. E liberaci dal male dell'interazione continua: nessuna didascalia, niente possibilità di like, zero commenti, engagement non pervenuto. Solo un feed continuo di immagini autentiche, spontanee, non filtrate. Paparazzate, appunto.

Torniamo a essere i fotografi degli altri, addio selfie allo specchio e filtri tattici per modificarle, bye bye curatela in palette: Poparazzi è la versione 4.0 della scatola di fotografie. Gli inventori di Poparazzi sono Austen e Alex Ma da Marina del Rey in California, una coppia di fratelli millennial che nel 2019 aveva lanciato una app vocale, TTYL (Talk to you later) dalla struttura simile all'audio social Clubhouse, forse un filino in anticipo sui tempi. Poparazzi, lanciata lo scorso 24 maggio con una campagna miratissima su TikTok, sembra andare molto meglio: la presentazione quale antidoto a Instagram "per togliere la pressione della perfezione" ha raccolto molti consensi tra gli utenti più curiosi, che hanno raccontato sulle altre piattaforme la straordinaria experience di iscrizione. L'accesso riservato ricalca quel circolo di esclusività che aumenta l'hype da che il marketing è il marketing; ma sapere che nell'era social della necessità di genuinità e di autenticità sono i veri amici a concederti di partecipare alla festa di Poparazzi, e a far crescere il tuo profilo con contenuti caricati da loro, è un boost gigantesco. I tecnoentusiasti lo hanno sottolineato subito: un inno alle reti di sostegno, all'amicizia e alla liberazione dal filterismo spinto, perché una volta caricate, le foto non possono essere modificate. Eppure la filosofia semplicissima di Poparazzi non si è inventata nulla. Ricalca il primo topos di Facebook, quel tag nelle foto che ha consentito al social di Mark Zuckerberg di diventare la piattaforma più determinante (e controversa) degli anni Dieci.

Ma (c'è sempre un ma) su Poparazzi i rischi e i problemi non mancano. E riguardano sempre lo stesso tema: la sicurezza, la privacy e i dati personali degli utenti. E nonostante le linee guida invitino a non pubblicare foto imbarazzanti o peggio, non ci sono regole precise contro derive estreme. Viene spedita una notifica ogni volta che si appare in una foto, si può chiedere la rimozione o addirittura restringere le impostazioni privacy per approvare solo contenuti caricati da amici, ma resta aperta (come su altre piattaforme) la questione di non avere il minimo controllo sulle condivisioni altrui, o sugli scatti senza il minimo consenso. Su Poparazzi bastano mail e numero di telefono per verificare l’identità di una persona, di conseguenza è molto semplice creare un profilo falso e usarlo per infastidire o minacciare qualcuno. Alcuni commentatori tech hanno già definito Poparazzi un privacy nightmare, perché quando ci si iscrive si deve consentire obbligatoriamente l'accesso alla rubrica: come fa notare Techprincess, la app scarica tutti i numeri di telefono e i contatti presenti, anche quelli bloccati, per far sì che a ogni nuova iscrizione le relazioni tra gli utenti siano automatiche. Quindi può capitare di ritrovarci a seguire colleghi o sconosciuti di cui abbiamo il numero, o peggio ancora di rivedere all'improvviso persone spiacevoli del nostro passato. Il Post sottolinea che potrebbe essere un problema momentaneo, risolvibile definitivamente in futuro, ma la preoccupazione rimane ancora per i casi più delicati.