La prima volta che ho (quasi) incontrato Steve McCurry correva l'anno 2010, quando nonostante non avessi nessun invito ero riuscita ad intrufolarmi a tutti i costi alla sua mostra Sud-Est, al Palazzo della Ragione a Milano. Quando ancora non avevamo gli
smartphone in mano pronti a postare, né il check-in o la possibilità di comunicare al mondo dove eravamo in ogni nostro istante.

La foto che gli scattai di nascosto infatti è rimasta, dove è ancora oggi, nei meandri della mia memoria esterna dove ho archiviato le foto scattate tra un'intervista e un'altra. Oggi lo incontro davvero di nuovo a Milano, mentre aspetta il prossimo turno di interviste nascosto sotto la visiera di un cappellino da baseball che prontamente si toglie quando gli chiedo di scattargli un ritratto con il mio smartphone. «Con il cellulare? Certo! Eccomi, sono pronto!», mi dice appoggiandosi come un (non) qualsiasi soggetto in posa sotto il Loggiato della Pinacoteca di Brera, cornice della presentazione mondiale del progetto Sensational Umbria, la regione che l'ha scelto insieme ai suoi 100 scatti per fotografare e rappresentare la sua nuova immagine.

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Sensational Umbria, Montefalo tessitura

Partiamo dal retroscena: dall'Afghanistan all'India, ai migliaia di chilometri percorsi nel mondo. Come è arrivato in Umbria?
Un giorno ero a Roma per la mia mostra al MACRO, e ho incontrato alcune persone dell'Umbria Jazz Festival che mi hanno invitato a Perugia. Lì ho incontrato altre persone che mi hanno introdotto a questo progetto...Non è stata una cosa programmata, è capitato quasi per caso.

Se dovesse riassumere la sua esperienza?
Fantastica e molto divertente. Luoghi e panorami bellissimi, e poi il cibo...tutto grandioso. È un posto molto speciale.

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Steve McCurry in India nel 2001.

Crede che questa potrebbe essere una visione stereotipata? Come si esce secondo lei dal cliché dell'americano che guarda l'Italia con un occhio da americano?
In realtà no, non credo. Non sono mai stato interessato a una versione da cartolina dei luoghi che ho visitato e fotografato. Credo che posti come l'Italia abbiano così tanta bellezza, arte e architettura, che fortunatamente le persone in questa nazione sono riuscite a conservare. Ci sono luoghi che raccontano storie fantastiche e provocano piacere anche solo a essere guardati. Apprezzarli e fotografarli non può altro che farti crescere.

Un posto speciale?
Un paesino, Spello, dove mettono i fiori per strada con un design molto particolare. È stato molto affascinate. E poi io amo il jazz, sono stato anche a Spoleto dove ci sono sale da ballo, teatri...

La scopriamo appassionato di jazz. La canzone che ascolta più spesso?
Take the A train di Duke Ellington. È una linea della metropolitana di New York.

Viene spesso in Italia?
Certo, per lavoro ma anche per piacere!

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Sensational Umbria, Grotte di Monte Cucco

Ha un'opinione sull'Italia di oggi?
L'Italia oggi è full of drama. Ma in ogni nazione c'è sempre una parte buona e una meno buona, lo sappiamo. É un paese pieno di vita, di persone appassionate.

Se dovesse descrivere la situazione italiana attuale con una foto, quale scatto sarebbe?
La nostra vita oggi è moderna, e il mondo è diventato così simile da un paese all'altro. La globalizzazione ci ha portato ad avere simili architetture, simili musiche, cibi uguali in tutto il mondo. Ma quando penso all'Italia penso a questo (si gira, e mi indica il cortile della Pinacoteca di Brera). La modernità oggi è ovunque, ma questo di certo no.

Parlando di sguardi diversi, il suo ultimo Calendario Pirelli con le prime donne vestite ha fatto molto discutere, soprattutto per il nuovo approccio alla donna. Come è arrivato a quell'idea?
Volevamo avere una visione particolare e abbiamo iniziato ad analizzare le storie di alcune modelle con fondazioni e progetti di charity. Così abbiamo continuato per questa strada. Alcune di queste donne sono così inteligenti, impegnate e appassionate. Volevo che le modelle avessero una voce, che fossero presentate come persone reali, che fanno cose positive.

C'è un segreto per catturare la vera essenza di una donna?
Non faccio differenza tra uomini e donne, il mio obiettivo è dare a loro rispetto e dignità. Il mio interesse è sempre quello di lavorare sul piano personale, cogliere il lato umano delle persone.

Se potesse scegliere una donna fotografa del nostro tempo con cui collaborerebbe?
Francesca Woodman, un talento fantastico.

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Sensational Umbria, Chiesa di San Francesco a Montefalco

La notte di Capodanno, prima dello scoccare della mezzanotte, mi sono ritrovata alla sua mostra nelle sale di Palazzo Ducale a Genova: nonostante l'occasione non propriamente da museo, le sale erano piene di visitatori. E attorno allo schermo che trasmetteva il documentario dedicato all'incontro dopo 17 anni con Sharbat Gula, le persone erano come ipnotizzate. Cosa fa di quella foto un richiamo ancora così magnetico per le persone?
È molto interessante anche per me...la verità è che oggi non so rispondere neanche io. È una cosa così affascinante, una combinazione così rara di emozioni. Ancora oggi è davvero difficile descrivere e spiegare perché sia diventata una fotografia così iconica.

Nella fotografia o nella vita: a volte bisogna tornare indietro dove abbiamo fatto qualcosa di grande, o passare sempre oltre?
No, quasi mai. A volte è interessante, ma non è un desiderio urgente. Non bisogna mai guardarsi troppo indietro, bisogna sempre guardare avanti e cercare qualcosa di nuovo che ci incuriosisca. Quell'occasione è stata assolutamente speciale, quasi unica.

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Steve McCurry ad Ankara, Turchia, firma il ritratto della Ragazza afgana nel 2015

Parlando di foto definite "iconiche", c'è uno scatto della storia che lei considera sopravvalutato?
Le foto che diventano iconiche hanno sempre un motivo dietro. Non posso pensare a un esempio di una foto iconica che non meriti quell'appellativo, perché è la gente che decide.

Oggi ad esempio, si dice che siamo tutti un po' fotografi. Smartphone, iPhone, Facebook, Twitter ma soprattutto Instagram...cosa ne pensa?
È ciò che è qui, è il presente, è la realtà.

Non è una minaccia?
No, è parte del nostro mondo di oggi. Se ha portato più persone a interessarsi alla fotografia, è solo un bene!

La situazione più difficile della sua carriera?
In Afghanistan. Un posto difficile, dove devi spostarti senza cibo e in condizioni pericolose per settimane.

Peter Lindbergh mi ha detto che il suo consiglio a un giovane fotografo è quello di non cercare di diventare un assistente, ma di buttarsi subito sui suoi progetti. Il suo?
Il mio consiglio non è quello di non fare l'assistente, ma di non spendere troppo tempo nel fare l'assistente. Certo bisogna saper prendere rischi, essere appassionati ma anche conoscere la storia della fotografia. Bisogna essere sempre pronti, curiosi e bisogna sapere osservare. Io viaggio con un assistente al mio fianco, e quando sono a New York non ho davvero il tempo di insegnare ai ragazzi del mio studio. Devono imparare a osservare. Il mio consiglio è quello di iniziare a fotografare le cose che ti interessano personalmente, non quello che la gente vuole. Ciò che dà piacere a te e non agli altri. Soddisfare le tue necessità, non quelle delle altre persone. E il segreto è osservare!

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Sensational Umbria, Todi