Una storia irresistibile del secolo scorso riemerge oggi grazie a una biografia appena pubblicata a Londra da MacMillan: La vita fuori dal comune di Joan Leigh Fermor. Ma chi è questa signora? E perché a più di 15 anni dalla morte, le si dedica un libro e una mostra di fotografie? Mentre il Museo Benaki di Atene inaugura Artist and lover: Photographs of Joan Leigh Fermor, (in mostra fino al 21 ottobre) riecheggiano le parole di Cyril Connolly, intellettuale, direttore di Horizon, rivista che ospitò le migliori penne d’Inghilterra, da Stephen Spender a W.H. Auden, da George Orwell a T.S. Eliot. Scrive Connolly, che per Joan ha sempre avuto una cotta: «Aveva gambe lunghissime, caviglie sottili, dita dei piedi come quelle di una dea greca e il collo sembrava allungarsi per reggere un’aureola di riccioli biondi. Occhi enormi, blu violetto, di solito nascosti dietro lenti scure».

Joan Leigh Fermorpinterest
Joan Leigh Fermor Estate. Courtesy Benaki Museum Atene.
Uno scatto di Lady Leigh Fermor di spalle, nella penisola di Tigani, una delle foto in mostra al Benaki di Atene.

Una radiosa bellezza british, altissima e miope. Tom Driberg, amico e cronista mondano, la dipingeva così: «Molto bionda, zigomi alti, sta meglio vestita sportiva o da amazzone; a Budapest una folla si radunava davanti al suo albergo per vederla. Un’autentica English Venus». Ma se questo era l’aspetto esteriore anche la personalità non era da meno. Alan Pryce-Jones, il suo primo flirt, commentava: «La sua conversazione era sorprendente, buffa, lucidissima, mai banale. Sebbene sapesse godersi la vita, era una perfezionista». Soltanto da poco, però, ci si interessa a lei.Il motivo è che per 60 anni Joan è stata accanto a Patrick Leigh Fermor, scrittore di viaggi, maestro di Bruce Chatwin.

Patrick Fermorpinterest
Joan Leigh Fermor Estate. Courtesy Benaki Museum Atene.
Patrick Leigh Fermor a Cefalonia nel 1946

Uomo dal fascino magnetico, eroe di guerra, poteva parlare per ore di tutto e si divertiva a rivolgersi agli zingari romeni in dialetto hindustani per dimostrare le sue teorie linguistiche sull’origine della lingua rom. Uno che per anni scriveva quotidianamente centinaia di lettere avvincenti a nobili e ambasciatrici come Deborah Cavendish, duchessa di Devonshire e molte altre. Uno che a 69 anni attraversò l’Ellesponto a nuoto dalla sponda europea a quella asiatica, a 18 aveva percorso l’intero continente a piedi dall’Olanda a Istanbul,per poi raccontare il suo viaggio 30 anni dopo, nel libro indimenticabile A Time of Gifts, ricordo della giovinezza perduta e di un mondo che non c’è più. Uno il cui motto è stato: solvitur ambulando, ossia “camminando ogni problema si risolve” e quindi non si fermò mai.

Patrick Fermorpinterest
Joan Leigh Fermor Estate. Courtesy Benaki Museum Atene.
Patrick Leigh Fermor a Kameiros, nella città vecchia di Rodi.

A 20 anni si fidanzò con una principessa boiarda, Balasha Cantacuzene, di 16 anni più grande e andò a vivere ai confini della Bucovina. Patrick Fermor era un uomo in grado di rubare la scena a tutti: chiunque lo abbia letto sa che da un suo libro se ne sarebbero potuti trarre altri dieci. Era davvero impossibile essere al centro dell’attenzione stando con accanto a un uomo così. Patrick e Joan, invece, si sposarono nel 1968, oltre 20 anni dopo il primo incontro. E il loro matrimonio, visto con gli occhi di oggi, con il mutato ruolo delle donne, appare un miracolo di equilibrio, rispetto e intelligenza. Tutti elementi necessari a far durare una relazione libera ma partecipe. Lo dicono le foto dei due, che, non più giovani, posano con evidente tenera complicità e guardano il tramonto davanti alla loro magnifica casa in Grecia (costruita con i soldi di lei). C’è Patrick che fuma l’ennesima sigaretta, una delle 80 che accendeva ogni giorno. Le lenzuola, già macchiate di vino, andavano spesso a fuoco. C’è Joan che coccola uno dei suoi 60 gatti. Immagini che sembrano indicare lei, la signora Fermor, come artefice di questo matrimonio capolavoro, intenso e duraturo.

Joan Leigh Fermorpinterest
John Leigh Fermor Estate. Courtesy Benaki Museum.
Joan Leigh Fermor a cavallo nel Peloponneso.

Joan Eyres Monsell era nata nel 1912 da una madre ricchissima, che le aveva lasciato un grosso patrimonio. Il padre era un arrogante donnaiolo che terminò la carriera come Primo Lord dell’Ammiragliato dalle simpatie hitleriane. Era cresciuta a Dumbleton Hall, maniero neogotico di 55 stanze con torri merlate e una piscina sempre piena di alghe. Educata da uno stuolo di nanny, non poté mai frequentare l’università: per le bambine di allora erano previsti degli educandati dove imparare a fare l’inchino in vista della presentazione a corte. Si mise a studiare da sola. Fotografia, crittografia e l’insolita lingua tibetana. Le sue due sorelle erano tipiche gentildonne di campagna sempre in tweed, seguite da una muta di cani. Il fratello Graham, cui Joan era legatissima, era invece, come lei, uno spirito libero. Sempre in rotta con la famiglia, Graham sognava di fare il concertista, ma finì a Cambridge, dove si guadagnò l’etichetta di eccentrico per il carattere collerico e le cravatte color lavanda.Forse per l’assenza di ragazze nel college o la complicità con personalità più anticonformiste, Graham ebbe una fase omosessuale. Per la legge era un reato, ma in molte cerchie sociali era tollerato. Quasi tutti gli amici di Joan, compreso il primo amore Alan Pryce-Jones, erano gay. Pare che Alan fosse amante del fratello, al quale scriveva lettere esilaranti ricche di commenti sulla sua relazione con Joan. Allontanato lo squattrinato pretendente, Joan riprese a frequentare esteti e studiosi, e cominciò anche a ritrarli nelle sue foto. Dagli anni Trenta, infatti, sui suoi documenti fece apporre il titolo di giornalista. Si inventò fotografa anche per vendicarsi di essere stata spesso paparazzata. Come fotoreporter piazzava le sue immagini sulle riviste e illustrava i libri di Patrick Fermor. La mostra al Benaki di Atene (fino a ottobre 2018), museo a cui è affidata la custodia della casa nel Peloponneso, offre un’idea concreta del suo talento.

il villaggio Kardamyli  con la villa della coppia Fermorpinterest
Alamy
Il villaggio Kardamyli in Grecia con la villa della coppia.

Strinsero amicizia in Unione Sovietica, dove la fotografa era andata a seguire un convegno sulla dinastia persiana dei Sasanidi con lo scrittore Robert Byron. Così un rapporto di lavoro si trasformò in un legame che sarebbe diventato amore. Ma non subito. Perché nella vita di Joan entrò prima John Rayner, art director dell’Express. Un uomo alto e bello, che con lei condivideva l’amore per la natura, l’arte, il buon cibo e i gatti. Era sposato ma si liberò presto per sposare la signorina Monsell. Joan però era piuttosto infedele e il matrimonio non durò. In una Londra bombardata e alla fame, anche Joan decise di fare la sua parte. Entrò nell’Esercito, e si ritrovò al Cairo. Qui si giocava a polo, si ballava e si flirtava. E qui, alla fine del 1944, si incontrarono di nuovo i protagonisti della storia. Fermor, kalòs kai agathòs, bello, valoroso, con un’aura di gloria: in forza con la resistenza a Creta, aveva perfino rapito un generale tedesco. Si riconobbero. Non si separarono più. O meglio, lo fecero mille volte. “Paddy” (come lei chiamava Patrick), di volta in volta si rinchiudeva in convento per scrivere, studiava le usanze nel nord della Grecia, scalava le Ande. Finì anche a vivere in un castello, in Umbria, senza vetri alle finestre. Per anni non hanno avuto fissa dimora, vivevano alla ventura, a casa di amici a Londra e in Grecia, la patria di elezione. Lei lo sostenne in tutti i modi. Senza un vero punto di riferimento, per lui rinunciò ai figli. Poi la svolta: negli anni 60 Fermor diventò famoso. Si sposarono e scelsero il posto perfetto per la loro casa: la penisola di Mani nel Peloponneso. Con l’eredità di Joan costruirono la fiabesca Kardamyli. Vissero felici molti anni. Lui non fu sempre fedele, ma non l’abbandonò mai. Per Joan, per Patrick, la vita è stata A Time Of Gifts, un tempo di doni.