E' come una Biennale d'arte, ma in salsa ecologista. E' una sorta di Expo, che guarda alle interconnessioni fra ambientalismo e design. Stiamo parlando di Broken Nature: Design Takes on Human Survival, XXII Esposizione Internazionale della Triennale di Milano, curata da Paola Antonelli, senior curator del Dipartimento di Architettura e Design e direttrice del Dipartimento Ricerca e Sviluppo al MoMA di New York e vera star del settore.

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© La Triennale di Milano - foto Gianluca Di Ioia
L’allestimento alla Triennale

Il tema in questione, come detto, è il più attuale possibile: l'ambientalismo. E l'esposizione milanese, aperta fino al 1° settembre 2019, punta a indagare i legami che uniscono gli uomini alla natura, legami che nel corso degli ultimi anni sono stati profondamente compromessi, se non distrutti. «Io sono me più il mio ambiente - diceva il saggista spagnolo, José Ortega y Gasset - e se non preservo quest'ultimo non preservo me stesso». La soluzione per preservare noi stessi può arrivare da una serie di comportamenti virtuosi ma anche dal design ricostituente, quello che, attraverso iniziative di varia natura - da oggetti a edifici, interfacce a infrastrutture e città, su scale diverse e dimensioni multiple -, può a salvare il mondo.

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buro BELÉN
SUN+, UPF8 Hat. 2018, buro BELÉN.

Ma in cosa consiste nel dettaglio la XXII Triennale di Milano? In un insieme di proposte che ruota attorno al progetto centrale che è la mostra tematica. Coinvolge 22 partecipazioni internazionali, è composta da quattro lavori realizzati ad hoc da designer internazionali come Formafantasma (Andrea Trimarchi e Simone Farresin), a Neri Oxman e al suo gruppo di ricerca Mediated Matter Group del MIT Media Lab, a Sigil Collective (Khaled Malas, Salim Al - Kadi, Alfred Tarazi e Jana Traboulsi), collettivo con base a Beirut e a New York, e ad Accurat, società di ricerca e innovazione nel campo del data - driven design, con sedi a Milano e New York (progetto condotto da Giorgia Lupi e Gabriele Rossi).

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Jorge Mañes Rubio and Amanda Pinati
Design Museum Dharavi, 2016, Jorge Mañes Rubio and Amanda Pinati

Accanto a questi progetti commissionati, la mostra comprende anche un centinaio di progetti firmati negli ultimi tre decenni, esempi di design, architettura e arte ricostituente provenienti da tutto il mondo. Alcuni esempi? Si va da Reliquaries di Paola Bay e Armando Bruno a Nuka - doko di Dominique Chen; dal più "classico" Hippo Roller di Pettie Petzer e Johan Jonker alle 100 sedie in 100 giorni di Martino Gamper.

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Kosuke Araki
Anima, 2018, Kosuke Araki

«Broken Nature - spiega la curatrice Antonelli - invita a comprendere in maniera più profonda i sistemi multispecie, complessi e interconnessi, in cui viviamo; incoraggia ad adottare una prospettiva di lungo termine; e suggerisce ai visitatori una serie di misure che possono ispirare abitudini per ricostituire i nostri legami con la natura. Broken Nature celebra il potere rivoluzionario dell'immaginazione e dell’inventiva».

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Gianluca Di Ioia
Una veduta dell’installazione di Broken Nature

L'Esposizione internazionale si compone poi dell'installazione The Great Animal Orchestra, realizzata da Bernie Krause e United Visual Artists su iniziativa della Fondation Cartier pour l’art contemporain e la mostra speciale La Nazione delle Piante curata da Stefano Mancuso. Quest'ultima parte dall’assunto che l’umanità, per evitare la catastrofe, deve guardare ai vegetali in un modo nuovo, usandoli non solo per quello che hanno da offrire, ma per quello che possono insegnarci.

Ma chi non potrà visitare la Trinnale? Potrà essere aggiornato in tempo reale grazie alla piattaforma brokennature.org, dove vengono pubblicati regolarmente aggiornamenti per tutta la durata dell’esposizione