L'amore d’estate è due ricordi. Il primo: sul tetto del bar di uno stabilimento al mare. Io, una ragazza dalla pelle bianchissima e una coppia di amici ci eravamo nascosti lassù per passare delle ore a baciarci - a due a due s’intende - e a un certo punto dopo ore avevamo rivisto la madre dell’altra ragazza, ossia la padrona di casa, che ci aveva chiesto per quale ragione non avessimo pranzato. Davanti al nostro impaccio aveva scherzato che ci bastava l’amore. L’amore naturalmente era un fatto di costumi da bagno scelti con cura, pose improvvise di assoluta gravità, affermazioni grandiose come «ti salverò da tua madre» pronunciate in una nebbia di eccitazione. Quindici anni.

Il secondo ricordo è una casa, ancora al mare, piena di ragazzi obbligati dai genitori a frequentarsi: tutti ragazzi troppo obbedienti, e io con loro, che per passare il tempo casto in cui erano confinati si ipnotizzavano con partite eterne a Trivial Pursuit e Monopoli. In quella noia comparve un’amica di qualcuno, una ragazza irsuta e sottile che sviluppò un’urgenza irresistibile di passare tutto il tempo con me. Invece di prenderci per mano e scappare dal confinamento di quella bellissima casa immersa nella pineta, accettavamo la condanna ma ci trovavamo sempre nel corridoio appena era deserto e ci prendevamo la mano o ci guardavamo negli occhi.

L’amore d’estate comincia con questi due poli. La libertà assoluta di innamorarsi perché sei senza passato e in fondo anche senza presente; e il senso, per quelli come me che erano condannati a essere ometti e signorine perbene, di non poter far niente di tutta quell’energia. Questa chiarezza da favola poi non torna più. Non so come funziona adesso, ma al liceo ai miei tempi non eri nessuno se non ti fidanzavi, e dopo che ti sei fidanzato una prima volta quegli incontri furtivi in corridoio - con altre - e le sessioni di baci sul tetto dello stabilimento diventavano appunto altro, qualcosa di scottante…

In un campeggio di volontariato, incontri una ragazza dai capelli corti neri che ha già capito che il trucco per vivere bene è divertirsi molto e non farsi pensieri; ti vuole baciare ma sei fidanzato e hai giurato alla tua fidanzata che la amerai per sempre. In quei giorni la tua fidanzata è lontana, senza telefoni; tu sei seduto con la schiena contro il tronco di un albero e la ragazza dai capelli corti ti incalza: le dici che vorresti ma non puoi ma che se proprio insiste tu puoi solo subire passivamente. E così lei si sporge e ti bacia e tu senti le sue labbra premere con le tue, annusi quel momento dalle narici, rimani immobile e ti dici che non hai tradito. Poi per tutto il campeggio hai il terrore di vederla passeggiare con qualcun altro.

Per i ragazzi l’estate è il mondo libero senza la prigione della scuola; per gli adulti invece, che in teoria sono liberi di vivere come vogliono, l’estate può fare paura: tutto è rarefatto, non ci sono riferimenti, sembra di volare intorno al sole su un’astronave che non ha più il pilota automatico. In questi spazi siderali niente consola come l’amore o meglio l’illusione dell’amore.

Immagino una scena fissa uguale per tutti, uomini e donne, trentenni o sessantenni: una bottiglia di vino bianco, l’ubriachezza delle sette, delle otto, delle nove, non fa ancora buio. È lì che si può credere di innamorarsi della persona più vicina a noi, quella col bicchiere più ghiacciato. Può essere una collega, una sconosciuta, può essere perfino nostra moglie da vent’anni: ci innamoreremmo di chiunque, perfino di lei. La riva del mare, il fondo dei pantaloni avvolto per non bagnarli, la fronte tirata dal sole del giorno ci fanno rendere conto, al primo sorso, che abbiamo passato tutto l’inverno a costruire i muri di una cittadella che ci protegga dall’incertezza della vita. Sappiamo che ci sono buoni motivi per essere tanto guardinghi. Abbiamo pensato a tenerci stretto il lavoro, a non prendere l’influenza durante la gelata che ha ammazzato la buganvillea; abbiamo deciso, più o meno senza volerlo, di scordarci quasi ogni forma di sensualità per arrivare sempre puntuali alla campanella a ritirare i figli.

Poi stappiamo quella bottiglia, il vino è così secco che pare incolore, e al secondo sorso ci guardiamo intorno e ci sono due che fanno il bagno mentre il mare diventa nero, hanno i costumi lenti, i capelli incollati sulla testa e sul collo, e di colpo sappiamo.

E ci innamoriamo del primo che capita.

Se il primo che capita è la nostra partner ufficiale, con cui siamo partiti facendolo sapere a tutti postando la foto al porto o all’aeroporto, allora al rientro annunceremo a tutti: ci voleva questa vacanza, ci siamo ritrovati :))).

Se invece metti caso la bottiglia l’abbiamo stappata dopo una giornata di convegni in una città di mare, siamo venuti per lavoro, il/la partner non c’è, allora la situazione è delicata. Si fa? Non si fa? Mentre si finge di parlare con naturalezza con un angelo in fattezze umane che divide con noi il tavolino rotondo o quello quadrato di plastica rossa - guarda quella striscia di cotone giallo sulla sua spalla scottata che perfezione! - ti chiederai innanzitutto se ci sono altri colleghi in quel ristorante sul mare, quel baretto dello stabilimento… Ragionerai sui gradi di separazione tra tua moglie e questo angelo dagli zigomi arroventati che ti guarda felice e malinconica - anche lei concentratissima - ti chiederai se è il tipo che sa tenere un segreto o se invece si tormenterà di colpa durante e soprattutto dopo. Ti pentirai di essere su Facebook con tutti i tuoi amici e parenti, raggiungibile da chiunque, sempre. Quindi prenderai la tua decisione. E speriamo per te che qualunque decisione tu abbia preso ti ricordi almeno la gioia di sentire i brividi sfiorando con le palme dei piedi le mattonelle del bar sulla spiaggia.

Poi ci sono quelli che a questo benedetto aperitivo ci arrivano liberi e senza pensieri: loro crederanno a tutto quello che sentono e per questo sono i più

• fortunati

• sfortunati

Scegliete voi.

Francesco Pacifico è nato a Roma nel 1977. Ha pubblicato il saggio Seminario sui luoghi comuni e i romanzi Il caso Vittorio, Storia della mia purezza, Class e Le donne amate (da poco uscito da Rizzoli). Scrive su la Repubblica, ha fondato il Tascabile di Treccani e ha tradotto tra gli altri F. Scott Fitzgerald, Kurt Vonnegut, Henry Miller e Sir Arthur Conan Doyle.