“È un onore inserirmi nel team di Frieze London 2018. La fiera d'arte inglese è un posto che non lascio mai senza aver scoperto un artista emergente con cui ho intenzione di lavorare”. Questa è la dichiarazione stampa rilasciata da Diana Campbell Betancourt, ovvero la new entry di una delle fiere d’arte più rinomate al mondo, che sta per aprire le sue porte. La famosa curatrice infatti, sovrintenderà i progetti speciali Frieze Live installations and performances, Frieze Film e il premio Frieze Artist Award, dal 4 al 7 ottobre nella sede di Regent’s Park a Londra.

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L'entusiasmo incontenibile di Diana Campbell Betancourt è dato non solo dall’aver raggiunto alla giovane età di 34 anni un traguardo top level di carriera (chi non avrebbe l’umore alle stelle) ma, soprattutto, dal fatto di aver trovato nel nuovo incarico una cassa di risonanza per le cause portate avanti fino a questo momento. La Betancourt, infatti, ha condotto il suo lavoro curatoriale con lo scopo principale di mettere in dialogo culture e comunità asiatiche diverse tra loro.

Partita dalla Los Angeles natia, Diana Campbell Betancourt ha lavorato per nomi prestigiosi come la casa d’aste Christie’s e la Neue Galerie di New York, per poi trovare la sua vera vocazione in Oriente. Risale infatti al 2010 il suo primo viaggio in India, fatale per il suo cuore: il fascino di una regione così profondamente bella, nella sua complessità e sconfinatezza, la porta a prendere la drastica decisione di mollare il percorso americano e trasferirsi a Mumbai, dove rimane per sei anni. Un lasso di tempo sufficiente per dare il via a public programs, mostre e iniziative in grado di avvicinare il pubblico orientale all’arte contemporanea, e a diventare la curatrice del padiglione di Mumbai alla Biennale d’arte di Shangai del 2012.

Nello stesso anno lancia anche la sua più grande “opera”, la Dhaka Art Summit: questo appuntamento, che si svolge ogni due anni all’interno degli ambienti della Fondazione Samdani (Dhaka, Bangladesh) di cui è direttrice, accoglie artisti, architetti, curatori e scrittori provenienti dalle istituzioni più importanti del mondo. Con oltre 300 mila visitatori, si è guadagnato il titolo di più importante hub culturale di ricerca artistica e filantropica. A differenza delle consuete biennali infatti, la Dhaka Art Summit è interamente gratuita e nessuna opera è in vendita: tramite mostre, talk e conferenze, l'obiettivo di Diana Campbell Betancourt è incrementare l’impegno locale verso l’arte contemporanea e favorire il successo dei suoi artisti.

Il suo traguardo più grande? Quello di essere riuscita a riunire persone con enormi differenze sociali, religiose, etniche economiche e di classe sotto un comune denominatore: l’arte. E questo è un dettaglio non da poco, a fronte delle tragedie che segnano frequentemente questi paesi: “Il genocidio dei Rohingya”, ha spiegato la curatrice in un’intervista a Princeton Alumni Weekly, “è un pensiero che mi tormenta, poiché è una piaga che accomuna le minoranze di molti paesi asiatici.” E proprio la ricerca sarà il leitmotiv di Diana Campbell Betancourt a Frieze London 2018, che vede nell’appuntamento di importanza planetaria non una semplice piazza di affari, bensì un’istituzione che, a 16 anni dal suo esordio, sempre di più vuole essere “parte attiva nello sviluppo del discorso dell’arte contemporanea e un’opportunità valida per gli artisti”, aperta alla sperimentazione e a opere che solitamente non trovano posto in contesti istituzionali. Una conquista per Diana Campbell Betancourt, che si trova per la prima volta ad affrontare un lavoro trasversale rispetto alle singole nazionalità degli artisti. Ora conta solo scovare l’essenza del messaggio contenuto nelle opere, e come dichiara lei stessa ancora al Princeton Alumni: “L’arte è una delle poche cose che rimane nella memoria collettiva - e gli artisti sono i testimoni del nostro tempo”.