Rosella Postorino, neo vincitrice (come già anticipato su queste pagine) della 56esima edizione del Premio Campiello con Le Assaggiatrici (Feltrinelli), è una donna molto precisa e organizzata. Legge, scrive, manda mail e telefona (ma di tutte queste cose, preferisce sempre e di gran lunga lo scrivere), non per forza in quest'ordine oltre a controllare che tutto quello che fa, riesca, per quanto possibile, nel migliore dei modi. Ne abbiamo avuto la conferma ieri sera al Teatro La Fenice di Venezia, palcoscenico speciale della cerimonia di premiazione. Subito dopo la proclamazione della sua vittoria – a dir poco sbalorditiva – ottenuta con 167 voti ricevuti dai giurati anonimi, distanziando di molto il secondo classificato, Francesco Targhetta (42 voti per Le vite potenziali, Mondadori) e l'altra favorita, già Premio Strega, Helena Janeczek (29 voti per La ragazza con la Leica, Guanda), la scrittrice ed editor della casa editrice Einaudi è salita in sala stampa restando a parlare con tutti i giornalisti presenti per più di mezz'ora. Non contenta, mentre all'Harry's Bar era già tutto pronto per la cena organizzata in suo onore, lei è rimasta lì, seduta su una delle tante postazioni con pc per scrivere, a piedi nudi (le décolleté, dopo un'intera serata, non le sopporta più nessuna, a meno che non ci si chiami Victoria Beckham), il comunicato stampa ufficiale con la sua dichiarazione.

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Stefano Mazzola/Awakening//Getty Images

Ha una mania del controllo, anche nelle interviste che preferisce sempre fare via mail, ma siamo sicuri che presto cambierà idea. “Sono molto felice della vittoria con questo romanzo - pubblicato nell'anno in cui ne ho compiuti 40 - che racconta un periodo della Storia con cui non smetteremo mai di fare i conti, ma soprattutto racconta che l'unico modo per sopravvivere è assaggiare il mondo, per quanto minaccioso o velenoso possa essere”, ha scritto di suo pugno mentre sgranocchiava un cracker. Un'assaggiatrice a suo modo, ma ben lontana dalle giovani ragazze costrette a provare, ogni giorno per due volte, i piatti che avrebbe dovuto mangiare Hitler, “il male assoluto”. A loro, in particolare a Rose – la cui storia si basa su quella di Margaret Volk, l'ultima delle assaggiatrici rimaste, morta pochi mesi fa a 96 anni – ha dedicato questo libro, necessario per far sentire quelle voci rimaste per troppo tempo inascoltate. Ci fa entrare nella sua mente e ci fa affezionare a lei che è colpevole di salvare Hitler, ma innocente allo stesso modo perchè costretta a farlo. “Rose – ci ha spiegato - è una persona complice, suo malgrado, ma mai colpevole di dolo, perchè in lei non ci fu mai l'intenzione di aiutare il Fuhrer, non ne condividva neanche le idee, ma solo l'obbligo di dover rispettare un ordine impartitole dalle SS per non rischiare di essere uccisa”. “Lei nel romanzo, così come Margot nella realtà – ha continuato - hanno vissuto in questa terribile contraddizione, sono state le parti più piccole di un sistema molto grande”. Per spiegare tutto questo lei ne ha deliberatamente raccontato la condizione di vittima ma“in un tempo in cui non ha più alibi, perchè lei sa cosa è stato il naszismo e di cosa è fatto parte”.

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Il suo più grande rammarico? “Non aver potuto conoscere personalmente Margaret Volk”. Ci ha provato a lungo e dopo tante ricerche, tramite una sua amica che vive in Germania, è riuscita a trovare il suo indirizzo e a scriverle una lettera, “ma nel momento in cui quella lettera era in viaggio per Berlino, lei era già morta”, ci ha detto. “Quando l'ho saputo, sono stata malissimo, sono caduta in depressione e pianto per un mese”. “Per tanto tempo è stata nei miei pensieri, ho conosciuto anche luna sua vicina che si occupava di lei perchè aveva più di novant'anni, una donna che mi disse che la Volk era una persona solare, che parlava con tutti e che era molto amata”. Come è accaduto anche per molti degli ebrei sopravvissuti, anche lei non parlava però di quello che le era successo. “Non raccontò mai quella sua storia personale, perchè – è un mio pensiero – la vedeva come qualcosa di inconfessabile”. Le sue ferite le portò dentro di sé a lungo, anche perchè, subito dopo la caduta del Fuhrer fu violentata per ben due settimane da un gruppo di russi in una maniera così terribile da restare sterile. “Le avrei voluto chiedere se è stato tutto veramente così e cosa ha significato portarsi dietro per tutta la vita un peso così grande”. Quando restiamo inerti davanti alle grandi tragedie, gli ultimi fatti del Mediterraneo lo dimostrano – ha tenuto a precisarci la scrittrice – realizziamo quella che il filosofo Karl Jaspers definisce 'colpa metafisica', ossia il sopravvivere mentre altri soccombono”. Mentre il libro, ne siamo certi, tornerà ai primi posti della classifica dei più venduti, aspettiamo di vederlo al cinema, visto che ci sarà una trasposizione cinematografica prodotta da Lumière. La Postorio, probabilmente, vista la sua precisione di cui sopra, parteciperà alla sceneggiatura per far emergere al meglio questo racconto che è poi quello del destino che hanno gli esseri umani: quello di essere programmati per sopravvivere e in maniera contraddittoria, di dover morire. “Questa cosa che non si può risolvere – ci ha ricordato - è il tratto della nostra esistenza”

Presentation Of The Five Finalists Of The 56th Edition Of The Campiello Prizepinterest
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