C'è chi lo considerava il più grande pittore italiano degli ultimi 50 anni (Vittorio Sgarbi dixit). Forse per quella sua capacità di raccontare il mare e la luce come fossero i versi di una poesia. Piero Guccione, star di una delicatissima mostra al Museo d'arte di Mendrisio, ha saputo svelare quella relazione intima tra l’azzurro, il mare e il cielo. Una relazione che solo chi è nato ed ha vissuto a pochi passi dalla costa può conoscere. Originario di Scicli in Sicilia, ha avuto la linea dell'orizzonte come leit motiv per tutta la sua esistenza (è scomparso nel 2018 a Modica).

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Luna d’agosto, Piero Guccione

Classe 1935, per oltre quaranta anni, ogni mattina, Guccione ha guardato il mare cercando di coglierne le vibrazioni, le variazioni. «Mi attira la sua assoluta immobilità, che però è costantemente in movimento», amava ripetere l'artista, a cui nel 1988 è stata dedicata un'intera sala del Padiglione Italia della Biennale di Venezia.

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Piero Guccione
Piccola spiaggia, Piero Guccione

In Svizzera, terra lontana dai paesaggi raccontati dal pittore siciliano e forse proprio per questo ancor più attratta da quella poetica, fino al 30 giugno, si susseguono 56 opere, tra oli e pastelli, realizzati dal 1970 al 2008. I lavori, intensi e delicatissimi, sono una sfida ai nostri tempi, troppo spesso sguaiati e privi di gentilezza. «I tempi attuali certo non inducono alla bellezza. E ciò vale pure per l’arte. - raccontava Guccione - Oggi si privilegiano la bruttezza, l’arroganza, l’orrore persino. Io invece cerco di dipingere la bellezza: e non mi importa nulla di essere moderno o no. Essere giudicato non in linea con la modernità mi è del tutto indifferente». Chapeau.