Un semplice sostantivo che però, a ben vedere, nasconde più di un significato. Il “party” è una festa, una serata, un ricevimento, una riunione sociale con invitati nel corso della quale si mangia, si beve e ci si diverte, ma può essere anche dell’altro. Un “partito” o una “parte”, ad esempio, cioè una o più persone che costituiscono uno dei firmatari in un accordo oppure uno dei campi opposti in un processo, la parte avversa o la parte civile. Leggendo il nuovo libro di Elizabeth Day, intitolato proprio “Il party” (Neri Pozza), bestseller nel mondo anglosassone e adesso in classifica anche da noi nella traduzione perfetta di Serena Prina, percepirete anche voi questa molteplicità di significati che quella parola può assumere, accompagnata da un’aria di mistero, di indefinito e non detto presenti per buona parte della storia. “Alle feste indossiamo una maschera, ci presentiamo sempre come non siamo, un po’ come accade alle ombre sul muro della caverna di Platone”, ci spiega l’autrice irlandese, già autrice di quattro romanzi (Scissors; Paper e Stone) e vincitrice del Trask Award.

Di maschere, uno come Martin Gilmour, protagonista del libro, ne ha sempre indossate più di una, non soltanto alle feste. Anche perché, lui, “un ragazzo con i maglioni scoloriti e i calzoncini per la ginnastica mai abbastanza bianchi”, a quelle vere, vista la sua condizione sociale, non ci è mai andato, ma ha sempre coltivato dentro di sé il pensiero – e con esso la riuscita – di quella possibilità. Grazie a una borsa di studio frequenta il Burtonbury, un ex collegio maschile per i figli dei diplomatici, e grazie a quella scuola e al corso universitario che seguirà, entra in mondi a lui sconosciuti, ne osserva da lontano movimenti, gesti, vizi, virtù e abitudini facendole poi sue, arrivandole a toccarle con mano, diventandone il vero protagonista. Conoscere Ben Fitzmaurice – che è ricco, bello e ammirato da tutti – gli cambierà la vita, come lui cambierà a sua volta la sua. Giocare a tennis fino al tramonto nella tenuta di famiglia del ragazzo, con cacce all’uovo comprese tra prati super curati e aiuole sempre piene di fiori, sarà per lui l’inizio di un sogno che sembra non poter finire mai. La famiglia di lui lo adora e i Fitzmaurice diventano per Martin quella che non ha mai avuto, ma sempre desiderato. Un rapporto nuovo e profondo come quello che ha con il suo amico (lo chiama sua sua “PO”, la sua “Piccola Ombra”) che, si capisce, anche se non viene scritto da subito, che è qualcos’altro, poco importa se i due poi si sposeranno. Hanno un segreto, è chiaro, e se lo porteranno dietro per diverso tempo, fino alla grande e sontuosa festa per i quarant’anni di Ben nell’edificio del diciassettesimo secolo acquistato con sua moglie Serena, ma qualcosa non va come previsto e il passato diventa sempre più presente fino a disturbare quella quiete e perfezione dorata. Martin si accorge subito che Ben è inquieto e si comporta in modo strano. C’è forse la paura che la gratitudine che l’amico gli deve non sia più eterna o che la loro amicizia, per Martin è la sua unica ragione di vita, stia inaspettatamente per finire?

Il party

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Leggendo “Il Party” – un irresistibile thriller mozzafiato (non stiamo esagerando, fidatevi: non riuscirete a staccarvi dalla lettura fino a quando non arriverete alle ultime pagine) – ci si rende conto più di una volta che non si può non pensare a Martin senza pensare a sua volta al Georges Duroy del Bel Ami di Maupassant, a quell’uomo ambizioso e seduttore che da povero militare, in congedo e modesto impiegato nelle Ferrovie del Nord, diventa uno degli uomini di maggiore successo nella società parigina grazie al giornalismo e alla sua capacità di manipolare donne potenti e intelligenti. Che dire, poi, di un personaggio più recente e cinematografico inventato da Woody Allen per il suo Match Point (2005)? Era Chris Wilton (Jonathan Rhys-Meyers), un irlandese di origini modeste, da poco ritiratosi dal tennis professionistico, che veniva assunto come istruttore in un club esclusivo di Londra. Un grande appassionato di arte, letteratura (in particolare di Dostoevskij) e di musica lirica, un interesse comune a un suo allievo, il ricco Tom Hewett (Matthew Gode), che una sera lo invita a teatro con i genitori e la sorella Chloe (Scarlett Johansson) cambiando per sempre la sua vita. Nel Martin descritto dalla Day – che diventa anche lui un giornalista e un critico d’arte - ci sono entrambi questi due personaggi, o forse qualcosa in più. In lui tutto è condito con un maggiore cinismo, con una calma solo apparente che lo porta a coltivare dentro di sé una voglia di farcela, un amore e una rivincita mista a gelosia e vendetta oltre i limiti del possibile che non tarderanno ad arrivare.

“Per scrivere questo libro, nato dopo aver messo da parte un primo scritto di quarantamila parole dedicate all’Irlanda decisamente troppo tristi, mi sono in realtà ispirata alla mia storia personale”, tiene a precisarci l’autrice. “Sono irlandese e come Martin mi sono ritrovata a Londra in un ambiente molto diverso da quello da cui provenivo. Sono sempre stata una sorta di outsider, ma rispetto a lui mi sono adattata in maniera diversa”.

Il party è davvero la storia di un’ossessione lunga una vita, raccontata attraverso il punto di vista di diversi personaggi e della loro relazione ossessiva, un attaccamento che è una vera e propria dipendenza reciproca. “Cresciuti, entrambi si sposano, restando però sempre uniti – continua l’autrice - tanto che le mogli sono consapevoli di venire al secondo posto nella scala degli affetti dei mariti”. Lucy Gilmour, la moglie di Martin, che nel libro si confessa e racconta la vicenda attraverso i suoi diari, è una donna che non ha molta esperienza, ha paura della troppa passione e dell’elemento incontrollabile dell’amore. soprattutto con gli uomini, ma lei il suo, nonostante tutto, lo conosce molto bene. “Aveva la capacità di mutare il proprio aspetto per adattarsi a qualsiasi ambiente sociale nel quale si ritrovava”, scrive nel suo diario. “Semplicemente era come se la sua superficie cambiasse colore per mescolarsi all’ambiente, un camaleonte”. “Sembra una donna debole e sottomessa, ma in realtà è la bocca della verità”, ci spiega la Day. “Ha tante idee e analizza il tutto in maniera obiettiva, è il cuore pulsante del libro”, continua. Serena Fitzmaurice, poi, la moglie di Ben, grazie al quale ha fatto il salto sociale, è invece la classica donna dedita al marito potente, pronta a tutto, anche a non vedere pur di non perderlo e, con esso, la sua posizione e ricchezza, “è il simbolo del vero potere che è dietro il trono”. Gli amici nell’intera vicenda non hanno alcun valore per i protagonisti, ma non certo per l’autrice che ha deciso di dedicare il libro proprio ai suoi, “preziosi, insostituibili, gli stessi dai tempi dell’università”. “Evolvono nel tempo – continua - e ti permettono di migliorarti come persone. Ne ho conosciuti molti, soprattutto alle feste, a quelle belle però. Tutte le altre, quelle a cui non sono mai stata invitata, ho cercato di metterle in questa storia, creandone così un speciale e a suo modo unica da più punti di vista”. Ad un certo punto del libro, sarete “invitati” anche voi: vestitevi bene, siate voi stessi e divertitevi, perché ne vedrete e sentirete delle belle.