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Immaginate di tornare a scuola, in un pomeriggio di fine maggio, quando anche i professori sono stufi di fare lezione e sognano di stendersi in spiaggia a dimenticare il volto degli alunni. In classe fa caldo, voi vi state dondolando sulla sedia in una penombra artificiale. Scorrono le immagini di un documentario, è il prof. di filosofia a proiettarlo e tra la fame di fine mattinata e la noia, vi stanno cadendo le palpebre. Poi sentite qualcosa che cattura la vostra attenzione, si parla di DNA. Perché si dovrebbe trattare il DNA nell’ora di filosofia? Fyodor Urnov, bioscenziato di Altius, dallo schermo sta raccontando che, quando una catena di DNA si rompe (più spesso di quanto crediamo) ha un procedimento preciso per ricomporsi.

All’interno delle nostre cellule ci sono due molecole identiche, una a fianco all’altra, e nel momento in cui una si rompe chiede a sua sorella: “Ehi scusa posso copiare da te le informazioni genetiche che mi mancano?” l’altra acconsente e la catena si aggiusta. In base a questo procedimento allora, se puoi tagliare un gene dentro una cellula, puoi anche sostituirlo con un pezzo di DNA che hai creato tu, che è identico, tranne per quell'unico piccolo cambiamento che si vuole applicare. Perché questo procedimento abbia successo però, come quando devi copiare e incollare una lettera in un foglio World, occorre posizionare il cursore nel punto esatto. Questa era la grande sfida, che è stata superata grazie alla scoperta del CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats) e della proteina Cas9.

Da studenti, giustamente, alzereste la mano e direste: “Scusi prof, ma mi sa che ha sbagliato documentario” e qui starebbe l’errore, perché per accogliere un cambiamento radicale come questo, che di fatto ci permetterà di intervenire sulla natura dell’uomo nel modo più invasivo di sempre, dobbiamo essere pronti. A una grande rivoluzione scientifica bisogna prepararsi con una grande rivoluzione culturale ed etica. Ed è proprio quello che il docufilm Human Nature cerca di fare.

Il regista Adam Bolt, co-sceneggiatore del film premio oscar Inside Job, e il produttore e giornalista Dan Rather vogliono, attraverso Human Nature, iniziare ad esplorare uno dei più grandi cambiamenti che si prospettano per la razza umana, e lo fanno con uno dei metodi comunicativi più diretti che, a sua volta, è stato una rivoluzione segnante: il cinema. Filmati di repertorio degli anni Sessanta, scienziati seduti nei loro studi, riproduzioni grafiche di batteri e virus, interni di ospedali, esterni con bambini che giocano. Il linguaggio di Human Nature è estremamente visivo e riesce a rendere comprensibile lo studio decennale e complesso dell’ingegneria genetica.

Diviso in capitoli, i primi sono dedicati al procedimento scientifico, di cui figura fondamentale è la biochimica dell’università di Berkley Jennifer Doudna. È lei che, insieme alla microbiologa Emmanuelle Charpentier, scopre il sistema di difesa dei batteri CRISPR-Cas9, la chiave per l’editing genomico. Doudna racconta di essere stata incuriosita da questa proteina che si attacca al DNA del virus infestante e ne taglia un pezzo campione, in modo da "metterlo in memoria" e saperlo combattere in futuro. Inoltre la proteina, il Cas9, può essere diretta in laboratorio, fattore che cambia completamente il rapporto tra uomo e natura.

Le applicazioni sono innumerevoli: curare malattie genetiche; intervenire nell'agroalimentare; combattere i tumori e persino il cambiamento climatico. Nella lotta che l'uomo ha da sempre ingaggiato contro la selezione naturale, questa sembra una vittoria schiacciante. Ma, c'è un ma, il cambiamento deve essere guidato, pensato, quali potrebbero essere le conseguenze se tutto ciò avvenisse senza una regolamentazione? Già negli anni Settanta il mondo scientifico si era trovato davanti a un dilemma simile, quando all'epoca ci si approcciava alla clonazione e alle sue applicazioni.

Impedire in toto lo sviluppo della scienza sarebbe folle, soprattutto quando questa può concretamente salvare vite umane. E se si trattasse della vita di qualcuno che amiamo? In Human Nature a raccontare la loro esperienza ci sono anche David e sua madre. David Sanchez è in cura allo Stanford Children's Hospital di Palo Alto, è malato di anemia falciforme, una malattia genetica per cui la speranza di vita media è dai 4 agli 8 anni in Africa e sui 40 negli Stati Uniti. Con le cure derivate dall'applicazione del CRISPR, David potrebbe guarire in modo definitivo. Anzi, è possibile che non nascano mai più bambini con la sua stessa malattia, dato che la modifica al DNA si può effettuare già allo stadio embrionale. David racconta come l'anemia e l'essere in cura costante gli abbiano insegnato molte cose, ad essere paziente, ad esempio, a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno. Suggerisce così di non bloccare il progresso medico, ma di permettere al malato di scegliere se sottoporsi o meno al trattamento di guarigione.

Il punto in questione non è se questa scoperta verrà applicata o meno, perché come ogni grande progresso, è di fatto inarrestabile. Questa rivoluzione scientifica, così come a loro tempo i vaccini o la clonazione, probabilmente diventerà qualcosa di naturale che tra qualche secolo l'uomo considererà scontato, comune. La sfida che si pone è quella di guidarlo in modo etico, affrontare lo sviluppo in modo consapevole.