Sarà che dell'amore sappiamo pochissimo che non finiamo più di cantarlo? La poeta Emily Dickinson scrisse un distico che ben descrive il concetto: Che l’amore sia tutto ciò che esiste, è tutto ciò che sappiamo dell’amore.
Niente più della poesia (che per Dickinson era quella cosa che resta «quando si distilla un'esperienza») è andato così vicino a coglierne il significato: versi d’amore si ritrovano nei frammenti di Saffo e Mimnermo, e continuano a svettare nelle classifiche dei libri che premiamo i testi di Alda Merini, le Cento poesie d’amore a Ladyhawke di Michele Mari e recentemente L’infinito senza farci caso di Franco Arminio. Da qualche tempo la poesia vive una rinascita. I dati più recenti li fornisce The Guardian, secondo cui in Gran Bretagna negli ultimi 5 anni il mercato è cresciuto del 48%, per un fatturato di 12,3 milioni di sterline. E anche in Italia è un momento d’oro: pullulano festival, reading, slam poetry e pubblicazioni. Tra queste, la neonata collana di poesia americana di Black Coffee, che propone una scelta di autori tra cui Tracy K. Smith, Terrance Hayes e Robert L. Hass.

In questo panorama, il ruolo delle liriche amorose «come ariete per abbattere le resistenze nei confronti della poesia, retaggio di un cattivo servizio della scuola, è innegabile». Lo sostiene Serena Di Lecce, 35 anni, che nel marzo 2018 ha avuto l’intuizione (e il coraggio) di aprire in un quartiere decentrato di Bari, con la socia Grazia Galasso, la Millelibri, prima libreria italiana dedicata ai versi. «Se decidi di fare una cosa come questa, è perché hai una certa visione di mondo e anche come gesto di costruzione nei confronti della comunità».
Una scommessa che sta funzionando: «Cercare poesie d’amore, soprattutto da regalare, è uno dei motivi che spingono a entrare qui. L’amore è uno di quei sentimenti estremi che solo il linguaggio poetico riesce a dire in maniera intensa».
Che testi consiglia in questi casi? «Innanzi tutto cerco di capire chi ho davanti. Poi posso spaziare da classici come Neruda, Majakovskij, Apollinaire e Rafael Alberti, a contemporanei come Maria Grazia Calandrone che fanno riferimento a una ricerca d'amore più universale, politica». La stessa Calandrone, autrice del bel Giardino della gioia (Mondadori), riconosce che poco è cambiato dai tempi in cui Saffo si disperava perché l'amata aveva deciso di sposare un altro: «Le poesie d'amore parlano a una parte immutabile di noi usando un linguaggio eterno. Sotto questo punto di vista, i sonetti di Dante paiono scritti un mese fa, anche se utilizzava la lingua della sua epoca».

A cambiare sono, per l’appunto, i codici. A volte sono dichiaratamente pop, come per la neozelandese Hera Lindsay Bird, 32 anni, inedita in Italia: la sua poesia Six Seasons of the Nanny mette in scena la fine di una relazione mentre sullo schermo scorrono le sei stagioni del telefilm degli anni ’90 La tata. Altre volte, invece, è un nuovo medium che rivoluziona e dà forza propulsiva. È quello che è accaduto con Instagram, che ha avuto il merito di veicolare un’arte che aveva forse perso la famigliarità delle origini. Autrici e autori come Rupi Kaur, Cleo Wade e Atticus, nati e cresciuti nei feed di milioni di persone, hanno modificato sia il modo in cui un vasto pubblico si rapporta alla poesia, sia il modo di scriverla e proporla. Ma al netto dei detrattori per principio, è diventato essenziale sapere riconoscere gli “spacciatori” buoni dai propagatori di sdolcinatezze da cioccolatini. Account italiani come Laideanfossi (oltre 75mila follower) e Interno Poesia (31mila follower, che è anche editore) sono ottime bussole per orientarsi tra versi antichi e contemporanei, e sono seguitissimi dai più giovani che, sempre secondo
The Guardian, sono oggi tra i maggiori «consumatori». E se nel panorama anglosassone sono soprattutto le donne tra i 13 e i 24 anni a leggerla, l’esperienza della libreria Millelibri va in senso contrario: «Non me lo sarei mai aspettata», dice Serena Di Lecce, «ma la stragrande maggioranza dei nostri clienti, direi il 90%, sono maschi».

E i ragazzi che ne pensano? Linda, Federica e Ivan sono tre giovani appassionati di poesia protagonisti del libro Domare il drago di Isabella Leardini (Mondadori), concepito come un laboratorio poetico rivolto ai ragazzi. Per Linda, 19 anni, studentessa di Scienze umane: «Tutta la poesia è amore, è il filo rosso della nostra esistenza. Usando le parole di Ginsberg "il peso del mondo è amore”. Una cosa certa è che non smetteremo mai di scrivere d'amore, lo disse anche Paul McCartney in una canzone: You'd think that people would've had enough of silly love songs but I look around me, and I see it isn't so». Federica, 20 anni, legge poesia da quando ne ha 14: «Il senso delle liriche d'amore per me è nei versi di Mariangela Gualtieri: “Sento il tuo disordine e lo comparo al mio”. È quel “disordine” ciò che il lettore cerca, per completarlo con il proprio». E se per lei i social «sono un coltello che devi saper da che parte impugnare», più critico è Ivan, 19 anni, studente di Storia e Antropologia alla Sapienza: «Instagram e poesia nella stessa frase mi evocano immagini raccapriccianti. L'essenza di questo mezzo è trasmettere un'informazione nel modo più immediato: l'immagine. Gli instapoet non sfruttano questa velocità, ma si limitano ad adattare i propri testi ai tempi di ricezione di Instagram, riducendo forma e contenuto a qualcosa di fruibile in meno di 10 secondi. Nella poesia su Internet manca una vena radicale».

A diffondere molto il gesto poetico è stato anche il poetry slam, nato negli anni ’80 negli Stati Uniti dall’unione tra scrittura e performance. Funziona così: i poeti recitano i propri versi e vengono valutati da un pubblico. «È un gioco e una competizione», precisa Paolo Agrati, fondatore dell’agenzia Slam, che curerà la prima antologia di poetry slam in uscita a maggio da Miraggi, «ha riportato la poesia in mezzo alla gente». Da anni Agrati organizza queste “competizioni” e tiene laboratori di Poesie Brutte che fanno riflettere, in modo ironico, sulla banalità di certa poesia d’amore contemporanea che, nonostante tutto, riscuote successo. «L’amore è un tema ricorrente anche in queste gare, dove però vince la moda del confessional, confessare in pubblico fatti privati. Una cosa che non amo». «Eppure», come sostiene la poeta, danzatrice e performer Francesca Gironi, che sarà tra gli autori dell’antologia, «se è vero che la poesia d’amore rischia di diventare un prodotto di consumo, in tempi di hate speech l’amore è un atto politico».

A cosa servono dunque le liriche amorose? Premesso che l’importante è leggere quelle di qualità, classiche (Patrizia Cavalli, Alda Merini, Anne Sexton e Patrizia Valduga, tra gli altri) o recenti (Coppie minime di Giulia Martini, Le cose imperfette di Gianni Montieri, Salutarsi dagli aerei di Alessandro Burbank, Corpo finale di Tiziana Cera Rosco), si può dire che svolgono diverse funzioni. Possono essere un farmaco, come indica la rubrica Poetry Rx della Paris Review, dove il poeta di turno prescrive dosi di versi ai lettori che chiedono aiuto. E possono stimolare parti inconsce della mente, come suggerisce uno studio dell’università di Bangor, secondo cui il merito sarebbe della specifica «qualità musicale» dei versi. E come conferma Ester, 45 anni, lettrice appassionata. Perché sostiene: «Possono tornare utili quando hai bisogno di piangere. Anche se sono convinta che la poesia “d’amore” non esiste: è sempre e solo qualcosa che ha a che fare con la nostra umanità».