«Ci siamo messi d’accordo e le diamo noi un contributo a fine mese, perché lo merita» racconta Patrizia mentre Rosa lava l’ingresso del ballatoio senza che nessuno le abbia chiesto nulla. L’odore di pulito stona con le buche, le scale di marmo crepato e il cemento grigio. Anna, in vestaglia, tira la carrozzina, gradino dopo gradino, per non farla scivolare. Il compagno, Luciano, è a lavoro nella grafferia a qualche chilometro «sono abituata a fare da sola» dice, mentre con il gomito e una mano stringe il nodo della cintura intorno alla vita.

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Massimo Pellone

«Noi siamo così. Siamo donne, siamo forti. Gli uomini si scoraggiano subito. Sappiamo cosa vuol dire tener duro perché vogliamo dare ai nostri figli una vita diversa da quella che abbiamo avuto» precisa Patrizia che abita alle Vele dagli anni Ottanta, era piccola. Fa parte del Comitato Vele e dell’associazione Donne Attive sul territorio. «Ho lottato tanto per Scampia, perché ci venisse riconosciuto il diritto a una casa dignitosa». È orgogliosa mentre parla e alle sue spalle la Vela Verde man mano cade a terra.

Alle Vele non ci sono ascensori e citofoni, anche il postino strilla quando deve consegnare le lettere. «Patrizia scendete» si sente gridare subito dopo. È arrivata la spesa.

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Massimo Pellone
Le donne di Scampia

All’Ottavo piano della Vela Celeste vive Ida, che tutti chiamano Pavella, una signora di 79 anni. Non ci vede bene perché a scuola, tanti anni fa, un compagno le infilò la penna nell’occhio. Ida aveva tre figli, uno è morto in carcere. «L’ho scoperto da sola dopo aver girato tutti gli ospedali di Napoli. Dalla prigione non mi dicevano niente. Sapevo solo che si era sentito male».

‘A Pavella ogni mattina scende le scale, piano, piano. Spinge il carrello con i rotoloni di carta per qualche kilometro, fino alla stazione della metro di Piscinola, per venderli ai negozianti di Napoli centro.

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Massimo Pellone
Le Donne di Scampia

Al terzo piano c’è Maria con i figli Francesco e Cloe. «L’altro mio figlio sta a Poggioreale. Gli hanno dato sei anni per spaccio. Me lo sentivo che era l’ultimo giorno» racconta tenendo la sigaretta stretta tra i denti. «Lo guardavo dritto negli occhi mentre i carabinieri lo portavano via». Il marito, Pasquale, rientrato a casa da qualche giorno, è agli arresti domiciliari. A sostenere la famiglia ci pensa Maria grazie ai sussidi statali che riceve per la figlia Cloe che ha una disabilità intellettiva. «Prima non era così - racconta - prima il sistema ci dava una mano, ora siamo soli». Prima la camorra manteneva le famiglie dei carcerati.

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Massimo Pellone

«Vorrei andare a Parigi» sussurra Mary mentre si trucca davanti allo specchio, senza alzare lo sguardo. «Qui non ho nessuno. Incontro solo i clienti che mi vengono a trovare». Mary ha trentasette anni ed è transessuale. Si è trasferita alla Vela Gialla da poco, da quando ha iniziato a prostituirsi e la sua famiglia ha deciso di non voler avere più niente a che fare con lei.