Come trasformare un paese dedito all’industria pesante nell’eldorado della creatività? In viaggio a Varsavia e a Danzicaabbiamo scoperto una Polonia inaspettata, che da paese produttore diventa creatore e innovatore. La nazione è ripartita grazie al design e a una generazione schierata in prima linea, che si parli di grafica e di arredi, ma soprattutto di democrazia.

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Il Centro europeo di Solidarność a Danzica, un monolitico parallelepipedo di corten dedicato alla storia del sindacato polacco e del movimento di resistenza civile.

Arrivi in aeroporto e sui totem esposti nell’edicola la guida della Polonia non la trovi. Di per sé questo è già un primo buon motivo per andarci. Perché secondo la silenziosa classifica interna alla geografia mondiale, se una meta non fa esotico, non fa lusso o non fa divertimento 24h, semplicemente, non esiste. Ecco pronta qualche rassicurazione per noi, occidentalisti: il paese è in grande fermento economico, ci sono innumerevoli start up, ci sono gli hipster, chi li odia e chi dice che non esistono più; i concept store, i barber shop, le insegne al neon degli anni 80. Ci sono gli chef, art rooms dove dormire, indirizzi stellari, magnifici caffè e club, c’è la dolce vita, c’è la grafica dell’est che amiamo alla follia e, alert per gli immobiliaristi, nelle città sono in corso processi di gentrificazione di intere aree. Tutti estremi di quella “coolness” trasversale al pianeta Terra. Qualcuno direbbe che Varsavia è la nuova Berlino, Danzica è la nuova Amsterdam, Lodz è la nuova Detroit e Poznan è la nuova Eindhoven. Ma avrebbe torto perché le città polacche portano avanti una storia personale, a modo loro, nella loro unicità, che va ben oltre le piastrelline bianche extralucide che dalla metro newyorkese sono arrivate nelle panetterie “design” della provincia più imboscata.

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Il Polin Museum di Varsavia, il museo dedicato alla storia degli ebrei polacchi, progettato dai finlandesi Lahdelma & Mahlamäki Architect

Qui svettano palazzoni, gioielli del modernismo più affascinante, quasi commovente nella sua bellezza. Le stazioni, i musei, i blocchi geometrici di case, nudi e crudi, raccontano più di quanto si pensi del paese e di chi ci vive. Ed è sorprendente come i fantasmi del regime comunista dialoghino con le nuove architetture contemporanee che ospitano monolitici pezzi di storia, come il Centro europeo di Solidarność, il Polin (il Museo della storia degli ebrei polacchi di Varsavia), il Museo della Seconda Guerra Mondiale a Danzica, il quartiere di Zaspa, modello dell’utopia socialista fallita ma poi rinata grazie all’arte. La zona, dal 1997, ospita un festival di street art internazionale e oggi celebra i 20 anni tra decine di casermoni coperti di murales che arrivano quasi a toccare il cielo.

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Uno dei 45 mega murales che campeggiano sui prospetti dei condomini dell’ex quartiere operaio di Zaspa a Danzica, la più grande collezione europea di street art formato gigante, che quest’anno festeggia i 20 anni dalla prima realizzazione durante il Festival Europeo di pittura monumentale, che attrae centinaia di artisti da tutto il mondo.

Le nuove generazioni di creativi stanno portando il nome del paese nel mondo. Qui un vettore del cambiamento è proprio il design. Quello vero, che nasce per risolvere i problemi. E ne sta risolvendo molti pare, dalla ricostruzione delle piccole imprese ai passi da gigante verso la parità dei sessi e la democratizzazione del lavoro. «La scena del design polacco, come lo intendiamo nelle società occidentali, è iniziata pochi anni fa» racconta Zuzanna Skalska, trend analyst, tra i fondatori della School of Form, che a Poznan sforna talenti prodigiosi. «Ha avuto una partenza difficile per via di un gap: le accademie d’arte educavano solo artisti e i politecnici solo ingegneri. Le piccole e medie aziende non sapevano bene che farsene dei progettisti, per loro si occupavano solo di estetica, di valore aggiunto, non di tutto il processo di sviluppo di un prodotto. Per questo abbiamo inaugurato la School of Form. L’intera industria in Polonia era fatta da costruttori, tutti uomini, dai proprietari in giù. Solo adesso hanno scoperto che se fai progettare le donne il prodotto si ammanterà di una indescrivibile magia, sarà funzionale e accattivante. Siamo molto soddisfatti che parlare di estetica, di management, di industria sia una cosa che adesso attrae entrambi i sessi».

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La poltrona Air di Malafor Design Laboratory, duo di designer polacchi (Agata Klulik Pomorska e Pawel Pomorsky) che da qualche anno sta girando le design week di tutto il mondo con arredi fatti di tessuti tecnici gonfi d’aria.

La polonia è il terzo produttore mondiale di arredi e ora fa sentire la propria voce creativa. «C’è molto da fare, da progettare e da risolvere. Per questo la scena è più viva che mai» dice Agnieszka Jacobson-Cielecka

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Il design di Oskar Zieta è da sempre orientato alla sperimentazione con la tecnologia FiDU – Free Inner Pressure Deformation – tecnica di gonfiaggio dei metalli che applica non solo all’acciaio inox ma anche all’alluminio. © Dawin Meckel. Il risultato sono arredi leggerissimi dal forte impatto estitico

In luglio il design è sceso nelle piazze contro la riforma costituzionale, poi abolita dal governo. Un poster, disegnato da Luca Rayski, è diventato un simbolo della protesta. Riportava la scritta “Konstytucja” (Costituzione, in polacco), con le lettere “ty” (tu) e “cj” (me) colorate, a suggerire che la costituzione non è un’entità astratta, ma un documento vitale che riguarda i singoli e la collettività. «Se la politica del paese sarà conservatrice i processi di innovazione che si sono attivati potrebbero rallentare» dice Agnieszka Jacobson-Cielecka. «La Polonia negli ultimi 25 anni ne ha saltati 70 e forse questa accelerazione per molti è stata troppo repentina. Ma cambiamenti come questi, una volta innescati non si fermano facilmente. Spero che stia per nascere una società fatta dai cittadini, da gente che sa che la politica è questione di tasse, salute, istruzione, diritti umani, e che il nazionalismo non è una questione di bandiera, ma del modo in cui ci prendiamo cura gli uni degli altri e del paese. Dobbiamo tornare ai vecchi strumenti e ai vecchi valori e usarli in modo nuovo. È quello che sta succedendo con l’idea della condivisione, del riparare il vecchio, dello scambio. Pratiche antiche che ora sono la nuova economia, il nuovo design, la società che verrà». Il manifesto “Konstytucja” è stato diffuso grazie a Mateusz Halawa, alla guida del dipartimento di scienze umane e sociali della School of Form. Insieme a stampatori, cittadini e negozianti ha prodotto, stampato, distribuito, on e off line, migliaia di copie del poster. Che nel giro di pochi giorni è diventato un simbolo virale della democrazia.