Camminare può diventare un esercizio di creatività? Cinque flâneuse ci insegnano come cambiare passo e recuperare energia per le strade di Parigi, Londra, Venezia e New York.

Sonia Sieff
fotografa e regista

tipo di flâneuse: frivola

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«È un modo per irrigare i pensieri, girare Parigi a piedi. Mai come qui cuore e testa si muovono insieme. Andare via nei weekend, in campagna, al mare, è per staccare. Uscire a piedi en ville invece è per l’ispirazione. Da noi nelle strade sei sulla scena: la gente ti guarda e, se la colpisci, ti premia; un apprezzamento sulla bellezza e sull’eleganza a Parigi te lo puoi sempre aspettare, da uomini e donne. È la nostra frivolezza, il piacere dell’eleganza, il fatto che la città si sente ancora fatta di borghi dove nessuno è anonimo. È uno dei motivi per cui amo muovermi camminando: per guardare ed essere vista. Flâner significa proprio questo: andare di strada in strada per il solo gusto di farlo. Il mio nuovo libro di ritratti, Les Françaises (Rizzoli), mi è venuto in mente osservando le parigine a piedi. Hanno uno stile unico, speciale, con un’andatura, uno slancio e una naturalezza tutta loro, una calma decisa, come se non si dessero mai troppa cura di nulla. La mia creatività è molto urbana: alcune di quelle che ho fotografato le ho notate perché le incrociavo ogni giorno. Mi diverto a guardare la gente e mi immagino la sua vita, mentre ripenso e reinvento la mia. È una specie di gioco di specchi, aiuta a non perderti troppo di vista. E in una metropoli è quello che conta».
Luoghi del cuore: 1. i giardini Renoir, al Musée de Montmartre; 2. Montparnasse e i suoi atelier anni 30; 3. il cimitero Père-Lechaise, il posto più romantico della città; 4. il 13° arrondissement, per un pranzo nei ristorantini del quartiere cinese.

Wednesday Martin
antropologa, scrittrice

tipo di flâneuse: smaliziata

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«Osservare le donne dell’Upper East Side di Manhattan camminare è stata una lezione di vita. Camminare è un modo di tracciare confini, di allenarsi a occupare uno spazio: lì è uno straordinario esercizio di potere. Io sono la flâneuse della mattina presto. Esco di buon ora, vado al Central Park e mi godo la prima luce, il silenzio, la natura; ascolto il rumore dei miei pensieri. E insomma godo di tutti i vantaggi che entusiasmano i neurobiologi. Ma passeggiare nell’Upper East Side è stato uno degli esercizi più creativi che mi potessero capitare. Mi è venuta così l’idea di raccontare in un libro, Nella giungla di Park Avenue (Bookme), il lato selvaggio della tribù di femmine più chic del pianeta. Una volta una di loro, una costosissima borsa appesa al braccio, mi ha letteralmente “caricata”, obbligandomi ad appiattirmi contro il muro per cederle il passo. Da antropologa ho capito che come si muovono le donne a New York non lo farebbe nessun’altra su tutto il pianeta. Avanzano con l’orgoglio della loro postura. Ma se loro esagerano, per le altre coltivare un buon passo è una pratica utile, anche per lavorare sull’autostima. Quanto a me, camminando scrivo. Un metodo impeccabile. I piedi vanno avanti da soli, e intanto nella mente fluiscono parole. Poi torno a casa e tutto mi è chiaro, non resta che sedermi alla tastiera».
Luoghi del cuore: 1. Pomander Walk: un villaggio Tudor nel cuore dell’Upper East Side; 2. il Natural History Museum; 3. Chess&Checkers House: per una partita a scacchi in Central Park.

Angela Reynolds
modella, designer, scrittrice

tipo di flâneuse: riflessiva

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«Nessuno è solo nelle strade di Tokyo, la folla ti rende libero; sai che quello è il vero luogo dove essere completamente te stessa. Io cammino sola per ore, anche nel cuore della notte. È il mio modo di essere flâneuse in un posto dove non se ne trovano tante. In una cultura dominata dai maschi, le donne non vanno spesso in giro da sole. Come anglogiapponese - papà è inglese -, anche nei miei luoghi d’origine ho un distacco che mi fa osservare la realtà come se non mi appartenesse davvero, e per la creatività è un vantaggio. Di Tokyo avverto soprattutto un gran senso di sicurezza: so che non mi potrà succedere niente e quando voglio concentrarmi su quello che sto scrivendo esco, cammino. Io li chiamo i miei viaggi urbani. Questa è la città dei dettagli raffinati e del piacere del lavoro ben fatto. Ma io più di ogni altra cosa la sento calda, partecipe, umana».
Luoghi del cuore: 1. il piccolo e raffinato Nezu Museum e i suoi giardini; 2. il tea salon Higashiya, a Ginza, famoso per i tipici dolcetti di design; 3. le stradine e i vicoli del quartiere Yanaka.

Servane Giol
impresaria teatrale

tipo di flâneuse: festosa

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«Se da parigina ti trasformi in veneziana, come è capitato a me quando mi sono sposata, scopri che quella che credevi la città della calma ti costringe invece a essere rapida. Venezia è così. Se vuoi sopravvivere alla lentezza - della folla, dei mezzi pubblici, delle calli - devi abituarti ad andare veloce. E a diventare tutt’altro tipo di flâneuse da quella che eri. Tanto per cominciare, sei obbligata a camminare senza tacchi, raso terra. In questa città di splendori, dimenticati di essere superlativa. Questo posto ha sentimenti da isola, e riporta tutto all’essenziale. E devi essere svelta, sì, ma anche scordarti la fretta. Qui il primo requisito di una camminatrice è fare tua la festosità dei veneziani, che calcolano i tempi di percorrenza mettendo già in conto una manciata di minuti da dedicare a incontri e chiacchiere. Perché Venezia respira aria internazionale ma in campi e campielli rimane villaggio, e lì tira fuori la vocazione teatrale. Così camminare diventa un’arte, e passo dopo passo si trasforma in un modo di guardare alla vita.
Luoghi del cuore: 1. per il primo caffè: terrazza del Gritti (vista su Santa Maria della Salute); 2. per il lunch: Pensione Calcina, alle Zattere; 3. per l’aperitivo, Enoteca Schiavi, a Dorsoduro.

Allegra Hicks
interior designer

tipo di flâneuse: rapida

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«C’è qualcosa di irresistibile che ti spinge a correre, in questa città. La strada a Londra non è fatta per viverla, ma per me che sono italiana, catapultata in Inghilterra per amore dopo un passaggio a New York, la strada è stata una rivelazione, l’ispirazione che ha rivoluzionato il mio universo creativo. A Londra niente è impossibile. In America te lo aspetti; qui, dove tutto è radicato nella tradizione, la capacità degli inglesi di sovvertire le regole è una scoperta spiazzante e contagiosa. Sono sempre stata una flâneuse, ma camminando in queste strade ho cambiato l’approccio estetico alla vita. Il buono e il cattivo gusto non mi sembravano più categorie rigide. La gente che vedevo sfrecciare sui marciapiedi dimostrava molto altro. Ho imparato a rifiutare gli schemi e ad apprezzare il valore creativo dell’“eccentrico inglese”. Quello che contava, nelle strade di Londra, erano originalità, libertà di espressione. Sotto i cieli grigi ho trovato un nuovo senso del colore, che ho trasferito nelle mie stoffe. Il passo sostenuto della mia seconda patria mi ha insegnato a guardare bene dove metto i piedi, il che nel concreto si è tradotto in più rigore e in un nuovo, preziosissimo senso della concentrazione».
Luoghi del cuore: 1. il mercato dei fiori di Columbia Road, nell’East End; 2. il mercato di Portobello del venerdì mattina, con meno turisti e molte più sorprese; 3. la libreria John Sandoe, forse la più vecchia e la più fascinosa di Chelsea; 4. Battersea Park: affacciato sulla riva sud del Tamigi, è il cuore verde dell’élite londinese.