Basta andare una volta allo stadio per raccontare Palermo. A me è toccato il giorno in cui i rosanero incontravano di nuovo, dopo anni cupi, una squadra di Serie A: il Parma. Gli spalti del Barbera erano pieni di tifosi. La vittoria era impossibile ma poter assistere a quel match era un dono. Dopo una manciata di minuti dall’inizio, il Palermo era già 1-0. Altri tre minuti e si era già 2-0. Altri quindici e si era 3-0. All’improvviso qualcuno dai distinti urlò: «Basta, basta, basta!». Quasi a dire: “Finimola così, 3-0 è sufficiente”. Perché il palermitano ha qualche problema con la felicità. Crede che, se arriva troppa grazia, poi ci sarà un conto da pagare, un pizzo, come se vivesse su una perenne bilancia che livella euforia e sofferenza. Per descrivere la Sicilia Gesualdo Bufalino scrisse: la luce e il lutto. Perché la città è una cosa e il suo esatto contrario. È misera e superba, raffinata e decadente, frastuono e silenzio. Tra gli alberi di jacaranda che colorano di indaco piazza Politeama ti sfugge, ti sorprende. Promette una cosa e ne mantiene un’altra.

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Germano D'Acquisto
Palermo vista dall’hotel Ambasciatori

Show quotidiano. Gesticola, guarda, ammicca ed è folle (la cinecoppia Ciprì e Maresco lo dimostra). Una follia che è show quotidiano: un giro in zona Bonagia fa conoscere Bartolo, detto “Picchì sì tu”. Un tipo bizzarro che dirige il traffico sotto gli occhi divertiti della gente. E spesso anche dei veri vigili urbani. Sbraita contro gli automobilisti indisciplinati, rifila multe, ma alla fine ti guarda negli occhi, ti sorride e ti dice: «Amunì, picchì sì tu, vatinni!» (vabbé dai, proprio perché sei tu, fila via, ndr). Dicono che chi parte da Palermo soffre di una sorta di mal d’Africa che lo costringe a tornare. «Io dico che è come una donna bella che non sa abbigliarsi», racconta l’attrice Isabella Ragonese, che qui ci è nata. «Non è mai in ghingheri ma è sempre una sorpresa. È una città che fa venire voglia di scoprirla. È come i grandi amori: ti manca quando sei lontana, ti soffoca quando ci vivi».

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Germano D'Acquisto
Piazza Magione, Palermo

Splendori passati. La Palermo di oggi guarda al futuro dai suoi palazzi che testimoniano splendori passati, che hanno reso la città scrigno di culture diverse. Il palermitano può essere biondo come gli Svevi, bruno come i Greci, olivastro come gli Arabi. Nella zona di piazza della Borsa, ancora oggi le indicazioni delle vie sono scritte in triplice lingua: italiano, arabo ed ebraico. Palermo è un luogo vitale, dove si respira un clima di rinnovata fiducia che spinge sia privati che pubblica amministrazione a rinnovare i palazzi storici e a investire in nuovi spazi.

Un esempio? Il quartiere della Kalsa. Degradato per decenni, oggi è risorto grazie a maxinterventi di riqualificazione. Cuore pulsante è piazza Magione, snodo nevralgico della movida palermitana grazie a molti pub e al ristorante Quattro Mani. Qui non si pagano coperto e servizio, non esiste il congelatore e c’è un menù a base di pesce che cambia in base al pescato. Proprio in questa piazza, i videoartisti Masbedo hanno allestito il loro quartier generale per la Biennale Manifesta 12.

«Abbiamo scelto un luogo magico», dice Nicolò Massazza, fondatore con Jacopo Bedogni del sodalizio, «dove vigono regole di convivenza valide per tutti: sia per l’artista che per il venditore di calia e semenza (ceci e semi di zucca, ndr). Essere ricco o intellettuale non garantisce privilegi».

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Masbedo

Cinema open air. Per la rassegna i due artisti presentano Videomobile, rivisitazione contemporanea di una tradizione di metà ’900. Lontano dai grandi centri urbani, il cinema entrava tramite carri: piccoli camion con proiettori e altoparlanti. Così, su un vecchio furgone anni 70, i due hanno girato la città, coinvolgendo persone comuni e professionisti che hanno lavorato nel mondo del cinema a Palermo (dal driver di Sofia Coppola per le riprese de Il padrino alla suora a capo della distribuzione della San Paolo Audiovisivi). Il risultato è un ritratto dominato da temi eterni come il potere, la morte, la politica, il futuro.

«Palermo», spiega Bedogni «è, con Belgrado, la città meno addomesticata d’Europa. Nessuna delle due rispetta le logiche di omologazione che vigono in altri posti. Si parte tutti dallo stesso punto. Si convive in paesaggi fragili e in un sottobosco emotivo che sa di ruggine e ossa. Entrambe però covano qualcosa nella cenere, sono vitali».

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Germano D'Acquisto
Piazza Politeama

Sontuosa e oscena. Giuseppe Fava, scrittore e giornalista siciliano assassinato dalla mafia nell’84 e ora interpretato da Fabrizio Gifuni nel film Prima che la notte di Daniele Vicari, diceva che Palermo è sontuosa e oscena. La definiva una sorta di Nuova Delhi, con le regge favolose dei maharajah e i corpi agonizzanti dei paria ai margini dei viali. «Qui la corruzione è fisica, tangibile ed estetica», raccontava Fava. «Una bella donna, sfatta, gonfia di umori guasti, le unghie nere, e però egualmente, arcanamente bella». Una bellezza che si scorge fra i palazzi liberty di via Monteleone, dove spesso capita di affacciarsi su cortili immersi nel verde e di essere accompagnati dal custode alla scoperta delle storie di chi in quell’edificio ci ha vissuto e lo ha reso carne viva.

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Germano D'Acquisto
Manifesta 12

L’araba felice. Ma Palermo è anche fimmina. E ti seduce con la sua luce dorata e accecante e il suo profumo di gelsomino e basilico. Le donne qui sono femminili, cosa che appare scontata ma non lo è. Scordatevi il luogo comune della mora e flessuosa, dai lineamenti arabeggianti. Qui c’è di tutto. Ma nell’abbigliamento si osa di più con i colori. Il giallo, l’oro o il verde non spaventano come al nord. E il nero, da queste parti, lo si indossa solo quando c’è un lutto. Nel cuore della città più elegante, a due passi da via Libertà, sorge un’oasi di verde ricca di fontane e vialetti romantici: è il parco della settecentesca Villa Trabia. Ha una storia dolce e tragica, quasi un paradigma della città. Acquisita nel 1814 da Giuseppe Lanza Branciforti, la villa fu teatro di splendore e decadenza. Vi soggiornarono Clark Gable e Aristotele Onassis. Il padrone di casa era don Raimondo Lanza di Trabia, un uomo di mondo attratto dalle belle donne (ebbe una love story con Rita Hayworth). Nel 1954, a soli 39 anni, il playboy, amico dello scià di Persia e di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, muore cadendo da una finestra dell’hotel Eden di Roma. Suicidio o omicidio? Nessuno lo ha mai scoperto. Ma la fine dell’ultimo principe siciliano ispirò a Domenico Modugno uno dei suoi brani più belli: Vecchio frac.

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Germano D'Acquisto
Quartiere Kalsa, Palermo

Segreti Liberty. «Napoli respira la commedia, noi respiriamo la tragedia», diceva l’attore Franco Scaldati, «in Sicilia, e a Palermo in particolare, tutto è mistero». Lo stesso che si respira tra i ficus giganti di piazza Marina, le cui radici contorte nei secoli si sono appropriate del terreno e delle architetture dimostrando, se mai ce ne fosse bisogno, che la natura domina su tutto. O il segreto che circonda i palazzi aristocratici che imitano le regge dei Borboni con le ville-albergo in stile moresco-liberty di imprenditori come i Florio o, infine, l’enigma che avvolge lo scheletro a cavallo che si vede nell’affresco Trionfo della morte nel Museo Abatellis. Eppure, passeggiare per Palermo è la cosa più semplice del mondo. Strade ben squadrate, dritte si incrociano formando una specie di rete, quasi a ricordare che ci troviamo in una città di mare.

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Germamno D'Acquisto
Street Art, quartiere Kalsa

Una costa tutta nuova. Ed è proprio il mare il punto di riferimento che aiuta a orientarsi.Il mare è il porto, dove le navi da crociera (e non solo) attendono di salpare. Il mare è il Foro Italico, il lungomare riqualificato (prima c’era un accampamento Rom), dove oggi i palermitani possono camminare sul prato che accompagnail tratto di costa. Famiglie che fanno picnic, coppiette, amanti del jogging che percorrono i 40 mila mq di parco urbano, fino all’Orto botanico, museo vivente. Il mare è anche e soprattutto Mondello, dove la sabbia è fine e l’acqua trasparente come quella di gettonati Paesi esotici.Il mare è anche la Cala, che indicava l’antico porto cittadino. Oggi il restauro dell’area firmato dagli architetti Sebastiano Provenzano e Giulia Argiroffi è considerato uno degli interventi che segnano la rinascita della città. Un luogo dimenticato che torna a essere centro di aggregazionee attracco di barche con le quali ci si sposta fino a Capo Gallo o a Isola delle Femmine o a Ustica, alla ricerca di polpi e ricci.

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Germano D'Acquisto
Orto botanico, Palermo

Affari di gusto. Alla Cala stazionano i venditori di anguria e fichi d’India ghiacciati d’estate e quelli del voluttuoso pani ca’ meusa tutti i giorni dell’anno. Sì, perché il palermitano non mangia per vivere ma vive per mangiare. Arancine (rigorosamente al femminile), panini con le panelle e crocché, maxibrioche strabordanti di gelato e panna, granite rendono la città un Eldorado della gola. Una delle istituzioni locali qui è Ninou’ ballerino, focaccere da quattro generazioni, noto perché cucina i suoi panini con la milza danzando. Il suo locale è il regno della gastronomia siciliana più hard. Leggenda narra che a una turista che gli ordinò una Coca light, lui rispose: «Signora, qua di light non è rimasta nemmeno l’aria!». Per i palati più sofisticati esistono dolci d’ultima generazione, inventati da maestri pasticceri: dalla torta Setteveli di Cappello alle Dita d’apostolo di Scimone. Non c’è bar o rosticceria che non abbia i posti occupati da mattina a sera. I giovani amano via dei Candelai, dove si suona musica fino a tardi, e piazza Rivoluzione, invasa da creativi e hipster e da bar che servono le migliori birre artigianali siciliane a km 0. Le viuzze che collegano piazza Verdi alla chiesa dell’Olivella, fino a pochi lustri fa erano out, specie dopo il tramonto. Ora sono un susseguirsi di locali aperti fino a tardi.

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PinkSummer Contemporary Art
Peter Fend

Anomalia vincente. È tra questi vicoli che bisogna cercare l’anomalia di questa città, che accoglie stranieri da millenni trasformandola diversità in ricchezza. Proprio qui, alle ultime elezioni, si è registrata la débâcle di chi ha alimentato l’idea dello scontro di civiltà (Meloni e Salvini hanno racimolato il 2%). A Palermo infatti vige un modello di integrazione in controtendenza col resto del Paese. Ecco perché, camminando per le stradine strette del centro, si matura l’idea di una città consapevole della propria eccezione. Una ricetta che Palermo ha nel suo dna e che oggi appare quanto di più moderno in Italia. Perché una città libera dalla paura del “diverso” si apre al mondo e segna una strada originale per l’Europa.