C’è un posto a Venezia dove sembra di non essere a Venezia. In Laguna, a 20 minuti a nord rispetto alla città, lasciate le folle di turisti a Rialto e piazza San Marco, si naviga tra Burano, Torcello, Mazzorbo e altre piccole isole. Siamo nella Venezia Nativa, dove è iniziata la storia che rende oggi questa città così speciale.

Queste isole, di notte deserte, sono poco affollate anche di giorno - esclusa Burano. A differenza della città hanno saputo mantenere una pace capace di entrare nell'anima e di restarci fino a quando non si torna con i piedi sulla terra ferma.

Sulla piccola isola di Mazzorbo, collegata a quella di Burano con un ponte, un giovane trentenne Matteo Bisol (figlio d’arte nella viticoltura) porta avanti con passione un progetto contro tutte le normali logiche veneziane. Punta sul turismo lento, non invasivo, per pochi... e per questo di lusso.

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Courtesy Photo: Tenuta Venissa
Vista di Mazzorbo e Burano

Arriviamo a Venissa in barca (ma l'isola si raggiunge anche in vaporetto, che lascia proprio di fronte alla tenuta). Venissa, come era chiamata un tempo Venezia è il nome della tenuta di Matteo e del vino che lì viene prodotto. Vino a Venezia? Oh yes! Dieci anni fa vedendo una vite sull’isola vicina di Torcello, il primo insediamento veneziano - dove si può visitare la basilica più antica di Venezia le cui fondamenta risalgono al 639 - il papà di Matteo, famoso produttore di vini e prosecco, scoprì che a Venezia coltivare uva e produrre vino era normale.

A Mazzorbo Matteo produce tremila bottiglie l’anno di Venissa, il vino ottenuto dall’uva Dorona, nativa di Venezia e impossibile da trovare da altre parti e amata un tempo dai dogi della città. È un vino davvero unico, da degustazione. Insieme con il proprietario dell’Isola Santa Cristina, René Deutsch, Matteo produce anche un vino rosso, Venusa, e delle composte.

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Courtesy Photo: Tenuta Venissa
Case colorate di Burano

Nella piccola tenuta di Venissa si può stare ore e ore semplicemente seduti nel giardino ad ammirare i filari di Dorona e il campanile dell’antica chiesa (curiosità: le campane sono state spostate nella chiesa di Santa Cristina, sempre a Mazzorbo, e sono le più antiche d’Europa). Poi quando viene fame entra in scena la cucina di Francesco Brutto. Per pranzi più veloci c’è l’Osteria, per gli amanti della tavola c’è invece il ristorante con una stella Michelin.

Mazzorbo è il punto di partenza ideale per esplorare la laguna. Da qui, con un giro in sandolo - non chiamatela gondola - si raggiungono Torcello, l’Isola di San Francesco al Deserto e altre piccole isole, ognuna delle quali un tempo rispondeva a uno specifico bisogno.

È nel silenzio della navigazione senza motore che si entra in contatto con la vera anima di Venezia, pacifica e dura al tempo stesso - come i veneziani. A seconda delle stagioni si impara qualcosa di diverso. Tutto l’anno rimane valido un insegnamento: quello della pazienza. Qui tutto si fa ancora come una volta: i pescatori si prendono cura tutto l’anno delle moeche (piccoli granchi che si mangiano fritti quando hanno appena cambiato il guscio) ma hanno solo 24 ore e devono per tirarle fuori dall’acqua e metterle in tavola. Loro sanno quando è il momento, conoscono ogni segreto della Laguna. Conoscono i suoi tempi e li rispettano. È un ecosistema in perfetto equilibrio.

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Courtesy Photo: Tenuta Venissa
Venissa con l’acqua alta.

La magia vera accade la sera, quando tutti i turisti se ne vanno. E invece noi restiamo. Ci sono poche possibilità per dormire in Laguna. Si può stare in una delle stanze di Venissa a Mazzorbo oppure in una delle camere di Casa Burano, il primo albergo diffuso dell’isola. Passeggiare per le calli deserte e colorate la notte e svegliarsi in una Venezia deserta è un privilegio che non si scorda facilmente.