In un maxi-trullo di un antico villaggio della valle d’Itria, Cisternino (nella lista dei borghi più belli d’Italia), c’erano una volta due principesse, Angela e Micaela, figlie di Giuseppe Santoro, il re del capocollo di Martina Franca. Non essendo nato già sovrano, fin da ragazzo Giuseppe aveva capito che, per andare a comandare sugli insaccati di Puglia, non gli sarebbero bastati solo il talento da norcino e l’esperienza nelle macellerie locali. Avrebbe avuto bisogno di una grande azienda familiare, di quelle in cui i saperi si tramandano di padre in figlio, possibilmente tutti maschi, corpulenti e avvezzi ai suini fino a due quintali. Potete immaginare allora la prima sorpresa di Giuseppe quando si ritrovò per uniche discendenti due bionde decisamente rock, e per giunta fashioniste fin dalla culla. Quello che non potete immaginare è la sua seconda sorpresa, il giorno in cui capì che proprio quelle due fanciulle – che di lì a poco tutti avrebbero conosciuto come #leSantorine – erano il vero segreto del salumificio che stava creando, insieme al fidato cavaliere Piero Caramia, e i cui prodotti sarebbero stati venduti all’ultimo piano della Rinascente a Milano, da Harrod’s a Londra, alla Grande Epicerie de Paris nelle sedi di Eataly. Un miracolo: né più né meno che se gli avessero detto di aver visto un maiale che vola, da Cisternino a New York.

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Il valore delle Santorine è da sempre duplice. Per rendersene conto basta uno sguardo ai loro outfit su Instagram e un altro alle loro presentazioni dei prodotti, su YouTube. Metà icone fashion, metà imprenditrici d’assalto (con l’aggiunta di sale e spezie nobili, senza additivi). Metà mattatrici social, metà regine delle fiere, dei festival, della mondanità enogastronomica italiana. Non puoi non notarle ai loro stand, in mezzo a quegli omaccioni che, per quanto possano mettersi in ghingheri, non potranno mai indossare un tubino nero con la loro stessa classe.

Le Santorine ti guardano con quell’aria di chi, con la stessa facilità, saprebbe consigliarti il migliore coiffeur di zone altrimenti impervie per farsi la piega, come l’agro di Locorotondo, e intimidire un maiale a mani nude, con l’eccezione di una passata di smalto rosso sangue sulle unghie. Angela è la saggia e posata delle due (si fa per dire). Dopo una discreta carriera da pallavolista, musa degli ottici glamour di tutta la Puglia, è la responsabile di marketing e comunicazione dell’azienda. Micaela ha cambiato negli ultimi dieci anni una media di almeno un colore di capelli l’anno e, nonostante si occupi di amministrazione e contabilità, è chiaramente una principessa del popolo.

La chiave del successo delle Santorine è che hanno fatto loro la più importante lezione di Lady Oscar, con una semplice ma significativa variante: anche nel budello eleganza c’è. Perché loro non fanno la guardia alla regina Maria Antonietta ma alla mortadella artigianale (la Santorella) e non conoscono altra Versailles se non il loro stabilimento immerso nel verde. Il manifesto poetico delle Santorine, riassunto in una sola immagine, non può che essere quello che vedete in questa foto. Le sorelle Santoro siedono in una cella di affinamento. Sono completamente attorniate dal loro prodotto di punta. Quegli insaccati altro non sono che i loro ritratti di Dorian Gray: più i capocolli invecchiano (fino a 200 giorni per il top di gamma Duecento, limited edition), più loro sono belle.

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Ora, al netto di quello che vi avrà raccontato chi è stato ospite in una masseria cinque stelle a Monopoli – o invitato a un matrimonio indiano a Fasano – in Puglia ci sono ancora cose che i soldi non possono comprare. Tra queste, il sorriso di una Santorina mentre taglia per te una fetta di filetto lardellato, nel corso del Capocollo Party. Questa festa è ogni estate, da quattro anni, l’evento culminante dell’anno per gli adepti del culto delle Santorine. Adepti che, nel tempo, hanno saputo trasformare la loro venerazione in ordini regolari. Per tutti gli altri, le porte sono chiuse. Se non sapete come procurarvi un invito, vuol dire che non lo avrete mai. È più facile che entriate negli skinny jeans di quando avevate 18 anni, che qui dentro. Il nome completo del Capocollo Party è più shakespeariano di quanto ci si possa aspettare da una convention di amanti del suino stagionato: Sogno di un capocollo di mezza estate, ed è un’invenzione dello stesso demiurgo che battezzò le Santorine col nickname che poi è diventato un brand (lui preferisce restare anonimo).

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Come tutti i raduni di fan che si rispettino, anche questo ha i suoi rituali: la visita esclusiva all’interno dell’azienda, guidati dalle Santorine; la data segreta, rivelata solo ai fedeli; il consumo esclusivo di prodotti di origine pugliese (perfino l’acqua minerale è pugliese, la Orsini). Nell’edizione dell'estate 2018 ci saranno alcune novità, che riveliamo in esclusiva. Si dice che potrebbe esserci Pier Daniele Seu, di Pizza Seu Illuminati a Roma, che più di ogni altro sta contribuendo a trasformare la figura del pizzaiolo, da anonimo artigiano a rockstar (con tatuaggi e groupies annesse). Potrebbe preparare la sua pizza SANTO/rini, con fior di latte, fiocco della Tuscia, misticanza, gel di mandarini e, appunto, il filetto lardellato Santoro. Si dice che sarà inaugurata una nuova terrazza panoramica sulla valle d’Itria. Infine, pare che quest’anno il Capocollo Party virerà più decisamente verso la liturgia. Ci saranno delle luminarie liberamente ispirate alle feste patronali salentine. E, tra mille luci, un capocollo verrà trasportato in processione, venerato come un piccolo santo, per poi essere, però, sacrificato.

ESTATE 2018 IN PUGLIA =

Diario di un Salento intriso di dive (da bere ghiacciate), registi russi (da dissacrare)...