Il paese più pazzo della Puglia si chiama Racale, si pronuncia Ràcale ed è veramente un Salento a parte. È uno dei pochi posti, da Otranto a Ostuni, che difficilmente qualcuno vi consiglierà di visitare. Anzi, nessuno ve ne parlerà. Una cartolina con dei “saluti da Racale”, in effetti, è un po’ inconcepibile, come una lettera di bestemmie affrancata dal Vaticano. Ma io vorrei mandarvela lo stesso perché, nella sua apparente dissennatezza e nei suoi contrasti, è un luogo incantevole.

Cara, elegante viaggiatrice, che arrivi a Racale solo per sbaglio e scorri veloce attorno ai rondò di questa cittadina a metà strada tra Gallipoli e Leuca – ma fuori da tutte le rotte – sperando di imboccare l’uscita giusta per tornare a casa, abbi il coraggio di scoprire un paese praticamente senza forma, e con solo sostanza. Hai ragione: la viabilità di Racale sembra stata progettata da un designer di zampironi. Ma le fascinazioni e i segreti che nasconde al centro delle sue spire, non li trovi nella masseria fortificata della tua normalità.

Tra tutti i comuni del Salento, e ce ne sono veramente di strani, nessuno sta fuori come Racale. Qui tutte le contraddizioni e le fascinazioni di questa terra sono fidanzate in casa. Qui il vecchio e il nuovo Salento, promessi sposi da anni, puntuali, ogni primavera si lasciano sull’altare. Ci sono palazzi e chiese da fare invidia a Specchia, il borgo che il primo della classe di questa parte di Puglia; e accanto interi isolati abbandonati, da sognarli la notte, abbracciati a un numero di Marie Claire Maison. A tratti la città sembra intonacata da poco, a tratti bombardata di fresco. Sembra sempre che manchi qualche pezzo, e spesso è meglio così.

L’attuale sindaco, Donato Metallo, ha avuto l’idea geniale di non rinnegare questa alienazione, ma di istituzionalizzarla. Per quest’estate ha organizzato una ricca rassegna culturale, e l’ha intitolata Città della follia, facendola aprire da una lezione di Roberto Vecchioni. Metallo, tra le altre cose, è stato il primo sindaco in Italia a condurre una battaglia per la cannabis terapeutica, e fa parte del direttivo dell’Associazione dei Comuni virtuosi.

"Bella, ma non ci vivrei. Non c’è abbastanza spazio per l’immaginazione”.

A Racale, in un dipinto murale dello street artist Ozmo, dedicato al Patrono locale San Sebastiano, il martire indossa intimo Dolce&Gabbana e, ad ogni freccia inflitta al suo corpo narbonese, viene assegnato un punteggio, visualizzato accanto alla relativa ferita sotto forma di pop-up. A pochi metri di distanza, un ex convento medievale ospita uno dei più bei ristoranti con locanda della Puglia, l’Acchiatura (che, in dialetto, significa, “ingente tesoro”), con un’incredibile piscina naturale sotterranea e una stanza da letto sulla cui volta a stella è trascritta un’intera cantica dantesca. Il tutto convive in un solo isolato, in una sola piazza, a volte in una sola testa. In piazza San Sebastiano c’è l’ultima insegna di “cappellaio” rimasta in piedi nel Salento (chiedo: va da sé che sia matto?). Nella frazione marittima del paese, Torre Suda, i cordoli delle piste ciclabili seguono lo stesso colore guida delle recinzioni delle villette: turchese.

Quando Anna dai capelli rossi, dopo anni di vita di orfanotrofio e poi di campagna, entra per la prima volta in una ricca casa cittadina (leggi: non semi-arredata), esclama: “Bella, ma non ci vivrei. Non c’è abbastanza spazio per l’immaginazione”. Ecco, a Racale c’è molto spazio per l’immaginazione. È l’ultimo centro storico salentino dove sia ancora possibile reinventarsi un intero palazzetto d’epoca senza essere costretti a impegnarsi la prima casa, per comprarlo già gentrificato da notai triveneti o da nobildonne inglesi. Racale, in questo senso, è un luogo ancora in buffering, ma non per questo meno bello. È un Salento low-fi, alla Minecraft, ancora da fabbricare, andando in giro con un piccone a fare scorta di materiali utili per la costruzione, magari col meglio delle cose che sono andate bene, evitando di rifare quelle che sono andate peggio.

Qui non vivono celebrità, né locali, né tantomeno forestiere.

Non è un caso se, da lontano, sulla città incombe lo skyline di Castelforte, la più folle delle architetture salentine di sempre. È un intero villaggio in stile eclettico: come un quartiere Coppedè, ma più stravagante, vuoi perché sulla sommità di un poggio, vuoi perché nel mezzo della campagna salentina. Fu costruito per volere di un medico, negli anni ’40, per farne un centro di cura. Dalla superstrada Gallipoli-Leuca è irreale, con la sua altissima torre, che sembra in procinto di decollare, come un missile, verso chissà che futuro; le sue forme e i suoi colori da fortezza della fantasia; il suo mulino a vento in stile olandese, le cui pale non si muovono mai di un millimetro. È chiuso al pubblico.

Non è un caso nemmeno se proprio a Racale è in costruzione la più moderna e innovativa biblioteca della Provincia di Lecce – con i videogiochi narrativi accanto ai libri – ancora una volta grazie all’intraprendenza e alla follia locale.

Qui non vivono celebrità, né locali, né tantomeno forestiere. Per arrivare a una residente famosa, bisogna risalire a Porzia de’ Tolomei (baronessa di Racale dal 1528 al 1595), ma è famosa perché una sua antenata – Pia, ma non è proprio sicurissimo – fu inclusa da Dante nella sua Commedia. E perché rese Racale, nella sua epoca, uno dei centri più popolosi del Salento.

Quei cornetti dal sapore antico sono carichi di creme fin dentro le doppie punte

Fra le psicosi di questo posto, infatti, c’è che la gente è così umile e laboriosa che finisce per fare ancora meglio il mestiere che sa già fare. Prendi due esercenti, Causo e Murrieri, che sono rivali come i Bernini e Borromini della pasticceria locale. La specialità della Dolceria Causo sono le “Bontà”, piccoli miracoli di architettura dolciaria, agglomerati sottilissimi di nocciole e mandorle, così ben distribuite da farli sembrare leggeri come lingue di gatto, e apprezzare da Londra a Parigi, da Toronto a Dubai. Il punto di forza di Murrieri, invece, sono i pasticciotti, che rivaleggiano, nelle infornate migliori, anche con quelli del loro inventore, il leggendario Ascalone, dal 1700 a Galatina.

In alcuni casi questa gente diventa talmente brava da generare follia, a sua volta, anche nei suoi clienti. Conosco un filosofo salentino fatto e finito, uno di quei tipi mens sana in corpore sano che, ogni giorno d’estate, guardacaso sempre all’ora di colazione, esce di senno e, da Leuca, prende la macchina e va a Racale, divora uno o due dei cornetti del Bar dello sport, e torna a Leuca. Sono 35 chilometri ad andare e 35 a tornare. Quei cornetti dal sapore antico sono carichi di creme fin dentro le doppie punte, e hanno un peso specifico così elevato che non sembrano riempiti di cioccolato, ma sembrano di cioccolato.

la cucina di Marcella è sconfinatamente buona perché lei conosce i suoi limiti, di spazio e tempo

In altri casi la follia fa il giro completo e diventa sanità. Se volete fare un regalo a un amico che non è mai stato in Salento, o non ci ha mai mangiato (il che è la stessa cosa), ditegli di prenotare una cena a Racale da Marcella “la Cantiniera”, e sbrigatevi perché agosto è vicino, e Marcella è a numero chiusissimo, tipo università dell’Ivy League. Al telefono, bisogna ricordarle del fabbisogno di almeno 10 bombette pro capite, più un giro di mini hamburger di carne e uno di pesce. Al resto pensa lei. Fonte di beatitudine psicofisica per una dozzina di candidati per serata, la cucina di Marcella è sconfinatamente buona proprio perché lei conosce i suoi limiti, di spazio e di tempo, e li sfrutta a vostro vantaggio, preparando praticamente tutto sul momento. Seduti in un giardino segreto a lume di candela, che si rivela come per incanto dal vicolo anonimo in cui è nascosto, godete di questa metafora meravigliosa di come dovrebbe essere tutto il Salento: a numero chiuso, o perlomeno a turni perfetti.

Racale è il brutto anatroccolo dei paesi salentini, ma l’ameremmo anche se non diventasse un cigno

L'evento principe dell'estate racalina 2018 non sarà un concerto di De Gregori, come nella vicina, splendente Presicce (scelta da Ferrero Rocher per la pubblicità di Natale), ma un incontro di pugilato Italia-Romania, in cui sarà presente anche un campione locale: l’ugentino Antonio Carafa. L’attesa è febbrile, almeno quanto quella di un Muhammad Ali vs George Foreman. Ironia della sorte vuole che l’incontro sia proprio nella stessa serata di De Gregori, il 19 agosto: una sfida nella sfida. Mentre chiedi all’allibratore che è in te a quanto daresti l’evento di pugilato vincente, ti rispondi che forse è vero che Racale è un po’ il brutto anatroccolo dei paesi salentini, ma è ancora più vero che l’ameremmo anche se non diventasse mai un cigno.