L’arte dei muretti a secco è Patrimonio dell’umanità. Lo ha annunciato l’Unesco con un tweet, congratulandosi con i paesi europei che hanno presentato la candidatura: oltre all’Italia, la Croazia, Cipro, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera.
“L’arte del muretto a secco” riporta la nota dell’Unesco “riguarda il know-how relativo alla realizzazione di costruzioni in pietra accatastando pietre l’una sull'altra, senza l’utilizzo di altri materiali, tranne che a volte di terreno asciutto. (…) La stabilità delle strutture è assicurata dall’attenta selezione e posizionamento delle pietre, e le strutture in pietra a secco hanno modellato numerosi e diversi paesaggi, formando diverse tipologie di abitazioni e vari modi di fare agricoltura e allevamento”.
La storia dei muretti a secco
La storia dei muretti a secco risale a migliaia di anni fa, quando erano usati dagli agricoltori per delimitare i confini dei terreni: il muro a secco è considerato il primo esempio di manufatto, primordiale architettura rurale presente in tutte le culture del pianeta, dai nuraghi della Sardegna alle architetture degli antichi greci e dei romani, fino agli altari costruiti dagli ebrei e raccontati nelle pagine della Bibbia.
In Puglia esistono muretti di epoca messapica, con una struttura a blocchi squadrati posati orizzontalmente, usati dai patrizi per delimitare tenute e poderi e dal volgo a delimitazione della piccola proprietà.
Con il passare dei secoli, la tecnica si è affinata ed è stata utilizzata per costruire anche delle piccole abitazioni, come i Trulli in Puglia o i Dammusi a Pantelleria.
Nelle zone collinari o di montagna si svilupparono raffinate tecniche di costruzione dei muretti a secco, usati per creare terrazzamenti adatti alla coltivazione, che oggi sono diventati parte integrante del paesaggio: è il caso dei Maixei, i muretti a secco liguri che disegnano le coste delle Cinque Terre o della Valtellina, dove esistono 2.500 i chilometri di muretti realizzati a secco usati soprattutto per i vitigni. In altre zone marine, come la Costiera Amalfitana, il muro a secco serve a difesa delle colture dagli agenti atmosferici.
La tecnica dei muretti a secco
La tecnica del muretto a secco si contraddistingue soprattutto per l’assenza di materiali e leganti come malta o cemento, con la stabilità assicurata dalla selezione delle pietre e dal loro posizionamento. Pur variando da regione a regione, e in base al terreno, le regole base per la costruzione di un muretto a secco prevedono lo scavo di una trincea di fondazione, lunga quanto il muro, e la successiva posa delle prime pietre su uno strato di terreno compatto e solido. “La pratica viene tramandata principalmente attraverso l'applicazione pratica adattata alle condizioni particolari di ogni luogo” spiega l’Unesco nella nota, e aggiunge “ i muretti a secco svolgono un ruolo fondamentale nella prevenzione di frane, alluvioni e valanghe, e nella lotta contro l'erosione e la desertificazione della terra, aumentando la biodiversità e creando condizioni microclimatiche adeguate per l'agricoltura”.
I muretti a secco oggi
L’arte dei muretti a secco oggi sta scomparendo per la mancanza di manodopera specializzata e perché l’agricoltura meccanizzata trova in essi un ostacolo. Oltre alla perdita di una testimonianza storica, la progressiva scomparsa dei muri a secco porta con sé anche un impoverimento del paesaggio e dell’ambiente: qui vive una ricca varietà di flora e fauna che è importante preservare, con forme di tutela istituzionale ma anche con iniziative come la Scuola trentina della pietra a secco, istituita nel 2013 all'interno dell'Accademia della Montagna e composta da un gruppo di lavoro che include diverse figure professionali tra cui artigiani, geometri, architetti e ingegneri.