La cabinovia si porta via gli ultimi sciatori e con loro le voci che coprono uno dei rumori più belli al mondo: il taglio netto delle lamine sulla neve. Rimangono solo due sciatori che non scendono a valle. Voi. La meta per i due è un gatto delle nevi appartato che guarda verso il lago Palù, specchio tra le curve della Valtellina. Il tipico gatto cela una grande cabina rossa dove, ad attendervi, vi è una camera arredata di tutti i comfort, tinozza dell’acqua bollente compresa e una vista impagabile. Il progetto - nato da Francesca Vismara ingegnere iper-creativa - era rendere una finestra sul mondo della montagna in mutazione, l’ambizione di farci ascoltare i rumori, della notte, del mattino, di guardare la neve come una tela bianca da dipingere il giorno dopo. Un rifugio in quota esclusivamente per due con servizio di colazione per risvegli con cibo locale (concedetevi la colazione dei campioni di sci: panino integrale con bresaola) e soprattutto cena con motoslitta e “chaperon” che porta al rifugio Palù per una cena tra pizzoccheri, spezzatino di cervo e vino rosso. Il nome di questa esperienza è ad alto tasso glicemico “Due cuori in pista” e la promessa è mantenuta: essere i primi a segnare le piste, addormentarsi con il vento che smuove la neve, guardare le stelle da una moto slitta che può solcare anche un lago ghiacciato. L’effetto Lapponia? È nella splendida Chiesa Valmalenco, provincia di Sondrio, eccellenza discreta a un’ora da Milano che mai come ora guarda al futuro del mondo dello sci e dei weekend emo-gastronomici (sì, non volevamo scrivere eno-gastronomici).

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Sabrina Falduto

Se il pacchetto di Due cuori in pista è la chicca da concedersi almeno una volta nella vita (un letto a matrimoniale parecchio conteso in alta stagione, capirete) il territorio della Valtellina ambisce a prendersi quello che gli spetta. Specie in una moria di piste sempre meno naturali e sempre più sparate ad arte. Meno scontato di Bormio e del suo impianto benessere che è un turismo a sé, più locale e di tradizione, il territorio della Valtellina ha nuove voci che stanno disegnando opzioni turistiche per il territorio. Per questo, una volta vissuta l’esperienza in quota, è doveroso scendere a valle e prenotare una notte al Wine Bnb, bed&breakfast nato nello storico palazzo Guicciardi di Sondrio: ad accogliervi troverete quattro camere dove legno nudo e pavimenti d’epoca convivono serenamente, per l’after-ski il calice vi attende nella sala degustazioni dove le eccellenze del vino valtellinese si provano e si guardano (il tavolo è una teca racconto dell’evoluzione del territorio) grazie all'etichetta Alberto Marsetti. Nella grande scalinata che dalle cantine porta alle camere troverete delle Bianchi d’epoca appese: sono opere d’arte installate per un progetto futuro che vuole portare le grandi corse vintage (al pari dell’Eroica di Gaiole in Chianti) tra i vigneti valtellinesi. Per cena c’è un indirizzo "classico" che fa sgranare gli occhi sia a una coppia di 50enni affiatati e “resident” quanto a un gruppo di amiche trentenni con le gambe stanche per la giornata di sci: è il ristorante Trippi, un’apparente villetta con giardino che al suo interno ha i calori e i colori della cucina di Gianluca Bassola. Lo chef accetta pochi compromessi turistici al menu, anzi nessuno: tra un risotto mantecato e un calice di Inferno riesce a inserire con coerenza le acciughe cantabriche con burro e crostini di pane (atomiche). Peccato mortale: non ordinare il gelato artigianale in purezza.

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Cose che non ti aspetti da luoghi che si danno troppo per scontati? Che la didattica si unisca all’arte contemporanea, che le vecchie mura si convertano a nuovi impulsi montanini e che le nuove generazioni non vogliano abbandonare le tradizioni di famiglia. È quello che è successo, in un fil rouge per nulla nascosto, al Castel Masegra dove è sorto il museo delle storie di montagna, CAST: suddiviso in tre aeree, racconta le imprese e gli eroi dall’alpinismo all’arrampicata passando per ecologia e futuro. Metodo narrativo vincente: le installazioni che necessitano iterazione di Studio Azzurro, geniale caposaldo della museologia italiana. Blocchi di granito che spiegano quanto l’uomo ami rischiare tra le più alte vette del pianeta, tomi digitali che raccontano le cordate dei giganti impegnati sugli Ottomila. Siamo protetti dai cieli montuosi, e qui la storia è tutt’altro che un imperativo noioso. Prima di rientrare in città da vette di vetro l’ultima mantecatura di cui godere è da Stella Orobica, azienda agricola giovane che porta avanti con orgoglio fattoria e qualità, forme di formaggio da acquistare al banco prima di pagare il conto (di una scaloppina o di un risotto alle erbe). I weekend romantici, le settimane bianche, i giorni sulle piste da sci: piccoli grandi orgogli territoriali con storie ancora da raccontare.

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