Guardiamo immagini di un’Italia che una volta era tutta a portata di mano e vorremmo tornarci subito, calpestare cardini e decumani, selciati secolari, sederci all’ombra di alberi fioriti, giocare a calcetto davanti a un pubblico di pensionati, spettegolare sulla panchina di un lungomare qualunque. Sposarci, risposarci e baciarci per lunghi minuti in riva a un duomo. Ma ora che siamo costretti a immaginare la provincia italiana dalle fotografie e che ci mancano le sue sorprese, ci rendiamo anche conto che non la dovremo più trattare come un luogo comune. Come abbiamo fatto per decenni distinguendo tra provinciali e cittadini. O relegandola nelle drammatiche scene di Martinengo e Treviglio nel L'albero degli zoccoli di Ermanno Olmi. O, ancora, celebrando eroi ed eroine giunti al successo come le sorelle Fontana, che da sarte di Traversetolo (Parma) diventarono stiliste per Ava Gardner e Liz Taylor a Hollywood. È bello oggi non sentir più pronunciare l’orrenda definizione di “zona depressa” con cui lo Stato motivava aiuti e agevolazioni. Quelle erano aree piagate da ferite immani, inondazioni, terremoti, analfabetismo. Il Nord Est, il Mezzogiorno, i borghi isolati della Sila. Gli strali meteo e geologici ci sono ancora ma si ricostruisce più in fretta e meglio. La provincia supera ogni volta l’esame di autostima, e ogni volta fa nascere nuove eccellenze.

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Daria Addabbo
Festa patronale a San Lussorio Arbus, in provincia di Cagliari.

Fino alla fine degli anni Settanta il racconto della provincia aveva come protagonista una geografia minore, da cui scappare, sperando di sfrecciare su un’autostrada nuova di zecca verso una vita migliore. Poi è partita la retorica del ritorno, del borgo a misura d’uomo, della vacanza intelligente, in cui il ceto medio cittadino andava in giro rimembrando l’infanzia contadina. Senza rimpiangerla però. Anzi, guardando un po’ dall’alto in basso chi non si era evoluto. Oggi che i luoghi comuni sono svaniti, non ci vergogniamo più di arrivare da lì. Esibiamo fieri le radici che dimostrano una storia, che finiamo per raccontare su Instagram con l’hashtag #luoghidelcuore. Con orgoglio pensiamo: depresso sarà chi si tuffa nelle sedute di meditazione perché non ha mai camminato un’ora in campagna dentro la nebbia fitta, quella nuvola lattiginosa e poetica che mette in riga i pensieri. Il luogo comune della provincia è svanito perché la provincia non esiste più e per definirla usiamo parole molto più interessanti. I fortunelli si possono vantare di essere dentro qualche area metropolitana di una grande città anche se sono tra quei 5.500 (su 7.900) comuni italiani con meno di mille abitanti. Poi c’è “territorio”, termine magico che significa già “cibi sani, mani sapienti, nonne senza additivi, vocazioni agricole, vitigni autoctoni”. E i “distretti”, pieni di artigiani del mobile, dell’oro e della moda, di ingegneri dell’eccellente industria elettromedicale, degli scienziati dei materiali che plasmano il grafene per costruire oggetti indistruttibili. La vecchia gita fuoriporta è diventata “turismo di prossimità”, mentre chi compra un paese diroccato e invita i turisti, realizza un magnifico esempio di “albergo diffuso”.

spiagge bianche, rosignano solvay, livornol'insolito colore bianco della sabbia è conseguenza di anni di scarichi di carbonato di calcio da parte di un impianto della fabbrica solvay, che la rende tra le spiagge più inquinate d'italiapinterest
Daria Addabbo
Le spiagge bianche di Rosignano Solvay, in provincia di Livorno.

Non sono solo ipocrisie linguistiche, sono spesso realtà, famose o anonime. Dal borgo umbro di Solomeo (436 abitanti) arriva tutta l’energia di Brunello Cucinelli che ha conquistato il mercato con il cashmere e con la sua filosofia. Ma poi si scopre che da Andria, in Puglia, è partito il successo di Maurizio Lotito, 42 anni, fondatore di Postpickr, una delle tre piattaforme più importanti al mondo per la gestione professionale dei social media. Ad Andora (Savona) invece è tornato da un po’ Alessandro Avallone, classe 1987. Noto come Stermy, è un pro-gamer, “atleta” professionista di e-sport. Negli ultimi 15 anni ha vissuto in California e a Londra, ha giocato, vinto e guadagnato tanto in giro per il mondo, salendo sui podi più prestigiosi dei campionati tra videogame. Fondatore della piattaforma FaceIT (174 dipendenti) è dispiaciuto che l’Italia sia «ancora indietro nel florido mercato degli sport». Ma non dà certo la colpa alla provincia. Se vivesse a Roma o Milano, la scarsa considerazione che c’è per chi fa il suo mestiere non cambierebbe. Ha dichiarato più volte che nell’immaginario dei genitori italiani è sempre il calcio di serie A a vincere come idea di carriera per i propri figli. Come dire, nella sua visione la provincia è ancora un confine soprattutto mentale.

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Daria Addabbo
Passeggiata serale a Villalago, L’Aquila.

Che però mostra molte crepe parlando con Giampaolo Oliviero, 60 anni, da Adria (Rovigo): studi di economia civile, ecologia della mente e filosofia, ha appena lanciato Pixag, startup di agricoltura digitale, con un socio in smart working, Bruno Basso, scienziato del suolo della State University. Già con Cultiva aveva costruito la rete mondiale dell’orticoltura sostenibile. Con Pixag, ora, è pronto a offrire sostenibilità e trasparenza delle filiere grazie alla tecnologia. E lo fa divertendosi: «Mettiamo sensori nelle piante per prevederne il comportamento, sorvegliamo le coltivazioni con i droni, con lo scopo di eliminare le emissioni di monossido di azoto in agricoltura». Ma tutto questo, avverte, funziona solo se l’umano si mette in connessione con il pianeta e smette di puntare a guadagnare più del suo vicino. «Io non perdo la memoria del passato, le mie radici sono qui, mangio la pancetta all’antica fatta da mia zia ma sono più incuriosito dai droni, dal futuro». Storie infinite di un made in Italy di cui la nuova provincia è il nido ideale. Raccontarle tutte non è possibile, perché gli intrecci tra cose e persone, filiere e cervelli, Brunelleschi e Renzo Piano, spiagge e ricamatrici non finiscono mai.

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Daria Addabbo
Il centro storico di Gubbio.

È un tutto incompatibile con qualunque confine amministrativo: «Non ho mai considerato la provincia una provincia rispetto a un centro», ci spiega l’editrice Elisabetta Sgarbi, che all’immagine poetica della provincia ha dedicato il film Deserto Rosa, racconto di Luigi Ghirri e della sua opera fotografica. «È solo un confine politico. Ma a livello culturale ha espresso e continua a esprimere eccellenze. Io sono nata e cresciuta in un borgo di poche anime, ho studiato a Ferrara, vivo a Milano ma non direi mai che Ferrara è una provincia». Forse avevano ragione gli scrittori cyberpunk che, negli anni Ottanta, prevedevano che il pianeta Terra sarebbe diventato un’unica immensa metropoli. Magari è successo nel 2020 e non ce ne siamo accorti: se a Milano oggi si abbandonano gli uffici per tornare al paese d’origine e svolgere le stesse mansioni in smart working (200mila i lavoratori persi dalla città negli ultimi 9 mesi), l’andirivieni centro-provincia è irrinunciabile, spiega la Sgarbi: «Il viaggio Ro Ferrarese-Milano mi definisce più di quanto non lo faccia la mia formazione a Ro o la mia crescita professionale e umana a Milano. Non potrei fare a meno di tornare a Ro per ritrovarmi, risentire le voci dei miei genitori, perché la vita ci disperde, lasciamo pezzi di noi in giro. Ma non potrei nemmeno rinunciare a Milano». La lacerazione finisce lungo la strada: «Sto bene veramente in quel tratto di A1/A13 che collega i due poli».

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Daria Addabbo
Sul treno regionale che da Anzio porta a Roma.

È un buon compromesso definirsi in un viaggio, ma il lockdown ha bloccato gli spostamenti. Eppure i trentenni, definiti i nuovi emigranti italiani, sembrano confidare in un ritorno alla normalità. Continuano a fare avanti e indietro con Zoom da Los Angeles a Bressanone, da Londra a Cesenatico. Come Mirco Mariani, che ha fondato la band Extraliscio e un genere musicale: il punk da balera, in una sorprendente fusione tra il mood di Brixton e quello di Pinarella. Il gruppo romagnolo ha realizzato la colonna sonora dell’evento sportivo più nazional-territoriale che ci sia, il Giro d’Italia 2020. Ha partecipato al Festival di Sanremo, ma l’obiettivo è chiaro da prima: «Infondere la speranza che il distanziamento finirà. E il liscio, il ballo di coppia, per noi è il simbolo del ritorno alla normalità. Un signore anziano mi ha detto che dopo la Seconda guerra mondiale i primi negozi che tornarono a fare buoni affari da queste parti furono quelli di strumenti musicali. Non è bellissimo?». Giusto. Era tutto così cantabile, perfino le corriere, le rose nel cellophane, la campagna che abbaiava in attesa del Giro. Riscoprire la provincia ispirerà ancora canzoni. Anche se dovesse esserci un drone al posto della «luna in fondo al blu».

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Daria Addabbo Courtesy Jaca Book
Le immagini di questo servizio fanno parte del progetto, durato dieci anni, della fotografa Daria Addabbo sui luoghi e la vita della provincia italiana. Parte del suo lavoro è raccolto nel libro Un altro giorno è andato con la prefazione di Gino Castaldo, dedicato a Francesco Guccini: il cantautore che più degli altri ha racconto la provincia nelle sue canzoni (Jaca Book).