L’unica luce verde che ti acceca a Milano è, al massimo, quella dei semafori, che ti abbaglia a sorpresa mentre guidi la notte. Un’iniezione cromatica artificiale che ti fa venire voglia di premere il piede sul freno, fare inversione a U e tornare indietro. Giusto una manciata di ore, nient’altro, i chilometri che servono per impermeabilizzare i cinque sensi con quei Pantone infiniti di verde che solo le Langhe possiedono. Con quei profumi di nocciole e uve in divenire. Con quei filari a perdivista che ti sembra di sfiorare con le mani dal finestrino abbassato. Con la salivazione accelerata per quello che (non) ti aspetti succederà di lì a poco sul tuo palato. Tipo che una maionese di foie gras ti bacerà le labbra, una quenelle di chantilly al lime affonderà fra le tue guance, una cascata di Barolo si inerpicherà sulla tua gola. E anche se state indugiando in tutti e sette i vizi capitali, gola in primis, potrete contare sul beneplacito silenzioso (e solidale) delle colline patrimonio UNESCO. Un anfiteatro prezioso, scenografia e protagonista al tempo stesso, dove un orafo del paesaggio ha incastonato Réva, resort di charme nato dalle antiche mura di un casale di campagna del XIX secolo. Pendii morbidi, scorci che sono colpi al cuore, filari di vigne di cui non ci è dato sapere il punto di inizio e quello di fine, è il paesaggio-perimetro del wine resort immerso nella natura, protetto dalla natura, devoto alla cultura del territorio, all’enogastronomia di qualità e al relax totale (P.S. In camera non troverete televisori quindi parlate, stappate un vino, fate l’amore, fate voi).

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Courtesy RÉVA

“Crediamo nel valore dell’esperienza, e che la cultura di un luogo - il contatto diretto con la sua natura, i suoi prodotti, le sue persone – siano parte essenziale di ogni soggiorno”, raccontano dalla struttura che sorge a Località San Sebastiano, nei pressi del borgo commovente di Monforte d'Alba, nel cuore della Langa del Barolo. Un progetto che affonda le radici nel rispetto della tradizione locale seppur con uno sguardo innovatore verso il futuro del turismo gentile. Traguardi concreti per un esperimento di hôtellerie nato per aria, letteralmente. Il CEO del gruppo Réva, Daniele Scaglia, e l’investitore del luogo, Miroslav Lekes, infatti, si sono conosciuti durante un volo. Complice una chiacchiera a tarda ora, una pizza condivisa all’atterraggio, un paio di idee comuni e, nel giro di una vendemmia, la tenuta dove oggi sorge il wine resort più intimo delle Langhe ha preso il nome di Réva, che in ceco significa “grappolo d’uva”. Omaggio al passato del luogo e al suo presente, che non ha mai perso la vocazione alla produzione di vino e nocciole. Il progetto di conversione della proprietà in azienda agricola è proseguito incessantemente, con l’inaugurazione nel 2016 del resort con 12 camere e suite, un centro benessere, due piscine e un campo da golf, circondato da un parco di 6 ettari, tra vigneti, noccioleti e un bosco.

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“Per noi il lusso è il tempo che si sceglie di dedicare all’arricchimento dei propri sensi, alla cura del corpo, all’esplorazione di un territorio che si presenta sincero e senza filtri. Un territorio in cui investiamo adottando pratiche sostenibili, affinché il suo fascino rimane intatto nel tempo. Un territorio, infine, che raccontiamo attraverso i nostri vini e i piatti del nostro ristorante, dove il qui e l’altrove si mescolano in un racconto di cucina unico”. Scrittore di questo racconto (d’autore) è chef Yannick Alléno, 6 stelle Michelin e la storia dell’haute cuisine francese, e mondiale, fra le sue mani. La sua visione si amalgama ai capisaldi del territorio piemontese, tra sapori e influenze locali, intuizioni e tecnicismi d’Oltralpe. “Daniele, tu es fou, mais je préfère (Daniele, sei pazzo ma io ci sto)”, è stata la risposta che Monsieur Alléno ha ribattuto alla proposta di Daniele Scaglia che, seduto al tavolo del suo impero parigino, lo allettava con l’idea di firmare il menu del ristorante di Réva. Dagli spazi una volta adibiti all’officina del fabbro è nato così Fre (che in piemontese significa proprio fabbro), il ristorante di alta gastronomia già insignito della prima Stella Michelin. Dove ai percorsi di degustazione che sono voli di andata e ritorno Monforte d’Alba-Parigi, complice il savoir-faire dolcissimo del pastry chef Tom Georges (“colpevole” anche delle vostre lacrime di gioia davanti agli sfogliati da colazione) è affiancata la carta dei vini Réva. 100% biologiche, le sette etichette provenienti dall’azienda vitivinicola di maison (che ospita anche visite e degustazioni) sono il risultato à boire del lavoro di un organismo agricolo che celebra il territorio in ogni sua forma, onorando il palato a ogni sorso. C’è la versione alcolica del lusso, calma, voluttà di Baudelaire del calice di Réva Grey, un sauvignon grigio rarissimo dalla grande mineralità, mediterraneità, tropicalità. C’è il vento del Barolo Ravera che di notte soffia fra le vigne regalando agli acini quel profumo balsamico che solletica l’olfatto, mentre il miele di castagno del Barolo Lazzareto lo coccola. C’è la storia di un’anfora che accoglie una malvasia moscata piemontese e la invita a giocare d’azzardo con lei. C’è…

Ma sei ancora fermo al semaforo?

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