I giornali francesi la chiamano la Landifornia ma a loro, i landesi, non piace tanto come etichetta, «mica abbiamo Los Angeles », si divertono. La città degli Angeli non c’è però 106 chilometri di spiaggia bianca, le dune, l’oceano e, soprattutto, il surf e tutto un lifestyle outdoor e lay-back rispondono presente. Perché le Lande francesi, questa regione al sud-ovest affacciata sull’Atlantico, è una delle mete dei surfisti in Europa, dagli anni 50: e Hossegor, Seignosse e Cap Breton ne sono l’epicentro. E nel mezzo spunta un’associazione, SurfElles, che di lasciare le onde esclusivamente all’altro sesso non ci pensa proprio. Ma non fraintendiamo: la località non fa separazioni di genere, anzi, qui la parola d’ordine è “rilassati” e vi vige una natura rigogliosa e ancora selvaggia tra salsedine oceanica, dune dorate e una foresta di pini endemici. “Noi ragioniamo in tempi di strada e non in chilometri, è come il Canada”, scherza subito un’abitante di Hossegor, per dire che lo spazio, vasto, naturale, è quello che amano tanto della loro regione. Un orizzonte di oceano, sulla costa, e di foreste al suo interno tra sentieri e piste ciclabili. Con tanti pini, endemici, e dei colori che sorprendono come quello della calluna, l’erica selvaggia, che tinge di sfumature violacee il sottobosco, anche in autunno. E poi l’Oceano, potente. Centosei chilometri di costa, per molti tratti selvaggia, zona naturale protetta, che regala un orizzonte blu. E la spiaggia, bianca, con le sue dune caratteristiche. E il vento, tanto vento. È così d’altronde che Hossegor è diventata un luogo di appuntamento dei surfisti del mondo intero. Tra Cap Breton, Hossegor e Seignosse – tre località limitrofe, una nell’altra, ne fanno quasi una sola – le tavole da surf e i van sono immancabili. Lo sa bene Julie Pollet che quindici anni fa ha lasciato il Nord della Francia per vivere vicino l’Atlantico: “c’è sempre più gente in acqua”, ride. Julie, una delle cinque fondatrici di SurfElles, parla con simpatia, con quei toni che vogliono includere. D’altronde, quest’associazione al femminile è nata per permettere alle donne che fanno surf di “incontrarsi e praticare assieme”, per condividere “i trucchi e le dritte”. Julie, che fa surf da 12 anni (e con il compagno gestisce anche una scuola, un negozio e una linea di abbigliamento, tutto dedicato allo sport), gli “spots”, i punti giusti, li conosce bene, te li racconta usando il gergo dei surfisti: evoca “gli spot di ripiego” dove si comincia o dove ci si mette in acqua quando l’Oceano è troppo arrabbiato altrove. “E quando le onde sono troppo grosse al nord si va al sud” continua, spiegando che un punto dove cavalcare le onde lo si trova sempre. Come lo spot di ripiego di Cap Breton, a ridosso del suo pontile dell’epoca napoleonica, l”’estacade”, dove si danno appuntamento quello che debuttano. Anche se Julie consiglia sempre ai principianti “di contattare una scuola, qui ci sono le maree, e le “baïnes”, queste correnti sottomarine che ti portano al largo e fanno paura – e non decidere da soli dove mettersi in acqua”. Per partecipare alle uscite dell’associazione bisogna essere membri ma “comunque rispondiamo alle domande di consigli e raccomandazioni che ci fanno sui social”, si affretta a concludere, “non vogliano escludere nessuno”.

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Quest’atmosfera laid-back, Hossegor è riuscita a travasarla anche nella sua zona industriale Pedebert. Quella che era una zona di “attività” con prefabbricati senza fascino è diventata uno dei punti di ritrovo alla moda. Perché i capannoni sono ormai sede di negozi a tema (tra cui la boutique Chipiron di Julie et Damien), di outlet di marche da surf ma soprattutto di indirizzi da Stories per Instagram, tra ghirlande di luci, sky-chair e terrazza in legno dove accomodarsi. Nel piatto, poi, si mangia vegano, bio e con tocchi di cucina sud-asiatica, ovviamente. Come ad Organico, fra gli ultimi arrivati a Pedebert ma che ha già conquistato i landesi, di passaggio e non. E per il caffè, ci si sistema sulle scalette-panche di Volt Café Brulerie, preferibilmente con una felpa a cappuccio, se non si vuole stonare. Ma in alta stagione, perché chiudono e si smontano da ottobre ad aprile, non bisogna dimenticare i “cabanon” direttamente sulla spiaggia, dove il tramonto si guarda in prima fila. Così rilassata Hossegor lo è da relativamente poco. La località stessa nasce solamente negli anni 30 da due architetti che vi immaginano il potenziale. A loro si deve l’insieme di ville dallo stile “basco” che si ammirano nel (piccolissimo) centro storico, come nel Café de Paris, o attorno al suo lago salato. Proprio il lago, che si percorre con una passeggiata di all’incirca 7 km, è il (secondo) cuore di Hossegor. Alcuni food-truck vi si sono parcheggiati sulla sponda, senza deturpare il paesaggio. Come quello delle sorelle del Mango Tree, che propone dei bowl esclusivamente vegetariani e con verdure coltivate nel loro orto. E quando si ordina il cappuccino, ti si chiede: “con quale (tipo di) latte?”. Sempre fronte lago, una villa basca, che tutti conoscono, è stata completamente ristrutturata e trasformata in hotel. A Les Hortensias du Lac l’affaccio è panoramico: la colazione si consuma sul deck in legno e si accede direttamente alla spiaggia lacustre. La luce dell’Atlantico è d’altronde protagonista: inonda i salottini lounge ma anche le camere. Complici le vetrate che sembrano tuffarsi nel lago. Anche la piscina domina il panorama e al ristorante gastronomico, dove lo chef Philippe Moreno gioca con il pescato, la sera danno la copertina-plaid per coprirsi le gambe dalle temperature fresche autunnali. E nella spa, un bagno nordico (da prenotare in anticipo) permette di stare a mollo e rilassare in muscoli.

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Ma è nella vicina Seignosse che all’Oceano si aggiunge un bagno nel verde. Letteralmente. In mezzo ai suoi pini, alti e slanciati, si organizzano dei “bains en forêts”, dei bagni in foresta, una specie di meditazione silvestre. O semplicemente vi ci immerge nei suoi sentieri, oltre 40 km ben segnalati (gli itinerari sono da scaricare qui). In questo cuore verde, con affaccio sul terreno da golf, è fresco di apertura (la primavera scorsa) il 70 Hectares et … l’Océan. Un vecchio edificio, abbandonato per anni, è stato rimodellato come un lodge americano con tanto di piscina. Poche camere (una trentina), dal design curato, che giocano con la foresta: si è immersi nei pini e avvolti nel confort. La poltrona a sdraio del balcone è indispensabile e il caffè della mattina lo si sorseggia ascoltando gli uccellini. “Ma l’Oceano l’avete visto? Si scorge al di là degli alberi”, fa notare la ragazza alla reception. Prima di aggiungere “Oggi andate a fare surf? E dove?”. Nelle Lande una surfista ne nasconde un’altra.