Vacanze esagerate a Dubai
Beach, nuovi hub creativi e ottimo cibo italiano: ecco le novità della metropoli cresciuta nel deserto degli Emirati.
Pensate che Dubai sia un enorme parco gioco? Ebbene, lo è: scintillante, e-s-a-g-e-r-a-t-o e incredibilmente divertente. Ma non solo: mentre comincia a pensare a Expo 2020, e a come stupire i 20 milioni (!) di visitatori previsti, la città non si ferma. Perché qui solo «sky is the limit», l’unico limite è il cielo. E bastano due luoghi-simbolo che ci fanno capire come la scommessa che Dubai e gli Emirati Arabi Uniti - una confederazione giovanissima, ha da poco compiuto 46 anni - hanno ingaggiato con il mondo.
Il primo è il Museo di Dubai , ospitato nel Forte di Al Fahidi, l'edificio più antico di Dubai, e, ovviamente totalmente rifatto. Piccolo e molto ben strutturato, il Museo permette una vivace immersione sensoriale nella vita degli abitanti del deserto: ci sono le tende beduine, i rumori del souk, cammelli, feluche con merci che arrivano da Yemen o dall’Egitto, c’è persino la sabbia… Dubai prima del petrolio, insomma: come a dire, ecco siamo partiti da qui.
Il secondo landmark è il Burj Khalifa, il grattacielo più alto e conosciuto al mondo (per poco: nel Dubai Mall, ai suoi piedi, si può già vedere il progetto del suo futuro rivale): 829 metri di orgoglio architettonico, stupefacente presenza quando alzi gli occhi al cielo e che dà il meglio di sé in «abito da sera», con le luci che la illuminano. Di giorno, le terrazze visitabili del 124° e 148° piano (meglio acquistare il ticket online permettono una visione a 360 gradi sopra la città. Svelando come sia ancora «in progress», con le gru che sembrano non fermarsi mai. E come le sporadiche macchie di sabbia gialla tra gli edifici e i cantieri siano destinate a sparire, «colonizzate» da altro, molto altro.
La buona notizia? Se in questo momento la Dubai in verticale di Downtown e del suo skyline scintillante sembra essere quella più turistica ed effervescente (rubando un po’ i riflettori alla balneare Jumeira), tutto il nuovo - anzi, il nuovissimo - che sta nascendo a Dubai preferisce la «misura d’uomo». Non ancora il low-profile, ma decisamente un linguaggio nuovo, meno urlato e per certi versi più «adulto». Provare per credere.
Si chiama DIDI, è il Design District di Dubai: palazzine hi-tech, ma anche piazzole arredate con arredi urbani d’avanguardia. Accanto alla carrellata di show-room del mobile, ecco gli healthy caffè dove impazzano insalate gourmand e centrifugati, che ogni giorno attirano giovani professionisti di tutto il mondo che lavorano qui e gli studenti del Dubai Institute of , il college progettato da Foster and Partners che nel 2019 ospiterà la Design Week: intanto, segnate in agenda.
Più mondana, notturna e a vocazione indie è la zona di BoxPark : non pensate a un parco, ma a una lunga strada, costellata di negozi, centri culturali e una miriade di locali. Tutti ospitati in cubi a uno o due piani di lamiera dipinta a colori vivaci, quella dei container recuperati e ristrutturati in maniera impeccabile e divertente.
Atmosfera quasi «europea» anche nel City Walk, un mall a cielo aperto che affianca l’omonima zona residenziale all’incrocio tra Al Wasl and Al Safa Road. Insieme a ristoranti e caffè che offrono menu «all over the world» e a prezzo accessibile - dal turco al jap, al veggie - sugli edifici dei building va in scena una carrellata di opere di street-artist notevoli, a cominciare di Alexandre Farto, alias VHILS, che realizza figure grandi come una parete scarnificando il cemento. Ve lo aspettavate a Dubai l’arte di strada, e per di più in open source?
Inaspettato e sorprendente e anche l’hub di Arserkal Avenue (https://alserkalavenue.ae), un complesso di magazzini industriali trasformati in spazi creativi e luogo di eventi. La galleria d’arte contemporanea Leila Heller ha scelto di sistemarsi qui insieme a una dozzina d’altre. Ma ci sono anche piccoli gioielli come la fabbrica di cioccolato Mirzam, dai mille gusti esotici realizzati «in diretta» - o la boutique di kimono arabeggianti e abbaia CHI-KA, realizzati dalla coppia di coniugi di Belgrado Nemanja Valjarevic e Nina Trojanovic. Tutti felicemente aggregati in una zona industriale riconvertita, con al centro una sorta di totem concettuale, il cubi Concrete progettato da OMA, lo studio d’architettura di Rem Koolhaas. Non è un caso che Arserkal sia la meta di riferimento per una schiera di expat in cerca di novità «non omologate». Li si incontra da Wild & The Moon, il bistrot importato da Parigi con cucina 100% bio. Un consiglio: poiché Dubai è davvero una città "work in progress", un modo per tenersi aggiornati sulle è consultare Visit Dubai, il sito (in italiano) curato dal Dipartimento del Turismo, efficace e sempre aggiornato.
A PROPOSITO DI CIBO…
Può non stupire, ma certamente un po’ inorgoglisce: nella sfavillante Dubai, oggi al top delle preferenze c’è il cibo italiano. Non è un caso che Cova stia aprendo qui e che il menu «made in Italy» rivisitato di Niko Romito sia tra le attrazioni del nuovissimo Bulgari Resort. Nel nuovissimo hotel Adress Boulevard , - un’oasi di comfort elegante nel cuore della Downtown - lo chef Giorgio Maggioni sta sperimentando con successo una formula di servizio «acca 24», che va dalla colazione prolungata (vale la visita!), al brunch del venerdì a bordo piscina (con vista su Burj Khlifa), ai piatti che privilegiano ingredienti freschi e cotture leggere, come nella miglior tradizione nostrana. E su tutti c’è il Borro, bistrot toscano che nel menu osa persino pappa al pomodoro e cantucci, ed è stato decretato miglior ristorante di Dubai nel 2017.
SHOPPING, FINALMENTE
Certo, la vocazione consumistica di Dubai non si discute - ma del resto, c’è VERAMENTE qualcuna di noi ragazze a cui non piaccia fare shopping? Un consiglio finale: per affrontare i 1600 punti vendita del Dubai Mall - quello al mondo con più alta densità di vetrine - vale la pena prenotare l’electric-car con autista (di solito riservata alla clientela vip) che vi guiderà tra acquari con squali che nuotano relativamente tranquilli ( sì, dentro il centro commerciale), teatri e cinema, un intero souk di lusso ricostruito, la pista di pattinaggio e migliaia di tentazioni (a partire dal negozio di dolciumi più grande del mondo) a portata di borsellino: siamo o non siamo a Dubai?
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