La visione del mondo vissuto e fotografato dalle donne, in mostra con Ph♀tographes a Le Cellier di Reims (fino al 29 luglio 2018), sembra frizzante coma la cittadina francese che ospita la collettiva. Ben nota ai palati raffinati per essere una delle due capitali dello champagne e da 200 anni anche del perlage rosa dallo Champagne Rosè di Veuve Clicquot. È vivace e decisamente in rosa, come il dialogo di sguardi delle tredici fotografe che arrivano da tutto il mondo ed epoche diverse, con il centinaio di scatti selezionati dall'Associazione La Salle d'attente, specializzata nel fornire maggiore visibilità alle donne nel mondo dell'arte, soprattutto quando è l'unico al quale hanno accesso.

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La collettiva offre un viaggio negli orizzonti della donna, attraversando con agilità il tempo e lo spazio, dall'America di ieri all'Iran di oggi. Passando per conflitti, contraddizioni e complessità del contemporaneo (e di sempre), in Francia quanto in Marocco, dal Sudafrica alla Finlandia. Orizzonti che meditano sul senso della vita e di dinamiche millenarie. Sulla ricerca di nuovi equilibri e armonie desiderabili, al pari di quelli simulati dal progetto Méditation della fotografa finlandese Wilma Hurskainen, con l'intrigante effetto camouflage delle donne con il paesaggio. In questo caso il visibile lavora sulla sensazione di simbiosi raggiunta da tante donne (praticando yoga e antiche tecniche di meditazione), stravolgendo il confine tra il confondersi con il paesaggio e farne parte. Un nuovo equilibrio scelto per rappresentare gli obiettivi della collettiva, con lo scatto scelto per la locandina (e l'immagine di apertura).

Dorothea Lange, Migrant Motherpinterest
© Dorothea Lange /Courtesy Ass La Salle d'attente​
Dorothea Lange, Migrant Mother, Nipomo, California, 1936

Il viaggio nel tempo parte dall'America degli anni trenta e della grande depressione, impressa sul volto iconico della madre migrante (tristemente attuale), tra la quindicina di fotografie scattate da una pioniera come Dorothea Lange e fotografa ufficiale della Farm Security Administration, riuscita a far stanziare fondi per i poveri. Tocca l'Iran della donna contemporanea ritratto da Shadi Ghadirian (Teheran, 1974), impigliato nella trama resiliente di tradizione e modernità, con la prospettiva di una Miss Butterfly che nasce da un'antica favola iraniana (nonostante il ritratto sia stato proibito nei Paesi islamici duecento anni fa):

"Miss Butterfly vuole incontrare il sole, ma cercando una via per raggiungere la luce finisce nella tela di un ragno. Il ragno, mosso da compassione dopo aver visto tutta la grazia e la delicatezza di Miss Butterfly, decide di fare un patto con lei. Deve portargli uno degli insetti della scura cantina e imprigionarlo nella sua tela. In cambio, il ragno la condurrà verso la via della luce. Ma dopo aver ascoltato le storie degli insetti, Miss Butterfly provò pietà per loro e ritornò dal ragno a mani vuote e con le ali ferite, e si fece lei stessa prigioniera della tela, pronta a diventare il suo cibo. Saputa la verità, il ragno decise di liberare Miss Butterfly e di mostrarle la via verso il sole. Miss Butterfly chiamò allora tutti gli altri insetti della cantina, per condividere con loro la sua libertà, ma questi non risposero. Allora, frustrata per la loro reazione, aprì le ampie ali ferite e volò verso il sole".

Shadi Guadirian, Miss Butterflypinterest
© Shadi Guadirian​​ /Courtesy Ass La Salle d'attente
Shadi Guadirian, Miss Butterfly



Dall'Iran e la sua Repubblica Islamica, arriva anche la fotografa Azadeh Akhlaghi e le diciassette tragiche morti della sua storia, ricostruite per esorcizzarle, attraverso il progetto By an Eye-Witness. La fotogiornalista francese Laurence Geai ci porta lungo le sponde del fiume Tigri e tra le macerie della Mosul liberata dall'interminabile assedio, ma non dall'orrore impresso sul volto dei sopravvissuti di ogni età. Uno dei suoi scatti, primo classificato del Single Shot Award | Giving voice to values, giving voice to hope del World Report Award 2018, sarà anche esposto alla prossima edizione del Festival della Fotografia Etica (ottobre 2018).

By an Eye-Witness, Azadeh Akhlaghipinterest
Courtesy Ass La Salle d'attente ​​
By an Eye-Witness, Azadeh Akhlaghi, installation Photographes, Le Cellier Reims

Lavorando in Burkina Faso sui diritti delle donne per Amnesty International, la fotografa franco-marocchina Leila Alaoui, nel 2016 ha perso la vita in seguito a un attacco terrorista a Ouagadougou, ma il suo progetto Crossing è in mostra con una video installazione che riproduce l’esperienza dei migranti subsahariani in cerca di una vita migliore in Marocco.

La crisi migratoria europea, con Lieux de Vie di Camille Gharbi, fa tappa anche negli alloggi che hanno ospitato migliaia di richiedenti asilo, smantellati nell'autunno del 2016 su decisione del Ministero dell'interno Francese. Anni di fotogiornalismo di stampo politico per la stampa francese e internazionale, invece hanno trasformato Homo politicus di Melanie-Jane Frey, in un cambio di rotta e modello di rappresentazione. La sua 'decostruzione' lascia spazio a un modello più artistico della rappresentazione dell'animale politico.

Homo politicus, Melanie-Jane Freypinterest
Courtesy Ass La Salle d'attente ​
Homo politicus, Melanie-Jane Frey, installation Photographes, Le Cellier Reims


Photographes, Le Cellier Reimspinterest
Courtesy Ass La Salle d'attente ​
Henrietta Street , 2007 by Delphine Balley, installation Photographes, Le Cellier Reims
Delphine Balley, treccia capelli, clausura pinterest
© Delphine Balley​ / Courtesy Ass La Salle d'attente
Delphine Balley, Ursula, serie 11, Henrietta Street , 2007

Sospesa in una dimensione senza tempo, lontana dalla realtà ma non da quella in cui ci arrivano certe notizie, c'è anche Ursula, l'eroina del racconto immaginario della documentarista francese Delphine Balley. Simulando un tabloid del XIX° secolo, il suo progetto 11, Henrietta Street, mette in scena i diversi stadi del dramma che affligge la donna dal volto celato, quando la madre che vigila e domina la sua clausura, decide di tagliargli la lunghissima treccia di capelli.

La ricerca dell'identità della fotografa di origine marocchine Carolle Benitah, con i suoi Photos-Souvenir, parte dai ricordi d'infanzia degli album di famiglia. Dalla memoria degli scatti in bianco e nero, sui quali ricama con un filo rosso e perline, la rappresentazione del ruolo tradizionale della donna, con le dinamiche familiari e culturali che lo sostengono.

Carolle Benitah, Photos-Souvenirspinterest
© Carolle Benitah​​/Courtesy Ass La Salle d'attente
Carolle Benitah, Photos-Souvenirs
Artist at Work, Elina Brotheruspinterest
Courtesy Ass La Salle d'attente ​
Artist at Work, Elina Brotherus installation Photographes, Le Cellier Reims

Davanti e dietro l'obiettivo di Artist at Work, Elina Brotherus, posa nuda per il suo progetto e due pittori dell'Accademia Russa di San Pietroburgo, continuando a esplorare metafore universali e riflettendo sul ruolo del modello femminile nella rappresentazione del corpo.

Caelestis di Hélène Virion con un tocco di manipolazione digitale spinge lo sguardo ben oltre il cielo e quello che si può scorgere con la testa tra le nuvole. In oblò aperti sull'orizzonte infinito di non-luoghi sospesi tra i riflessi della realtà e quelli del desiderio. Tutte insieme ci offrono la visione del mondo femminile dietro l'obiettivo e punti di vista interessanti sui quali riflettere.

Photographes, Le Cellier Reimspinterest
Courtesy Ass La Salle d'attente
Caelestis, Hélène Virion, installation Photographes, Le Cellier Reims