Probabilmente conosciamo più indiscrezioni sul royal wedding di Harry e Meghan, di quante ne potremmo mai strappare su quelli dei nostri migliori amici e parenti (anche sotto tortura). A destare il mio interesse, sempre e comunque, è il valore attribuito alle cerimonie di matrimonio, in ogni latitudine, cultura, ceto e condizione sociale del mondo. Un valore a prova di tutto, anche di crisi umanitarie, ben condensato nello scatto della fotogiornalista brasiliana freelance Alice Martins, di stanza in Iraq e con l'obiettivo puntato sul negozio di abiti da sposa allestito nel campo profughi siriano di Kawergosk. Nella Striscia di Gaza gli sposi non rinunciano neanche ai fuochi d'artificio, documentati dal fotogiornalista arabo Khalil Hamra.

A interessarmi è quello che i media tradizionali spesso non mostrano, qualcuno cerca volutamente di nascondere, ma a troppi fotogiornalisti continua a costare anche la vita. Molto di quello che abita i margini, dove pesca da tre decadi Jean-François Leroy alla direzione del Visa pour l’Image Festival. Una vera e propria istituzione del fotogiornalismo, non solo nel sud della Francia, forte di 840 mostre, quasi 5 milioni di visitatori e pronto a presentare la sua 30ª edizione nella città di Perpignan, da sabato 1 a domenica 16 settembre 2018.

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© George Steinmetz / Cosmos​
Jiangsu, China, June 16, 2016. Chicken processing plant




Il programma concentrato sui principali problemi del nostro tempo, approfitta di venticinque progetti espositivi per spaziare dalle sette aree più contaminate del pianeta, protagoniste del reportage di Samuel Bollendorff, alle pratiche e gli eccessi dell'agricoltura intensiva e dell'industria alimentare che nutrono il Big Food di George Steinmetz (Cosmos), tra prospettive aeree del mare di plastica delle serre e quelle in rosa, ma poco rosee, della lavorazione del pollo.

Il viaggio che tocca diversi angoli di mondo, si sposta dal Bangladesh all'Africa. L'arcobaleno che si staglia sul campo profughi di Kutupalong e l'emergenza umanitaria senza precedenti che ospita, nel Banglades fotografato da Paula Bronstein e Kevin Frayer, non arriva fino a Dacca. La sua capitale fotografata da Gaël Turine (agenzia MAPS) con l'industria inquinante, l'esplosione demografica e fiumi di spazzatura. Non così distante dall'economia urbana e della povertà in Sud Africa. In questo caso gli obiettivi sono ben due, da The red ants di James Oatway a Hostages in downtown Johannesburg di Jonathan Torgovnik (The Verbatim Agency).

campo rifugiati, Bangladespinterest
© Paula Bronstein for UNHCR
September 22, 2017. Abu Siddique (90) on a hill overlooking Kutupalong refugee camp. He spent all his savings to be carried across the border

Yvan Morvan torna alle rivolte di Belfast, con un eroe della causa repubblicana come Bobby Sands, mentre Miquel Dewever-Plana scende nel ventre della terra e le ombre che scavano le miniere boliviane di Potosí, insieme agli uomini che masticano foglie di coca per tenere a bada la fame e il dolore. Olivier Jobard (Myop), racconta la storia del giovane Ghorban, 'nato in un giorno che non esiste' e sopravvissuto alle rotte migranti.

In mostra anche il conflitto nel Nord Yemen, coperto nell'estate del 2017 da Véronique de Viguerie per Paris Match, partner del festival per 11 anni. Sempre per Parigi Match, Noël Quidu's è il testimone diretto e senza filtri delle titaniche lotte vissute in Siria tra marzo 2016 e marzo 2018.

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© Catalina Martin-Chico / Cosmos Winner of the 2017 Canon Female Photojournalist Award​​
Nom de guerre: Olga. Real name: Angelina. Joined the FARC at the age of 11, thrown out of home by her mother, and after her stepfather attempted to abuse her. With the FARC she found a family, and fell in love with weapons. In the last six years, she worked in the explosives unit where she met Farid who is the father of her son. She was one of the first former female guerrillas to become pregnant while inside a jungle camp, although it was not really a planned pregnancy

Catalina Martin-Chico racconta della rinascita della Colombia con il suo baby boom (per Cosmos). La reazione a più di 50 anni di conflitto e atrocità sofferte da molte donne costrette a non avere figli, in caso contrario ad abortire o abbandonarli. La rinascita di un paese sostenuta dalle sue mamme. La fotografa Andrea Bruce affronta una tematica scomoda come l'igiene, o meglio la sua mancanza (e gli escrementi) fonte di contaminazione dell'acqua e delle scorte di cibo, oltre ad essere causa di morte di molti esseri umani.

La crisi degli oppioidi negli Stati Uniti è raccontata dal fotografo Magnum da Jerome Sessini, vincitore del The Pierre & Alexandra Boulat Award. Luis Tato (AFP), con il suo reportage sui conflitti di Nairobi riceve il premio Ville de Perpignan Rémi Ochlik 2018, dedicato al fotogiornalista morto mentre documentava la rivolta siriana nel 2012. Kasia Stręk / Item si prepara a portare a termine il suo reportage sulle conseguenze dell'aborto illegale in Egitto, grazie al Camille Lepage Award 2018, sponsorizzato dalla SAIF e dall'Associazione Camille Lepage - On est ensemble, fondata dopo la morte della reporter francese, durante un reportage nella Repubblica Centrafricana. Entrambi i premi ricordando i rischi assunti da chi documenta certe realtà.

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Gli sguardi sul mondo di Perpignan, sono molti di più, in mostra in diversi luoghi della città, dal Théâtre de l'Archipel al suggestivo Campo Santo e più vecchio chiostro funerale di Francia. Il posto ideale per riflettere su quello che sta accadendo al mondo, festeggiando i primi trenta anni del festival, con una retrospettiva di fotografie che hanno segnato la sua storia, proiettata ogni notte, sotto un tetto di stelle.

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© John Wessels / AFP​​
Internally displaced Congolese returning to the shore after spending the night out on Lake Albert for safety. Chomia, DRC, March 5, 2018