Parlare di comunità ha ancora senso nell'anno domini 2018? In una società civile sempre più votata al leader solitario, all’uomo del popolo e alla radicalizzazione del singolo, cosa significa realmente essere un gruppo di persone che condivide una scala di valori, una materia di studio, una credenza religiosa? Al Festival della Mente 2018, in programma dal 31 agosto al 2 settembre a Sarzana, gli interrogativi si dipaneranno proprio dalla domanda sulla valenza del concetto di comunità: è l’approfondimento della conversazione con Benedetta Marietti, organizzatrice della manifestazione, che anticipa alcuni dei temi che verranno trattati nella città ligure da un nutrito gruppo di divulgatori di materie quanto mai disparate. Si potrebbe parlare di “uno a molti”, stando ai termini matematici per le relazioni. Vale a dire, sintetizzando, che una questione non ha una sola soluzione, e che un interrogativo non ha una sola risposta utile: perché ogni disciplina, e ogni comunità, risponde in base a certi input ed esigenze.

Spontaneo domandare subito come mai sia stato scelto un tema così strutturato, delicato e incalzante come l'esplorazione del concetto di comunità proprio in un momento storico in cui la complessità sembra essere uno dei concetti più difficili da considerare nelle proprie elucubrazioni. Ma è proprio perché ha un posto particolare nell’epoca 2.0, di cui la manifestazione fa parte. “Il Festival della Mente è un festival multidisciplinare, dedicato alla creatività e alla nascita delle idee: invitiamo a parlare relatori di discipline molto diverse tra loro, dalla scienza alla storia, alla filosofia… Invitiamo antropologi, architetti, psicologi, c’è anche un cuoco, artisti che propongono degli spettacoli.. Ogni anno, accanto al macrotema di creatività e nascita delle idee, c’è un filo conduttore che è un concetto, o un termine, che a seconda degli ambiti è declinato in maniera diversa. Può assumere sfumature e significati diversi. Il filo conduttore, questo è il primo punto, deve rispettare la multidisciplinarietà del tema. Il secondo motivo del filo conduttore è quello di individuare il concetto che riassuma un po’ lo spirito dei tempi. Il concetto di comunità ci è sembrato molto attuale” ci racconta l’organizzatrice al telefono, con la voce squillante nonostante gli ultimi frenetici preparativi.

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Courtesy Festival della Mente

La scelta di Benedetta Marietti e dei collaboratori al programma del Festival della Mente 2018 non è stata un caso: c’è lo zampino di uno dei maggiori studiosi di sociologia e filosofia di sempre, Zygmunt Bauman, che poco dopo la fine del secolo breve pubblicò un saggio intitolato proprio Voglia di comunità. “Sono partita dalla lettura del saggio di Zygmunt Bauman, che a distanza di 17 anni è stato veramente profetico. Bauman si interroga: con la globalizzazione che avanza, la perdita delle frontiere, la società sempre più liquida, le persone si troveranno spaesate e prive di riferimento. A questo punto sentiranno ancora voglia di comunità? Bauman risponde dicendo che il termine comunità offre agli individui delle garanzie che sono in contrapposizione tra di loro. Da una parte offre protezione e sicurezza, e gli individui si sentono più sicuri. Dall’altra, però, la comunità deve garantire principi fondamentali come la solidarietà, il rispetto di tutte le diversità e quindi delle libertà. Bauman riconosceva che le spinte contrapposte probabilmente cozzeranno tra loro, bisognerà sta attenti che la comunità non diventi un ghetto. Partendo da queste considerazioni di Bauman è venuta l’idea di parlare di comunità e di porsi delle domande a cui il Festival cerca di rispondere, ovviamente non in un modo univoco”.

Ogni interrogativo, infatti, può portarne dietro molti altri. E non necessariamente può esistere una risposta singola ad un problema. O una soluzione, per chi è più pragmatico. “Ogni relatore darà le sue risposte, o magari lascerà questi interrogativi…” ha annuito Benedetta Marietti, cogliendo la possibilità che ogni discussione e ogni panel possa aprirsi a mondi sempre diversi senza soluzione di continuità. “Il pubblico alla fine di questi tre giorni uscirà con degli elementi in più per capire la realtà di oggi, e con strumenti per comprenderla maggiormente. Ha ancora senso oggi parlare di comunità? È ancora attuale questa parola? Esiste una comunità sola, o tante? Questi sono appunto degli interrogativi che si pone il Festival, anche perché questa è un’epoca in cui gli individui sono molto forti singolarmente. C’è un individualismo imperante, si è perso il senso del noi. Andare alle origini, guardando verso il futuro, e riconquistare questo senso del noi ci fa guardare al futuro anche in un senso ottimistico, con un po’ di speranza”.

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Courtesy Festival della Mente

Il tema del noi e della pluralità di voci è ampiamente desiderato al Festival della Mente: “Ogni relatore ha scelto il suo punto di vista. Chiediamo ai relatori di intervenire con contributi originali, non è una vetrina di novità editoriali o di presentazioni di libri ma è proprio chiedere di intervenire su un tema. Come si vede dal programma, le comunità analizzate e presentate durante gli incontri sono tantissime”. Benedetta Marietti elenca qualche nome di comunità che verranno esplorate nel corso dei tre giorni di Festival: dalla comunità in senso cattolico che emergerà dalla lectio magistralis di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio (che quest’anno festeggia i 50 anni dalla fondazione) che parlerà come si è perso “questo senso plurale del noi e come riconquistarlo”. Le comunità religiose, sempre molto forti quando si parla di questo concetto, saranno affidate alla divulgazione di Kamila Shamsie, scrittrice pakistana di religione musulmana, dalla storica Anna Foa che parlerà di quelle ebraiche. Esistono poi le comunità in senso psicologico: la coppia è il nucleo iniziale di questo concetto e con Esther Perel, psicoterapeuta e scrittrice belga, si parlerà di come il tradimento sia fondante (e al tempo stesso distruttivo) nella società.

Non mancheranno le comunità più estreme, come quella chiusa per eccellenza che appartiene alle prigioni: con Armando Punzo, che lavora da 30 anni al carcere di Volterra e dentro cui ha fondato la Compagnia della Fortezza, si parlerà di teatro come terza via tra chiusura e libertà. Ci sono le comunità che costruiscono ricordi e senso di appartenenza attraverso il vissuto nel’architettura, che verrà raccontata come atto politico dall’architetto Mario Cucinella. Ampio spazio anche alla comunità scientifica, come ad esempio quella dei fisici che cercano la materia oscura e che sarà l’oggetto del panel di Cristiano Galbiati.

La selezione delle personalità invitate al Festival della Mente 2018 passa per un unico dettame: la parola agli esperti. “Studiosi, scienziati, intellettuali, persone che chiaramente hanno studiato, scritto dei libri e ottenuto dei risultati eclatanti nelle loro singole discipline. Questo è la nostra base” spiega orgogliosa Benedetta Marietti. “Ma sono tutte persone che hanno una straordinaria capacità di comunicazione e divulgazione. Il festival è aperto ad un pubblico che sia il più ampio e generico possibile, non sono conferenze rivolte ad addetti ai lavori. La fisica, la matematica, la storia possono essere trasmesse al pubblico anche in modo chiaro, accattivante e appassionante. Questo è uno degli scopi dei festival di approfondimento culturale, ognuno ha un fine divulgativo. I relatori racconteranno materie, studi e scoperte come se fossero delle storie. Forse è un modo per avvicinare a concetti complessi un pubblico vasto. Anche chi sa poco o niente di fisica potrà andare a sentire gli ultimi progressi e scoperte sulla materia oscura, quindi per conoscere il nostro universo. La speranza è che tutte queste discipline ci aiutino a tornare a casa con una maggiore consapevolezza e più strumenti per interpretare il mondo di oggi”.