Chissà se Elizabeth von Arnim aveva anche lei una gonna rossa, voglio dire rossa-rossa, come quella di questa copertina, di un colore tanto vivo da obbligarti a guardare, e impedirti di distogliere lo sguardo. Perché questo faceva lei, quando scriveva. Ti obbligava a guardare. Tutto, non solo i colori. Il dolore anche. Ma con una leggerezza e un’ironia, che leggere i suoi libri ogni volta è ricominciare a respirare. E risalire verso il chiaro.

Scritto in forma di diario, Uno chalet tutto per me, appena pubblicato da Bollati Boringhieri, è tra i suoi romanzi migliori. All’inizio lo chalet è solo un’indirizzo per trovare scampo, per annullare il tempo e gli eventi e pensare. C’è Elizabeth - così si chiama anche la protagonista del racconto - sdraiata, immobile su un prato a catturare il sole e la luce, perché sole e luce si rimangino il buio della guerra e dei lutti. Poi a un certo punto tutto riparte. In quel prato ai piedi delle montagne, dentro e intorno a lei, tornano ad accadere e a muoversi cose; si riaprono i sensi e impercettibilmente, sorprendentemente, rinasce la festa. Una festa di colori, di odori, di sentimenti. Per chi legge, una festa soprattutto di parole. Le due Elizabeth (che in realtà sono appunto una sola) sanno cogliere con acutezza e speciale umorismo quali e quanti motivi ci siano, quasi sempre, per tornare a guardare lontano. Per Natale difficile immaginare un regalo migliore.