Al principio ti chiedi che diavolo c’entri un piatto di uova fritte con Abramo Lincoln. O i cappellini in technicolor delle signore di Harlem con la testa imparruccata di George Washington. O le toilette del Capitol Building con i calzini di Thomas Jefferson e i lustrini di Ginger Rogers e Fred Astaire. E soprattutto cos’abbia a che fare tutto questo con il bello della democrazia, tema dell’ultimo (incantevole) graphic book di Maira Kalman. La risposta è quel leggero senso di euforia che ti prende dopo aver sfogliato le 480 pagine di And the Pursuit of Happiness (Penguin Press).

E aver visto i rossi, i verdi, i gialli appassionati e incontenibili di una delle illustratrici più note e apprezzate degli Usa. Che nel suo viaggio di 12 mesi nei luoghi che hanno fatto la storia della democrazia, in quei colori ha catturato tutta l’immensa energia vitale dell’America delle origini. E forse un residuo di quella di oggi. Il tour - da cui è nato un blog sul New York Times - è cominciato il giorno dell’insediamento di Obama e terminato con questo libro sul passato e il presente della nazione. Che, nel tripudio di bandiere a stelle e strisce che il 19 gennaio 2009 inondarono Washington, per un momento si è rivisto «smart, sexy and optimistic».

Esattamente come ce lo restituisce ora la Kalman. Un bizzarro frullato di frammenti di storia e di storie, di gente comune e di tipi da enciclopedia. Una manciata di coriandoli a tinte pastello inanellati nel racconto di un’escursione che passa dalle case dei Padri agli autogrill, dalle stanze del potere alle caffetterie dei musei, comprese le immancabili soste davanti a sfrigolanti eggs & bacon e cupcakes. A tessere la trama di quest’epopea strampalata è l’esile e fitta rete delle didascalie a pennarello nero di Maira. Che all’ultima pagina chiude il viaggio con uno spiccio «so long» e scappa via. Troppo in fretta per non cercare di saperne di più, sulla sua felicità e su quella degli altri.

Qual è stato il momento più emozionante del viaggio?
Quando ho avuto in mano la giacca di Thomas Jefferson. Per stare caldo ci aveva fatto cucire dentro le sue calze di lana. Spendeva fiumi di denaro. Ma sapeva cos’era il pudore.

È felice o delusa l’America del dopo Obama?
Due anni sono come due minuti negli equilibri della politica mondiale. E lui non è Superman. Non credo ci abbia delusi: è solo un uomo di grande valore che ha un enorme lavoro da fare.

Perché ha deciso di raccontare la storia della democrazia?
Ero stufa di parlare di me stessa. Poi però il libro è diventato un diario e ci ho messo di tutto, le cose grandi e le piccole. Anche perché è sempre difficile distinguere le une dalle altre.

Che cosa l’ha ispirata di più?
L’avvicinarsi della data di consegna all’editore.

Continua a vedere il paese brillante, ottimista e sexy?
Sì. Quando guardo i miei ragazzi.

E lei, è ottimista?
Cerco di non cadere in false speranze.

Cosa la fa sentire più felice?
Cominciare la giornata con una tazza di caffè fumante e una passeggiata tra gli alberi.