A primavera manca ancora un po', ma quella di Praga, 'sbocciata' nel gennaio del 1968, continua a ricordarci che valore diamo al cambiamento rivoluzionario che investe la natura dell'uomo. Al tumulto messo in musica da Francesco Guccini e le parole di capolavori come L'insostenibile leggerezza dell'essere di Milan Kundera. Il fotografo ceco Josef Koudelka (Boskovice, 10 gennaio 1938) ce ne ricorda anche il prezzo, con il celebre reportage della sanguinaria invasione sovietica che mette fine al periodo di liberalizzazione (nella notte tra il 20 e il 21 agosto del 1968), rendendolo esule e apolide. Le immagini strappate alle strade della capitale ceca e alla sua ostinata resistenza, sono contrabbandate fuori del paese e, con la complicità di Elliott Erwitt e Magnum Photos, arrivano al pubblico del mondo intero. Ricevono anche il prestigioso Robert Capa Award, ma il suo autore resta anonimo fino al 1984 e la morte del padre, per evitare ripercussioni sui familiari rimasti in patria. Lo spirito libero ed errante dell'ingegnere aeronautico e grande fotografo Magnum (dal 1971), torna in patria solo nel 1990, dopo la fine dell'occupazione e venti anni di esilio. A quarant'anni dalla fine della Primavera di Praga, il reportage che ha cambiato il volto della storia e del fotogiornalismo, continua a risvegliare memorie e coscienze con Invasion Prague '68. Il libro e la mostra, arrivata al Centro Internazionale di Fotografia di Palermo (fino al 31 gennaio 2019), nato dall'impegno e l'ostinazione resiliente di Letizia Battaglia.

Josef Koudelka,  Invasione Praga, 68pinterest
© Josef Koudelka / Magnum Photos
Josef Koudelka, Invasion 68 Prague - Cecoslovacchia. Praga. Agosto 1968

«Il telefono squilla alle quattro del mattino; rispondo; un’amica grida: "Sono arrivati i russi". Penso ad uno scherzo e abbasso. Suona una seconda volta, non ci credo e riattacco di nuovo. Alla terza telefonata la voce urla: "Apri la finestra e ascolta". Mi alzo, metto la testa fuori per due minuti e sento il rumore degli aerei militari. Capisco che sta succedendo qualcosa. Mi vesto in fretta, prendo la macchina fotografica e tutte le pellicole che mi sono rimaste, ero tornato il giorno prima dalla Romania dov’ero stato a fotografare gli zingari. Scendo in strada, comincia appena ad albeggiare, istintivamente mi dirigo verso la sede della radio, a meno di un quarto d’ora da casa. I russi erano andati alla radio anche nel 1945. Ma allora erano venuti per liberarci» - Josef Koudelka

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© Josef Koudelka / Magnum Photos
Josef Koudelka, Invasion 68 Prague - Cecoslovacchia. Praga. Agosto 1968

Il viaggio nel tempo dell'uomo che ha sempre pagato un caro prezzo per la libertà, torna a quei momenti di grande fermento per l'arrivo dei carri armati russi (un 'paese amico') che questa volta non hanno intenzione di liberare nussuno.

«La prima cosa che vedo è un automobile d’epoca con il tetto scoperto che suona senza sosta il clacson per svegliare la città, a bordo ci sono tre ragazzi e una ragazza con una bandiera ceca. Gridano la stessa frase che ho sentito al telefono: "I russi sono arrivati"». Josef Koudelka

Il resto è storia, di quel tragico agosto del 1968 e della sanguinaria repressione della Primavera di Praga. Documentata da Josef Koudelka scattando senza sosta, per giorni, duecento rullini a gente che piange, grida, tenta di fermare i carri armati o corre a chiudersi a casa, tra le prime proteste e gli scontri. Un reportage sulla fine del'estate del 68 che ha cambiato per sempre il volto della storia insieme a quello della fotografia, costando al fotografo sedici anni di anonimato, venti di esilio e parecchia sofferenza.

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Il temperamento inarrestabile di Josef Koudelka, dopo aver documentato terre e culture dell'Europa orientale, condividendo spirito libero e dinamico con i suoi Zingari, ha continuato a fotografare il mondo. Spingendosi dai paesaggi urbani francesi del progetto DATAR a quelli della Terra Santa, cambiata dall'architettura (muri, barricate e confini) del conflitto israelo-palestinese, senza dimenticare il peso delle Vestiges della civiltà greco-romana.

Venti anni di esilio hanno acutizzato lo spirito libero e dinamico del fotografo e dei suoi reportage, mentre i viaggi nel tempo e nel mondo delle sue immagini dell'invasione di Praga, divenute simbolo di resistenza, toccano anche i Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo, sede del suo Centro Internazionale di Fotografia, con la mostra propiziata dalla complicità di due fotografi rivoluzionari come Josef Koudelka e Letizia Battaglia. Uno dei fiori all'occhiello del circuito espositivo di Palermo Capitale italiana della Cultura.

«L’esilio però ti fa due regali: il primo è che ti costringe a costruirti una nuova vita e ti dà la possibilità di farlo in un ambiente nuovo dove nessuno ti conosce e ha pregiudizi su di te; il secondo è che quando torni a vedere il tuo Paese lo fai con occhi diversi. Nel 1991 a Praga è stato formidabile: ogni mattina mi svegliavo prestissimo e cominciavo a camminare per guardare più cose possibile. Quando vivi in un luogo a lungo, diventi cieco perché non osservi più nulla. Io viaggio per non diventare cieco». Josef Koudelka

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© Roberto Timperi
Josef Koudelka oggi