Oggi i corpi tatuati sfilano in passerella con Marc Jacobs, modelli come Spizoiky o Zombie Boy e star di ogni genere, ma negli anni sessanta sono ancora insoliti. Non è da tutti bere una cosa al bar con un tipetto come Jack Dracula (Jack Baker) e l'enorme aquila pronta a spiccare il volo dal suo petto, insieme a quello che ricopre quasi completamente il corpo nudo. Figuriamoci una donna americana di buona famiglia e mezza età, con marito, figlie e privilegi, ma Diane Arbus è diversa. Non ha paura di andare dove non è mai stata, spingendosi oltre il contatto visivo, per portarne in superficie l'interazione, con le meraviglie della nostra natura. Non teme di sollevare domande esistenziali con cui stuzzica ogni sguardo, mettendo in discussione tutto ciò che pensiamo di conoscere sull'identità, sul genere, la razza, l'aspetto, se stessi e l'altro. Tutto quello che l'ha resa con il tempo una delle fotografe più provocatorie e influenti del XX secolo, già evidente nei primi anni della sua carriera. L'inizio di uno stile di vita e d'arte anticonvenzionale e indipendente, a cui è dedicato l'appuntamento espositivo Diane Arbus: In The Beginning, con fotografie celebri e inedite, ospitate alla Hayward Gallery di Londra (fino al 6 maggio 2019).

Mark Blower, Diane Arbus, Hayward Gallerypinterest
© Mark Blower
Installazione Diane Arbus: In The Beginning alla Hayward Gallery, 2019. Photo Mark Blower




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Installazione Diane Arbus: In The Beginning alla Hayward Gallery, 2019. Photo Mark Blower

La stimata istituzione britannica che per prima ha dedicato una grande retrospettiva alla fotografa nel 1974, torna a far luce su quello che continua a offrire al mondo. L'intensità di un incontro personale diretto. L'invito a guardare da molto vicino, le piccole cose e quello che è distante da noi. Una rivelazione che la mostra curata da Jeff L. Rosenheim del Metropolitan Museum di New York, abbraccia anche con l'installazione di oltre cento stampe originali e di piccolo formato, su singoli pannelli tra i quali spostarsi come in un labirinto, senza seguire un percorso prestabilito.

Ognuno è libero di scegliere e calibrare il proprio incontro intimo con se stesso e l'altro, il diverso e quello che a ben guardare non sembra più così distante. Per guardare ogni fotografia, scattata con una 35mm e stampata dalla stessa Arbus, nel formato che l'ha resa celebre, bisogna avvicinarsi e tanto, come ha iniziato a fare lei con tutti i suoi soggetti incontrati prevalentemente a New York, dal 1956 al 1962. Quando lascia il marito insieme al rigore formale e la perfezione tecnica, affinata accanto a lui con anni di fotografia di moda, per la strada e la dimensione più intima del mondo, popolato da giganti e piccoletti, folli e freak, pensionati nudisti e travestiti sinceri.

«Stavo pedalando la mia bicicletta sulla Terza Strada e lei era con una sua amica. Erano enormi, entrambe, alte circa 1 metro e 85, e grasse. Pensai che fossero grandi lesbiche. Entrarono in un piccolo ristorante e le seguii e chiesi loro se potevo fotografarle. Dissero: "Si, domani mattina". Successivamente, a quanto pare furono arrestate e trascorsero la notte in carcere, nei guai. Così la mattina dopo andai a casa loro intorno alle 11… La prima cosa che dissero fu: "Penso che dovremmo dirtelo (non so perché si sentissero così obbligate) siamo uomini"» - Diane Arbus: An Aperture Monograph (1972)»

Diane Arbus, travestitopinterest
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Diane Arbus - Female impersonator holding long gloves, Hempstead, L.I. 1959 Purchase, Joyce F. Menschel Gift, 2015 (9 3/4 × 5 7/8 in. (24.8 × 14.9 cm) Courtesy The Metropolitan Museum of Art, New York



Spronata da un'insegnate 'sconcia e dirompente' come Lisette Model, sostenuta da amici e colleghi del calibro di Richard Avedon e Walker Evans, Diane Arbus inizia ad affrontare i suoi istinti più viscerali, con l'esplorazione di luoghi fisici e mentali vietati dalla sua rigida educazione e dalla morale condivisa. Almeno fino a quando le domande a cui non si può dare risposta, la spingono a togliersi la vita a quarantotto anni.

«Quando iniziai a fotografare, ero solita fare cose molto granulose. Ero affascinata da quello che faceva la grana, perché realizzava una sorta di arazzo con tutti quei piccoli puntini e tutto veniva tradotto in questo mezzo espressivo di punti. La pelle era uguale all’acqua che era uguale al cielo e si aveva a che fare per lo più con il buio e la luce, non tanto con la carne e il sangue… Fu la mia insegnante, Lisette Model, che alla fine mi chiarì che più si è specifici, più il risultato sarà generale… » - Diane Arbus: An Aperture Monograph (1972)

Diane Arbus, donna su bus, New York, anni 50pinterest
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Diane Arbus - Lady on a bus, N.Y.C. 1957 (8 1/2 × 5 3/4 in. (21.6 × 14.6 cm) Gift of Danielle and David Ganek, 2005 Courtesy The Metropolitan Museum of Art, New York

Il suo stile diretto e psicologicamente acuto, già maturo alla fine degli anni cinquanta, è interessato alla sua e nostra relazione (e quella della fotografia) con chi è fuori taglia e standard, a quello che nasconde l'incontro di sguardi con le persone comuni, con i quali siamo soliti ignorarci a vicenda, per strada e sul bus (senza che vada meglio con i vicini di casa).

L'incontro con la natura inquieta, emancipata e sovversiva della Arbus, continua nel piano superiore della galleria inglese e termina il viaggio con Diane Arbus: A box of ten photographs. Il raro portfolio in edizione limitata, realizzato dalla Arbus prima della scomparsa, per rendersi più indipendente. La selezione delle dieci immagini che lei ritiene migliori della sua produzione, stampate postume dal suo studente Neil Selkrik. Molte delle visioni che hanno finito per dar forma al nostro paesaggio mentale incurante della forma ma mai del contenuto, tra uomini in bigodini e ragazzini che giocano con bombe a mano, chi si veste per la festa in famiglia e chi lo fa per la guerra in Vietnam.

L'universo che ama superare consuetudini e stereotipi, popolato dal nano messicano Cha cha cha e dal gigantesco Eddie Carmel, bloccato tra il pavimento e il soffitto del suo appartamento del Bronx, quasi quanto l'albero di Natale nel soggiorno di Levittown. Questa mostra organizzata dal MET di New York, grazie alla donazione delle figlie della Arbus, contempla anche le immancabili gemelline e l’ambiguità della normalità che ha ispirato lo Shining di Stanley Kubric.

Mark Blower, Diane Arbus, Hayward Gallerypinterest
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Installazione Diane Arbus: In The Beginning alla Hayward Gallery, 2019. Photo Mark Blower
Mark Blower, Diane Arbus, Hayward Gallerypinterest
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Installazione Diane Arbus: In The Beginning alla Hayward Gallery, 2019. Photo Mark Blower