« non si vede niente al primo colpo d’occhio » - Alberto Giacometti

Cosa hanno in comune Alberto Giacometti e Peter Lindbergh? Cosa avvicina l'energia scultorea dinamica e inarrestabile dell'artista visionario, con quella fotografica del sovversivo del fashion system? In che modo, l'ossessione di dar forma all'essenza 'fragile e sfuggente' dell'uomo moderno, entra in relazione con quella di liberare le donne da ogni artificio e perfezione, rendendole più importanti dei vestiti? Probabilmente tutte le divergenze capaci di rivelare incredibili affinità. La corrispondenza intima e segreta tra due sguardi e bisogni di vedere la bellezza sublime del profondo, messa volutamente fuori fuoco dallo stesso Lindbergh, chiamato a ritrarre l'orizzonte inaccessibile delle opere del maestro, come ha sempre fatto con top model e grandi star. Sono le magnifiche ossessioni di entrambi, a guidare la scoperta di sorprendenti affinità, lungo il percorso espositivo di Alberto Giacometti ‒ Peter Lindbergh. Saisir l’invisible, all'Institut Giacometti di Parigi (fino al 24 marzo 2019). Una delle mostre intriganti da vedere a Parigi.

instagramView full post on Instagram

A condurre il viaggio nell'essenza dell'animo umano, disegnata, dipinta e scolpita da Giacometti per 'vedere chiaro', sono le piccole opere protagoniste degli scatti in grande formato di Lindbergh. Scatti inediti della materia ruvida e imperfetta, plasmata dai polpastrelli di Giacometti e la luce di Lindbergh, dal dramma esistenziale che interroga e i sentimenti erranti che lascia senza risposta. Superfici vibranti capaci di accogliere anche la polvere, avventurarsi nel mistero custodito dal volto, dietro lo sguardo umano. Resistere alla tragedia dell'uomo contemporaneo.

« Io faccio pittura e scultura per mordere nella realtà, per difendermi, per nutrire me stesso, per diventare più grosso; diventare più grosso per difendermi meglio, per meglio attaccare, per fare più presa, per avanzare il più possibile su ogni piano in tutte le direzioni, per difendermi contro la fame, contro il freddo, contro la morte, per essere il più libero possibile; il più libero possibile per tentare – con i mezzi che oggi mi sono propri – di vederci meglio, di capire meglio ciò che ho intorno, capire meglio per essere più libero, più forte possibile, per spendere, per spendermi il più possibile in ciò che faccio, per correre la mia avventura, per scoprire nuovi mondi, per combattere la mia guerra. » - Alberto Giacometti

Peter Lindbergh, Alberto Giacometti, scultura, Parigipinterest
© Peter Lindbergh (Courtesy Peter Lindbergh, Paris) © Succession Alberto Giacometti (Fondation Giacometti, Paris + ADAGP, Paris) 2019
Peter Lindbergh, Alberto Giacometti Head on a base (called Head without a skull) and other sculptures, Paris, 2017

Il dialogo intimo tra due artisti che non si sono mai incontrati, curato da Serena Bucalo-Mussely con oltre sessanta opere di entrambi, offre nuove prospettive alla loro ricerca dell'essenza, insieme ai tratti comuni delle loro magnifiche ossessioni trasformate nell'arte di guardare dal profondo.

I volti degli uomini disegnati da Giacometti su un taccuino, sembrano avere molto da dire a quelli del ritratto di gruppo di Naomi Campbell, Karen Elson, Jayne Windsor, Shirley Mallmann, Missy Rayder, Shalom Harlow, Marie Sophie Wilson, Kirsten Owen, Esther Cañadas, Rachel Roberts, Stella Tennant e Natalia Semanova. I tratti ossessivi che abbracciano la Donna accovacciata di Giacometti (1959-60), instaurano un dialogo intrigante con lo sguardo, tagliato fuori dal labirinto carnoso di Karen Elson messa a nudo da Lindbergh.

Alberto Giacometti, disegno, donnapinterest
© Succession Alberto Giacometti (Fondation Giacometti, Paris + ADAGP, Paris) 2019
Alberto Giacometti, Crouching Woman, 1959-1960 Ballpointpen 37 x 26,8 cm Fondation Giacometti, Paris
Peter Lindbergh, Karen Elson, modella nudapinterest
© Peter Lindbergh (Courtesy Peter Lindbergh, Paris)
Peter Lindbergh, Karen Elson, Los Angeles, 1997

Il tratto furioso con il quale Giacometti ritrae sua moglie Annette, con una penna a sfera sull'invito del gallerista Daniel Cordier, ricorda il volto di Jeanne Moreau, fotografata da Lindbergh con il paesaggio di rughe, esperienze e verità dei suoi setttantacinque anni. Senza trucchi, ritocchi o artifici del mondo dello spettacolo che ha stregato con il suo fascino da femme fatale, a prova dei triangoli amorosi impossibili di François Truffaut, o degli esordi in noir di Louis Malle e parecchio jazz di Miles Davis nella Parigi di notte.

Un ritratto eloquente dell’interpretazione innovativa della bellezza femminile proposta da Lindbergh, sensibile a imperfezioni e fragilità, non solo quando ritrae Kate Moss ancora acerba o la tredicenne Milla Jovovich. Attento alla naturalezza, anche quando mette in scena l'avventura del quotidiano, lasciandosi ispirare dall’espressionismo tedesco o dalla fantascienza.

Peter Lindbergh, Jeanne Moreaupinterest
© Peter Lindbergh (Courtesy Peter Lindbergh, Paris)
Peter Lindbergh, Jeanne Moreau, the Kremlin-Bicêtre, 2003

« Un fotografo di moda dovrebbe contribuire a definire l’immagine contemporanea della donna o dell’uomo, e riflettere una determinata realtà sociale. Quanto è surreale invece il fatto che l’agenda commerciale oggi imponga di ritoccare tutti i segni riconducibili alla vita e all’esperienza, di ritoccare cioè la stessa verità personale del volto ritratto? » - Peter Lindbergh (Art Forum)

La ricerca della verità che resta quando elimini ogni artificio, avvicina approcci così diversi all'arte di ritrarre l'essenza della natura umana, maschile, femminile, sublime.