«Be yourself, everything else is already taken», «Sii te stesso/a, gli altri sono stati tutti già presi». Questo motto - molto più serio di quanto potrebbe sembrare a prima vista, dato lo humour britannico - dà il titolo al primo libro, ma anche alla prima personale in Italia dell'artista, costumista, scultore e attivista Daniel Lismore. La mostra, organizzata dall’Accademia della Moda IUAD di Napoli e promossa dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo di Napoli, si tiene presso il Palazzo Nazionale delle Arti, fino al primo agosto. Allo stesso tempo, Lismore ha coinvolto gli studenti dell'Accademia in una rassegna che celebra l'inclusione per creare oggetti, installazioni e performance che danno vita a un affascinante rassegna, dal nome evocativo “Tra Arte e Moda” curato da Pasquale Esposito.
«Esser se stessi è eroico nel tempo dell’inganno universale, ma può diventare anche una esperienza artistica di styling estensivo», afferma Nunzia Garoffolo, che ha curato la mostra, che si sostanzia in 40 look esposti in un percorso espositivo dove dialogano arte, moda e politica, ispirato all'armata dei guerrieri di terracotta totale, dove l’ insieme delle opere forma un'armata di diverse parti di se stesso e della sua vita. Lui invita e incoraggia a usare il proprio corpo come una tela nel desiderio di incoraggiare la libertà di essere, pensare e percorrere il proprio cammino di vita conformemente al proprio io più vero.
È noto per vivere la vita come un’opera d’ arte, indossando elaborati e stravaganti capi che abbinano l’alta moda con le sue creazioni. Lismore, il cui personale stile gli ha fatto guadagnare il titolo di "Dresser Piú Stravagante di Londra" da parte di Vogue, é famoso per i suoi outfit che brillantemente uniscono capi di alta moda a oggetti ritrovati nei charity-shop finds, tonnellate di tessuti vintage e tartan, ninnoli di plastica, oggetti smarriti, fiocchi, piume, cotte, conchiglie, gioielli etnici, accessori retró, cappelli e molto altro in una espressione di eccentrica energia creativa ed il suo unico punto di vista sartoriale.
E allora abbiamo invitato Daniel Lismore e Nunzia Garoffolo (insieme, nella foto d'apertura) a fare una chiacchierata solo per noi.
Come nasce la tua serie di opere? Le opere sono composte da più di seimila frammenti di materiali da me indossati mentre vivevo come opera d’arte. Ogni scultura è intrisa di ricordi, storie dei momenti che le ho indossate e ne sono entrato in possesso. Molti dei pezzi hanno richiesto di ore per la realizzazione, alcuni sono state customizzati appositamente per me. Amo collezionare belle cose che trovo da ogni parte del mondo. Apprezzo i valori culturali e i significati ad essi sottesi, sono ossessionato dal valore dell’umanità e questa è una delle ragioni per cui faccio ciò che faccio. Ho rinunciato a conformarmi a vecchie idee in materia di abbigliamento svariati anni fa. Non ritengo che la moda sia cambiata così tanto dall’epoca vittoriana, era in cui la sartoria si trasformava in moda per tutti. Ho deciso di vivere come una scultura, suppongo che sia street-art che cammina, ma una volta collocata all’ interno dei musei è pop-art. Uso il mio corpo come una tela, dipingo, deformo, distruggo, abbellisco, visualizzo idee che ho sul mondo e le indosso. Non sempre faccio uso di uno specchio. Un giorno, subito dopo aver deciso di abbandonare la mia etichetta di moda, non sapevo davvero cosa fare della mia vita, avevo consapevolezza di esser bravo ad esser me stesso, pertanto ho pensato di creare una mostra per il pubblico al fine di condividere ciò che possiedo. Sono andato da un curatore presso il Savannah College of Art and Design e ha collocato le mie sculture nel Museo di Savannah tra la mostra di Oscar De La Renta e Carolina Herrera. La mostra è stata anche protagonista di Miami Art Basel e dopo ciò l’anno successivo ha inaugurato in Islanda, a Reykjavik presso il Palazzo Harpa.
Le tue opere testimoniano l’ esperienza artistica dello styling? Non ho mai pensato a ciò come styling, benché sia stato uno stylist per le celebrità ed abbia curato lo styling di una moltitudine di modelle nel corso degli anni. Il vestirmi non è stile, ma architettura. Dispongo di una base e costruisco l’ esterno, uso la gravità, il colore, le texture, forme ed estendo la percezione del mondo che mi circonda attraverso un’ idea del momento o mi affido all’ istinto. Ciò è sovente il risultato di un processo del mio subconscio, difatti molte delle mie idee provengono dal sogno. Cerco di addormentarmi per giungere alle mie idee e svegliarmi per annotarle. Comprendo la ragione per la quale si pensi che il mio sia uno styling estensivo, essendoci più affreschi tridimensionali della mia esistenza vissuta come arte. Centinaia di storie e idee sono racchiuse in un unico look da me realizzato. Non mi preoccupo del modo in cui l’ osservatore le veda, poiché ognuno le vede in modo diverso. Molte delle mie idee sono fraintese, ma questo va bene, perché imparo molto dal punto di vista degli altri.
Finzione e realtà, in che misura entrambe fanno parte del tuo lavoro e della tua vita? La finzione non esiste nella mia realtà, pur apprezzando la storia del mondo, le culture e illusioni che altre persone hanno creato nel passato. La mia vita è molto reale, sono peraltro estremamente realista e mi sento abbastanza fortunato ad avere la capacità di essere me stesso e viaggiare per il mondo, essendo ciò il mio lavoro.
In che misura l’ eccentricità può essere o diventare un invito ad essere liberi? Non mi considero un eccentrico. Conosco molti eccentrici. Non sono una messa in scena, ma soltanto un’ altra parte dell’umanità.
Nelle tue accumulazioni di materiali c'è molta ironia? Quando la mostra è stata creata con Raphael Homes presso il Savannah College of Art and Design, lui ha rilevato che nel vivere come arte per più di quindici anni dovessi mettere tanta ironia nel mio lavoro e che pertanto ciò dovesse essere ritratto, essendo tanti gli oggetti che potrebbero far ridere o pensare.