È BELLO COME UN ATTORE DI HOLLYWOOD. La città che, guarda caso, ha fatto deflagrare in tutto il mondo il lavoro del nonno, Salvatore Ferragamo, soprannominato dalle dive “il calzolaio prodigioso” (che è diventato anche il nome di una mostra a Palazzo Spini Feroni a Firenze, sede ufficiale della maison). James Ferragamo è direttore della Divisione Calzature e Pelletteria del Gruppo Salvatore Ferragamo, con responsabilità dei processi di ideazione, progettazione e produzione di scarpe e pelletteria donna e uomo. Ha iniziato la sua attività professionale da Saks Fifth Avenue, dove è stato per due anni buyer della linea casual maschile; successivamente ha effettuato un internship alla Goldman Sachs di Londra, durante la frequenza del Master della New York University in Finance, Accounting e International Business. Nel 1998 entra nel gruppo, dove inizia il suo percorso manageriale dapprima nel dipartimento calzature donna, dove segue alcuni importanti progetti di sviluppo prodotto, e nel 2000 diventa General Merchandising Manager. Nel 2004 viene nominato responsabile della Divisione Prodotto Pelletteria Donna; a questo incarico, nel 2008, si aggiunge la responsabilità della divisione Prodotto Calzature Donna e nel 2015 diviene Direttore Divisione Calzature e Pelletteria Donna e Uomo. Una parte rilevante del business: «Circa l’80 per cento del nostro fatturato», sorride James. Che oltre a superlavorare, è sposato, papà e fa triathlon.

#LIKES Lei rappresenta la terza generazione Ferragamo. Come si relaziona, a proposito di timeless, con una storia così importante come quella del suo brand? La vive come una responsabilità o un arricchimento?

JAMES FERRAGAMO Avverto un senso di responsabilità, ma non di reverenziale timore. Prevale però la consapevolezza di essere molto fortunato, di far parte di un marchio dove tutti vanno d’accordo e, in un certo senso, contribuiscono a perpetuare il sogno di mio nonno Salvatore, che l’ha fondata nel 1927. Certo, ogni tanto mio padre Ferruccio mi ricorda che quelli della terza generazione devono fare attenzione...

#LIKES E perché mai?

J.F. Perché secondo le statistiche sono coloro che tendono a segnare la fine di un’azienda familiare. Per evitarlo, ci siamo cautelati: i membri della terza generazione all’interno dell’azienda sono solo tre su ventitré cugini. Il nostro amministratore delegato non porta il cognome Ferragamo, per esempio: questa decisione è stata accolta molto favorevolmente dagli azionisti e anche gli analisti finanziari giudicano benissimo il nostro organigramma, perché rappresenta un giusto bilanciamento all’interno del brand.

#LIKES Parlando di stile: il “caso Ferragamo” è un felice unicum nell’imprenditoria italiana. Suo nonno ha dato vita a un’impresa che aveva come caratteristica la continua innovazione. Però, poi, nel corso del tempo, alcuni vostri modelli, come la scarpa “Vara”, sono diventati dei punti fermi - timeless, appunto - nel guardaroba di ogni signora elegante...

J.F. Ritengo che tutto risieda nel fatto che esistono marchi che seguono un pensiero, una struttura ideologica, per così dire, che rimane la stessa, pur aggiornandosi. Mio nonno ha iniziato con creazioni incredibili. È sempre stato un pioniere, anche nell’uso dei materiali e delle tecniche, oltre che della costruzione ingegneristica della calzatura. Credo però che anche lui, verso gli anni Cinquanta, abbia sentito l’esigenza di progettare qualcosa che superasse le tendenze. Penso al modello con un tacco basso ovale e dalla suola a conchiglia, derivante dall’opanke indiano, che Salvatore Ferragamo realizzò nel 1954 per Audrey Hepburn.

#LIKES E la “Vara”?

J.F. È stata creata da mia zia Fiamma nel 1978. All’epoca la linea boutique non disponeva di un modello che fosse al tempo stesso sportivo ed elegante. I disegnatori cominciarono a lavorare su una forma da qualche stagione sperimentata e rinomata per essere comoda, con tacco basso e punta rotonda, e al prototipo fu aggiunta una piccola decorazione ovale e un fiocco di gros-grain. Da allora è rimasta ininterrottamente in produzione.

#LIKES Come si fa a restare sempre “up to date” e non rinunciare ai propri principi?

J.F. Mettendo al centro il cliente: deve sempre sentirsi valorizzato. Per arrivare a questo obiettivo ci si deve dunque impegnare a disegnare abiti e accessori che, per usare un’espressione buffa, non abbiano una data di scadenza. Abbinare una ricerca incessante al progetto di un prodotto timeless non è facilissimo, anzi: si tratta di mettere in equilibrio due elementi che, all’inizio, possono risultare contrastanti. In questo risiedono il nostro valore, le nostre capacità. Di sicuro, anche riproporre silhouette che sono solo “nostre”, ma rivedute nelle proporzioni e nelle materie, è un’altra caratteristica. Una borsa come la “Sofia”, per esempio, è la rivisitazione di un nostro modello del 2008, ma l’abbiamo rieditata in versione “Soft Sofia” per la p-e 2017...

#LIKES Mi concede una domanda un po’ cattiva? In quanto imprenditori, siete “costretti” ad aumentare i fatturati. Ma se la qualità è così alta e un vostro paio di scarpe, per fare un esempio, può durare anche dieci anni, come riuscite a far quadrare il cerchio?

J.F. Credo che il bacino di clientela può sempre essere ampliato e il prodotto che viene acquistato da un cliente soddisfatto induce a fare un secondo giro di shopping nelle nostre boutique, magari cambiando categoria merceologica... Il fatto che tutto ciò che è marchiato Ferragamo - dagli accessori agli abiti, dai profumi ai foulard - contenga il valore di una lunga durata, è percepito come un grande pregio.

#LIKES Anche perché mi sembra che il vostro sia un brand che è stato tra i primi a riscuotere un riconoscimento globale... Eravate già un mito in Giappone negli anni Ottanta. Oggi la vostra produzione è per la maggior parte rivolta ai mercati esteri...

J.F. Nasce tutto da mio nonno. Nel 1958 è andato in Australia per aprire un punto vendita con David Jones che tutt’oggi è un nostro cliente. E prima era stato in Giappone per capire e valutare la situazione. Non posso però non ricordare mia nonna, da sempre attenta ai mercati stranieri: consideri che a 38 anni, vedova, ha stabilito strategie che si sono sempre rivelate vincenti...Per me, lei è ancor oggi un genio assoluto.

#LIKES Cosa ne pensa della vendita immediata di un prodotto subito dopo la sfilata?

J.F. Non so... Per noi il fulcro deve essere la qualità del servizio che riusciamo a dare ai nostri consumatori. Se si anticipa troppo, si toglie tempo alla creatività, che con le tempistiche normali può lavorare fino a poco prima del défilé.

#LIKES Una domanda personale: lei è manager, padre, sportivo... Ma come fa a far tutto?

J.F. Basta organizzarsi. E programmare tutti gli impegni. Tra l’altro lei si è dimenticato che vado spesso a New York, dove c’è Paul Andrew, direttore creativo delle calzature, e dove abbiamo metà dei nostri uffici...