LA CULTURA POP HA I SUOI IDOLI E MICHEL GAUBERT lo è, anche se molti di voi potrebbero non averlo mai sentito nominare. Lo è perché nel suo iTunes sono archiviati più di centomila pezzi musicali, a cui il 56enne sound designer parigino attinge per fare le colonne sonore delle prossime sfilate di Chanel o di Dior (ed è l’ecletticità di mixare Bowie, Morricone e un violoncellista punk cinese ad averne fatto una star). Lo è perché sono più di centomila anche i seguaci della sua superironica e iconoclasta gallery su Instagram, che ogni fashionista degno di questo nome compulsa avidamente la mattina a colazione. Parigino, ha iniziato nel 1978 come buyer di dischi di un negozio chiamato Champs Disques, che aveva tra i suoi clienti un certo Karl Lagerfeld. L’esperienza come dj nel clubbing parigino l’ha messo in contatto col mondo degli stilisti, e così è iniziata la sua carriera nella moda. Negli anni, fa le musiche anche per le sfilate di Balenciaga, Oscar De La Renta, Jil Sander, Dries Van Noten...

Cos’è il lusso nella musica?
Ascoltare cose che ti portano da un’altra parte.

Ricorda il primo disco che ha comprato?
Era Les Sucettes di France Gall (malizioso brano scritto da Serge Gainsbourg nel ’66 su una ragazza a cui piacciono molto i lecca lecca all’anice; France Gall, che all’epoca aveva 18 anni, non si era resa conto di aver inciso una canzone piena di doppi sensi sul sesso orale, ndr).

Ce l’ha ancora quel 45 giri?
Sì.

E la sua prima volta nella moda?
Una sfilata in un grande magazzino di Parigi. Mi ci portò mia nonna, ero parecchio giovane.

Negli anni in cui lavorava come buyer di dischi aveva Karl Lagerfeld tra i suoi clienti. Com’era?
Curioso. Ingordo di sapere sempre cosa c’è di nuovo. Mi ha colpito da subito, amo la sua fascinazione per le novità.

Ho letto che ha più di 80mila files musicali nel suo iTunes...
Deve essere un articolo di parecchio tempo fa perché ora sono molti di più. E sì, sono molti; infatti ogni tanto mi capita, come alle Sister Sledge, di sentirmi Lost in music.

L’artista che le ha cambiato la vita?
David Bowie.

Quello che l’ha colpita di più quest’anno?
Young Thug (rapper di Atlanta che a fine agosto ha debuttato con l’album Hy!£UN35, ndr).

La musica la sorprende ancora?
Certo. In modo diverso da prima, ma altrimenti non farei questo mestiere.

Qual è il più grande successo della sua carriera?
Non mi piace il termine “carriera” e non penso sia applicabile a uno come me, direi che il mio più grande successo è poter fare come lavoro ciò che amo.

Cosa ascolta quando vuole essere sedotto?
Il mio fidanzato non canta, e non sa suonare nessuno strumento, ma il suono della sua voce non ha rivali.

Musica e moda hanno una bella e lunga storia di coppia, fatta di influenze reciproche, stili - glam, punk, grunge ecc. Un rapporto ancora vivo?
Eccome, è troppo intenso per non aver più nulla da dire, solo che oggi è guidato da altri interessi che ne condizionano l’entusiasmo e lo rendono meno spontaneo.

Cosa le piace e cosa invece non sopporta del fashion business?
Amo la devozione quasi religiosa e gli sforzi e le energie che vengono spesi per realizzare una sfilata, non ci sono limiti a quello che si è disposti a fare perché lo show sia come deve essere. Detesto come tutto sia diventato troppo veloce, convulso.

Come nasce la musica per una sfilata?
Da una simpatica chiacchierata con lo stilista.

Karl Lagerfeld, Raf Simons, J. W. Anderson: che differenza c’è a lavorare con fashion designer di diverse generazioni?
La moda è transgenerazionale, e alla fine vogliono tutti la stessa cosa: musica che rappresenti bene il mood della collezione. Hanno modi diversi di ottenere quello che vogliono e questo dipende più dalla loro personalità che dalla loro età.

Se un abito da sera fosse un disco, quale sarebbe?
I vestiti non possono essere musica e la musica non può essere un vestito.

Si sente dire che tutto è già stato fatto. Vale più per la moda o più per la musica?
Oh, vale anche per la scrittura, l’architettura, il design, tutte le categorie. Può anche darsi che non ci sia più niente da inventare, ma questa è l’epoca della cultura remix, tutto si recupera e si reinventa. Io penso che abbiamo il know-how necessario per fare cose che siano originali. Però c’è un elemento culturale da tenere presente, e cioè che il talento, adesso, più che nel creare qualcosa di nuovo è nel sapere quando e cosa ripescare.

Se potesse tornare per una notte nella Parigi degli anni Ottanta, dove andrebbe?
A Le Palace, ovviamente! (Era il leggendario club parigino del jet-set di moda, musica e cinema, riaperto da qualche anno solo come teatro, ndr).

La canzone che suonano all’inferno?
L’inferno è un nightclub dove mettono continuamente No Tears dei Tuxedomoon.

È pieno in giro di modelle che fanno le dj e si fanno fotografare ai festival rock, lei ci va mai ai festival rock?
Ci vado quando non c’è fango.

E a un concerto heavy metal c’è mai stato?
Sì, e sono stato a concerti che erano anche più heavy di me.

Sex & drugs & rock’n’roll: cosa le fa venire in mente?
Il passato. E una parte del testo di Madame Hollywood, pezzo house scritto da Miss Kittin.

New York, Londra, Milano, Parigi, Los Angeles; le sfilate la fanno viaggiare molto. Qual è la sua città preferita, cosa ama o non ama di tutte loro?
La preferita è Parigi perché è casa, e poi Los Angeles, perché è lì che ora succede tutto. Non trascorro abbastanza tempo nelle altre per poter dire cosa mi piace o non mi piace.

Ha una seguitissima gallery su Instagram che è fra le più originali e dissacranti, quanto tempo passa a cercare le foto che posta?
Non l’ho mai calcolato, non sto a cronometrarmi perché è un hobby, lo faccio di continuo.

Se dovesse seguire un solo account su Ig quale sarebbe?
Il mio.

Il miglior pezzo dance dell’anno?
Roses XOXO di Abra.

Il disco che ascolta quando non vuole pensare a niente?
Il nuovo album di Dr Dre, Compton.

La sua casa brucia e può salvare solo cinque dischi, quali?
Salverei il computer, dentro ci sono tutti i miei dischi.

Se domani il mondo finisse, cosa farebbe oggi?
L’amore.