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Top secret: dove nascono le borse Chanel

Come può la natura riprodurre due borse uguali? Ci pensano gli artigiani francesi a clonare, con i più alti standard, desideri portabili di qualità

Di Alessandro Argentieri
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Getty Images

Per scoprire dove nascono le borse Chanel c'è una macchina nera con vetri oscurati che mi aspetta. Strada facendo, capisco che è un modo per distogliere l'attenzione su dove ci stiamo dirigendo. Siamo a nord di Parigi, ma appena guardo il Gps dell'iPhone mi chiedono per sicurezza di non comunicare il paese in cui la fabbrica è ubicata. Acconsento, tanto non ci sono outlet. E superata qualche strada di campagna, appena dopo la foresta francese più verdeggiante, appare una possente scatola di vetro e moduli architettonici. Da fuori potrebbe essere un'industria qualsiasi, ma dentro si è accolti dalla gigantesca 2.55, opera d'arte di Sylvie Fleury per il progetto Mobile Art.

Il giro inizia subito. Fidandosi, hanno previsto un tour completo di almeno un'ora e mezzo. Lo stabilimento del 1990 è su due piani ed è stato allargato nel 2006 per accogliere fino a 450 artigiani, garanti di ricerca e qualità. Malgrado le sei collezioni all'anno (ci vuole un mese per un prototipo), la puntualità e il rispetto dei migliori standard della Haute Maroquinerie sono obiettivi primari, tanto che un apprendista passa almeno cinque anni prima di saper realizzare completamente un accessorio in pelle (o in tessuto). Qui però tutto diventa possibile. La certezza arriva quando si spalanca il reparto pelli e tessuti: il caveau sembra una caverna di Alì Babà tanto è colorato e infinito. A fianco, ma bisogna fare almeno cento metri, c'è il reparto metalleria con l'archivio di tutti i tipi di chiusure logate più quelle nuove. Finora nessuno ha mai osato rubarne una perché è soltanto la provenienza, cioè un punto vendita Chanel del mondo, a garantire l'autenticità della borsa. Certo, in caso di usato, la tessera con numero di serie (riportato anche internamente) e un altro cartoncino sono un buon presupposto, ma la tranquillità di un acquisto originale è soltanto nelle boutique. Che espongono serialità artigianali di livello, vere sfide quotidiane al fare perché le "repliche originali" nascondono a monte molti problemi: la pelle ha imperfezioni, i colori sono meno brillanti del previsto e le sorprese all'ordine del giorno. La preparazione è la parte più dura, ma è come la cucina: senza i migliori ingredienti non si prepara nulla di buono. E qui neanche si inizia se non ci sono certi standard. Il taglio delle pelli è di due tipi: manuale per il coccodrillo o a macchina (per il galuchat, per esempio, che è molto duro).

E altra massima importata dalla Couture, "il dentro deve essere bello come il fuori". E così si parte dall'interno per rovesciarlo come ogni giacca Chanel, sovvertendo le leggi della fisica artigianale e provocando un certo timore in chi vede questo gesto delicato, preciso e veloce. Cucite con il cotone da macchine italiane e giapponesi, le borse fanno degli interminabili giri su porteur in alcantara fra i vari reparti (ognuno aggiunge qualcosa: un ricamo, una pennellata di colore a effetto, un point de bride...) per poi arrivare al controllo qualità. Perdonano il millimetro ma non i due, le catene devono essere tutte uguali, le cuciture uniformi... La lista è lunga e solo il servizio riparazioni fa miracoli con questi pochi esemplari (che comunque non saranno mai venduti). Le specialiste di questo laboratorio resuscitano borse disintegrate dagli anni, dorano catene spente o danno una seconda giovinezza ai manufatti delle clienti del mondo intero. Dopo essere state imbottite di carta velina e coperte da teli, inscatolate senza che si possano muovere fanno altri 25 km verso il magazzino generale. Per poi prendere il volo in una delle 580 boutique del mondo.

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