Una fiera digitale, quella del Pitti Connect, che, costretta dal Covid, ha creato una piattaforma sulla quale le creazioni dei designer sono "in mostra"sin dal 16 luglio, e che proseguirà fino al 9 ottobre (per poi passare il testimone a Pitti Bimbo, fragranze e filati, che termineranno il 30 ottobre). Se il formato digitale era già stato sperimentato dalla Camera della Moda Italiana per le scorse sfilate, con alterne fortune, come sta andando, invece, la fiera italiana più importante in fatto di abbigliamento maschile? L'impressione è che, pur avendo avuto meno tempo a disposizione degli americani, che si presenteranno alle sfilate di New York con un calendario digitale piuttosto scarno e privo di colpi di scena, il progetto sia stato pensato in maniera strutturata e coerente. Oltre ai classici partecipanti – circa 400 brand, a cui è possibile aggiungersi ancora oggi, in previsione di una campagna acquisti che si estenderà oltre le classiche scadenze – ci sono una moltitudine di contenuti e attività, pensati per sopperire alla mancanza di fisicità, e ridare l'impressione di partecipare all'evento più importante per molteplici aziende dell'abbigliamento italiano.

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Oltre così a scoprire le collezioni, fare "rete", come si dice in gergo, scoprendo tra i brand in mostra le nuove realtà più interessanti, così come i grandi classici, visitare uno showroom virtuale, con la possibilità di pianificare incontri o di chiedere informazioni in chat, c'è stata la creazione di un magazine digitale, The Billboard, realizzato grazie alla collaborazione con l'agenzia di produzione di Highsnobiety, indirizzo digitale di riferimento per lo streetwear contemporaneo, infarcito di contenuti relativi alla kermesse.


Un esempio sono Pitti meets, conversazioni video con imprenditori e stilisti, così come l'area My top list, dove i maggiori buyer presenti, seppur in digitale, al Pitti Connect, selezionano i loro marchi preferiti di quest'edizione, dando a chi apre il magazine digitale – non solo un addetto ai lavori e quindi informato in materia, ma anche un semplice curioso – una panoramica sulle tendenze contemporanee. Sebastian Haufellner, buyer di Lodenfrey, uno dei maggiori department store della Germania, ha ad esempio scelto una giaccia in lino idrorepellente di Herno Laminar così come un blazer Nehru – classico sartoriale modellato achkan o sherwani indiano – in lino, di Harris Wharf London. L'evento, realizzato grazie anche al contributo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e Agenzia ICE a sostegno delle fiere del Made in Italy – i loro fondi sono stati utilizzati per potenziare le attività di media relations e pubblicità – si arricchisce di "mostre" così come è sempre stato suo costume. Per quest'edizione Olivier Saillard – storico di moda ed ex direttore del Palais Galliera di Parigi – cura Fashion souvenirs, libreria online che esamina e racconta, o fa raccontare, diciassette look maschili entrati nella storia, dal pull bianco con il pantalone largo di Gary Cooper alla maglia marinière di Picasso .

Tra le idee più interessanti c'è quella di dedicare una selezione speciale ai più promettenti creativi della scena africana tramite l'Ethical Fashion Initiative, che ha selezionato sei designer – Wuman di Ekwerike Chukuma, LukhanyoMdingi, REIGN di Sipho Mbuto e Ben Nozo, De la Sébure di BernieSeb, Margaux Wong di Margaux Rusita, Jiamini di Jennifer Ndunge – che presentano il loro lavoro in vista di un evento speciale (e probabilmente fisico) a gennaio 2021, alla prossima edizione del Pitti. La sostenibilità è diventata inoltre uno degli argomenti principali del discorso sulla moda odierno, e neanche il Pitti poteva ignorarne la valenza: così è nato The sustainable style, selezione di 13 brand sostenibili, a cui si aggiunge un guest designer già noto (Y/project), tutti in lizza per il Premio Reda per la sostenibilità, partner del progetto e azienda leader nella produzione di tessuti in lana etici. Tra i brand green da segnalare: Nanushka, fondato da Sandra Sabor, che utilizza materiali etici come la pelle vegana, e Christopher Raeburn, che ha da sempre inserito nelle sue collezioni capi realizzati con il tessuto di paracaduti dismessi, e ha da poco lanciato Raefound, collezione di oggetti militari scovati dallo stesso stilista, originali e mai usati.

Chi, nostalgico, vuole fare un salto nel passato, può affidarsi alla sezione History of Pitti, che racconta i designer capaci di lasciare un segno nella storia del ready-to-wear, e delle loro presentazioni al Pitti: è il caso di Rick Owens, Raf Simons, o Yohji Yamamoto. Infine, l'evento più atteso – trasmesso in streaming, ma alla presenza di una manciata di selezionati ospiti – è stata sicuramente la sfilata di Dolce & Gabbana: in scena le loro collezioni di Alta Sartoria uomo (nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio) e donna (il 3 nel giardino all'italiana di Villa Bardini). Un evento speciale, dal nome significativo, Il Rinascimento e la rinascita, durante il quale, al fianco delle creazioni del duo italiano si sono celebrati accessori e abiti realizzati da 38 botteghe artigiane della città, tra le quali ci sono l'Antico setificio fiorentino, i profumi di Lorenzo Villoresi, le piume lavorate da Duccio Mazzanti e l'argenteria di Pampaloni. «Siamo molto felici che i nostri prossimi eventi di Alta Moda si svolgeranno a Firenze, una città che amiamo molto e che, in questo momento, ha un valore speciale», hanno commentato Domenico Dolce e Stefano Gabbana. «Firenze è stata la culla del Rinascimento, dell’italianità, di una sapienza antica che si tramanda e che continua a trasferire la sua influenza sulla cultura e sull’estetica contemporanee. Portare il nostro lavoro in luoghi iconici della città è un sogno che diventa realtà. E ancor più lo è il poter lavorare a stretto contatto con gli artigiani della città, che conservano nelle loro botteghe un saper fare prezioso e senza tempo. Ringraziamo Firenze e Pitti Immagine per questa opportunità; insieme daremo vita a un nuovo Rinascimento, una nuova Rinascita tutta italiana».