Che la prima stola elegante di cui si ha memoria addobbasse il collo della statua di Ashurnasirpal II, scultura realizzata nell'800 A.C. in onore dell'omonimo re Assiro, la dice lunga rispetto alle qualità di eleganza regale associate all'accessorio. Il pezzo di stoffa dalle molteplici varianti, a seconda delle necessità (lana per proteggersi dal freddo, cotone per rinfrescare il corpo dalla calura estiva, seta e lino come vezzo estetico) è antico come lo sono i bisogni più pratici, che accomunano tutte le ere storiche, anche se, a seconda delle declinazioni, ha assunto simbologie diverse. I Romani, imperatori e guerrieri noti più per le loro conquiste che per la loro eleganza vestimentaria, la chiamavano sudarium, e la portavano intorno al collo o legata in vita, per asciugarsi il sudore durante le afose estati della Capitale, che evidentemente erano poco sostenibili a livello epidermico anche prima del riscaldamento globale. Una praticità spiccia, la loro, non condivisa dai cinesi durante l'impero della dinastia Qin: a indossare una sciarpa elegante pareva fossero solo gli ufficiali dell'esercito di alto grado, come simbolo di riconoscimento. Nella storia moderna però è entrata agli inizi del secolo scorso, e senza nessun tipo di pretesa estetica: la indossavano i piloti dei primi aeroplani, in seta, per proteggersi dai gas di scarico dei veicoli. Le sue funzioni di vessillo pressoché liturgico sono state adottate sia da alcune religioni, che utilizzano l'accessorio come parte integrante del guardaroba degli officianti, che dai fan delle squadre di calcio, che ne utilizzano invece l'ampio spazio per ricamare sulla stoffa il nome del loro credo, diversamente sacro, ugualmente religioso.


La prima a renderle protagoniste fisse del suo armadio, sinonimo di un'estetica che poi farà rima con glamour, è, guarda caso, una donna che sarà sia regina degli schermi, che di alcuni regni fisici, come quello del Principato di Monaco. Grace Kelly usava spesso le stole, alla maniera di molte altre sue colleghe, per proteggersi dalla brezza frizzantina della sera, quando si presentava sui red carpet con degli abiti che le lasciavano nude le spalle. Non solo delicata necessità termica estrinsecata con eleganza, ma anche vezzo che indosserà sullo schermo: Caccia al Ladro, terza e ultima pellicola nella quale collaborerà con Alfred Hitchcock, diventa leggenda anche per il suo guardaroba, di cui Grace si occuperà personalmente (insieme alla costumista di fiducia Edith Head) dopo aver guadagnato la stima del cineasta. Se l'idea era quella di far passare il personaggio di Grace, l'ereditiera Frances Stevens, per una donna algida solo alle apparenze – e in effetti fu proprio Hitchcock a definire l'attrice come "ghiaccio bollente" – il suo guardaroba si costituì principalmente di abiti in toni freddi. Per la scena del viaggio in macchina con vista su Montecarlo, però, con Grace Kelly alla guida di una decappottabile (solo a pochi km dalla curva dove, molti anni dopo, perderà la vita), Kelly indossa un vestito rosa con micro stampa e una stola elegante in seta al collo, che si muove con eleganza grazie al vento. Un momento entrato di diritto nella storia del cinema e pensato proprio dall'attrice, che chiese quel costume alla Head, perché, dietro l'apparenza distaccata di Frances, c'era una donna seducente e capace di fare la prima mossa, che, in quel momento, stava tessendo la tela nella quale Cary Grant era destinato a cadere.

grace kelly 1929–1982 and cary grant 1904–1986 kissing in the front seat of a car in a publicity still issued for the film, to catch a thief, 1955 the 1955 film, directed by alfred hitchcock 1899–1980, starred kelly as frances stevens, and grant as john robie photo by silver screen collectiongetty imagespinterest
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Cary Grant e Grace Kelly in una scena di Caccia al ladro

Avida utilizzatrice di foulard e sciarpe anche nella vita privata, per tenere i capelli in ordine durante le passeggiate in macchina – sempre una decappottabile, perché nell'immaginario glamour del quale Kelly è stata regina, non esistevano, semplicemente, altre tipologie di quattro ruote – quel suo vezzo è stato poi replicato infinite volte, con significati diversi, in pellicole più recenti. Nella vita vera, invece, l'altra donna a utilizzarli, per raccogliere i capelli fu un'altra esponente dei gradi più alti della nobiltà pop americana, Jackie Kennedy. Più settata sui paralleli di Capri, che su quelli di Montecarlo, la first lady li abbinava a dei maxi occhiali, camicie in seta e pantaloni che dall'isola prendevano il nome, passeggiando per la piazzetta, accompagnata dalla sorella Lee Radziwill o dall'amico Valentino. Preferibilmente in seta, con motivi geometrici, e di Hermès, erano un vezzo attraverso il quale la ex first lady più glamour d'America esprimeva una personalità eclettica, spesso tenuta volutamente sottotono per rispettare le necessità del ruolo che era stata chiamata a riempire. Non solo in vacanza, le sciarpe in seta indossate come foulard si portavano anche a New York, magari abbinate a dei trench, regalandole indistintamente quell'aria di nomadismo couture, che caratterizzò poi gli Anni settanta. Certo, non furono sua esclusiva prerogativa presidenziale: molte altre first lady dopo di lei adottarono sciarpe legate al collo, o fazzoletti stampati che si appoggiavano sulle spalle, da Nancy Reagan a Barbara Bush ma l'obiettivo era quello di incutere un senso di rassicurante familiarità, più che esprimere una personalità. Le first lady lo indossano quasi nello stesso modo della Regina Elisabetta, che però ne ha un'infinita collezione, spesso tartan, molto pratici per andare a cavallo a Balmoral, e ribadire il suo amore imperituro per la campagna inglese e i suoi riti.

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Jacqueline Kennedy con Marella Agnelli ad Amalfi

La sciarpa come vessillo reale, come topos di una vetta lavorativa, è appannaggio di Audrey Hepburn in Funny Face (Cenerentola a Parigi in italiano). Nel film del 1957, la bibliotecaria inconsapevole Jo Stockton diventa top model per effetto degli scatti di Dick Avery (un Fred Astaire liberamente ispirato a Richard Avedon) e all'acume per l'immagine di Maggie Prescott – direttrice della rivista Quality, in un omaggio all'eclettica Diana Vreeland. Arrivata nella città della moda, Parigi, la sua incoronazione ufficiale, che convince anche il fino ad allora scettico Avery, è negli scatti sulle scale del Louvre, nei quali Jo, nel suo vestito Givenchy rosso, alza la stola ton sur ton al cielo, con la stessa sacralità con la quale terrebbe tra le mani una corona. Dietro di lei, la statua di Nike, dea della vittoria: e l'immagine è consegnata ai posteri.

actress audrey hepburn 1929   1993 descends the daru staircase at the louvre in paris, in a scene from the film 'funny face', 1957 the ancient marble sculpture of the winged victory of samothrace is visible at the top of the stairs photo by archive photosgetty imagespinterest
Matt Green//Getty Images
Audrey Hepburn in una scena di Cenerentola a Parigi

Le epigoni di Grace e Audrey, che in tempi moderni hanno tentato di replicare quello charme inarrivabile adottando la sciarpa intorno al collo, abbondano nelle commedie angofone, e passano per la Isla Fisher di I Love Shopping alle versioni condite da molto humor di Renée Zellweger in Bridget Jones che, in decappottabile con Daniel Cleaver - Hugh Grant, adotta le due dive come ispirazioni per il look (occhiali da diva e sciarpa tramutata in foulard per capelli) fallendo miseramente alla prima folata di vento e ritrovandosi con una capigliatura di un'invidiabile aerodinamicità. A ribellarsi a quel ruolo, espressione di una femminilità concepita come restrittiva, saranno la Geena Davis e Susan Sarandon di Thelma e Louise, film di Ridley Scott del 1991. L'una cameriera in un fast food, l'altra una casalinga trascurata dal dispotico marito, decidono di concedersi un weekend di relax in un viaggio on the road che non andrà esattamente come previsto. Se Susan Sarandon si presenta all'appuntamento con un foulard stampato perfetto da indossare sulla necessaria decappottabile – una Ford Thunderbird entrata nella leggenda – man mano che si macinano chilometri, esperienze e drammi, quel foulard finirà legato al suo collo, forse premonizione di un destino che sembra stringerle la gola, più probabilmente l'accettazione di un nuovo ruolo, pratico, di una donna che si sporca le mani e non ha bisogno certo di un foulard che le tenga in ordine i capelli.

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Fotos International//Getty Images
Thelma e Louise, pellicola con Geena Davis e Susan Sarandon del 1991

Diverso il discorso per la Miranda Priestly di Il diavolo veste Prada, che indossa spesso foulard Hermès, portandoli al collo, pur senza che le giocose fantasie della maison riescano mai a mitigare il suo piglio austero. Non è donna affine ai vezzi, Miranda, e infatti, durante la pellicola, perde spesso le sue preziose sciarpe, mandando le fide assistenti a far rifornimento delle scatole arancioni sinonimo del brand. D'altronde non tutte hanno bisogno delle stole per sentirsi regine.

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