“Rosso rubellite, viola tanzanite, rosa morganite, azzurro acquamarina, ocra oro…” uno scioglilingua, o quasi, perché a sciogliersi sono occhi e cuore, ascoltando i racconti preziosi di un gemmologo Tiffany & Co. (che vuole rimanere anonimo) e guardando attraverso le teche che custodiscono i preziosi della maison newyorchese. “Prima della metà del 19esimo secolo, nei gioielli americani si usavano raramente le gemme di colore. Tutto cambia nel 1876, quando il gemmologo George Frederick Kunz vende un’eccezionale tormalina al fondatore dell’azienda, Charles Lewis Tiffany. Poco dopo, Kunz inizia a collaborare con Tiffany e parte per un lungo viaggio alla ricerca delle gemme di colore più straordinarie destinate ai clienti di Tiffany”, racconta. Fino ad arrivare al “qui e ora”, dove qui sta per la boutique Tiffany & Co. di Via dei Condotti 55 a Roma e ora per il lancio della nuova collezione Tiffany Jewel Box composta da collier, bracciali, orecchini e anelli devoti ai diamanti e alle straordinarie pietre colorate, in esposizione (e non solo) nella Città Eterna fino al prossimo 10 agosto. “Una collezione che supera l'idea che i gioielli debbano essere tenuti gelosamente nascosti nella loro custodia. Il motivo a cornice delle montature, infatti, fa risaltare le gemme, che sembrano quasi fluttuare sospese e consente alle pietre di mostrare tutta la loro bellezza. Proprio come per le opere d’arte, queste cornici d’oro fanno parte del gioiello tanto quanto le pietre stesse e danno vita ad un modo innovativo e moderno di indossare diamanti e pietre preziose. Le montature in oro giallo e in oro rosa incorniciano le acquemarine e i diamanti più incredibili e sono state studiate con straordinaria precisione tecnica in modo da circondare in modo perfetto la bellezza delle gemme” continua il nostro “Virgilio della joaillerie”, che ci trasporta da cantica in cantica per raccontare la storia dello storico gioielliere americano. “L’hero piece di questa collezione è proprio il collier Tiffany & Co. dalle 23 acquemarine dal taglio misto, racchiuse in preziose cornici d’oro giallo. Mi piace definirlo una pinacoteca, un’esposizione, una mostra di gemme, una ‘gabbia’ d’oro giallo interrotta solamente dalle pietre dal taglio sempre diverso, dall’ovale alla goccia, passando per lo smeraldo, che con il suo rigore fa sì che la collana riceva la luce in maniera sempre differente, regalando a chi la indossa la massima espressione del colore. Infine, l’heritage di maison, la sua aggressività audace, quell’essere bold, tipico dei newyorchesi, si ritrova nel moschettone. Che sembra semplicissimo o solo una decorazione, e invece è un elemento fondamentale, perché permette di indossare la collana come una semplice vivier o un collier de chien - da abbinare una schiena nuda…”.

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T|Tiffany & Co. Studio
Il collier della collezione Tiffany Jewel Box composto da 23 acquemarine dal taglio misto racchiuse in preziose cornici d’oro giallo.

“L’unico dono della natura destinato a rimanere nel tempo sono le gemme, diceva Kuntz, perché i fiori, per quanto meravigliosi, hanno vita breve, le gemme no, sono immortali. Ed è da queste parole che Charles Lewis Tiffany prende ispirazione per una delle sue frasi più celebri ‘sono il re dei diamanti ma diventerò anche il re delle gemme di colore’”, racconta il gemmologo. Se alla fine dell’Ottocento i maragià arrivavano dall’India fino a Place Vendôme a Parigi con i bauli pieni di pietre, chiedendo ai gioiellieri della scuola francese di creare per loro preziosi tailor-made, gli artigiani Tiffany & Co. decidono che avrebbero sfruttato il loro spirito pionieristico per andare oltre, per non decidere la preziosità di un gioiello in base alla rarità della pietra, bensì di trovare doni della natura differenti. Così facendo Tiffany & Co. cambia la storia della gioielleria per sempre, distaccandosi dagli ideali del gioiello dell’art nouveau, periodo in cui alle pietre veniva affibbiato un potere mistico, o a quello della Belle Époque, che vedeva le perle farla da padrone, o dell’art déco, con il monopolio di rubini, zaffiri e diamanti. Dal blu con sfumature viola della tanzanite, la pietra presentata per la prima volta da Tiffany nel 1968, al rosa della morganite, chiamata così da Tiffany in onore del collezionista JP Morgan, passando per il rosso purpureo della rubellite, l’arancione caldo della spessartite, il rosa e il verde delle tormaline, le gemme colorate più iconiche della maison arrivano ai nostri giorni. E con loro, le attenzioni alla contemporaneità, che rima con sostenibilità di approvvigionamento e produzione. “Tiffany &Co. è il re dei gioielli non solo per l’avanguardia nel mondo del jewelry design, ma anche per il primato nell’essere l’unica azienda di gioielli al mondo verticalmente integrata”, continua il gemmologo, “tanto nell’approvvigionamento responsabile di diamanti quanto nel rendere noto l’intero percorso di lavorazione delle pietre. Infine, decidiamo noi come tagliarle, che è il nostro valore aggiunto per eccellenza”.

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Courtesy Tiffany & Co.

“Benché ci siano canoni stabiliti da rispettare per esempio per il numero di faccette che deve avere un diamante rotondo, di solito 57-58, o benché ci sia un range di proporzioni perfette dei vari angoli che deve avere un diamante, in Tiffany &Co. proviamo (e riusciamo) a dare un plus al taglio delle pietre grazie a un’attenta pianificazione… e grazie ai nostri ‘scienziati del taglio’, come li chiamo io, perché alla base di questo lavoro ci sono matematica, fisica, chimica”. Quale operazione? Aiutare il diamante a riflettere la luce. “Il taglio è la cosa più importante per chi gode il diamante. Il colore e la purezza passano in secondo piano. Perché è il risultato del taglio che dà la presenza. Lo scintillio, la brillantezza, il fuoco, sono tutti elementi di interazione tra la pietra e la luce. La pietra non è morta, la pietra è un elemento vivente, che trova la sua vita solo quando trova la luce e la rimanda agli occhi di chi osserva”.