«Una sorta di matrimonio» durato quarant'anni. O meglio, «una storia d'amore platonico» che ha attraversato intatta quattro decenni. È così che Hubert de Givenchy, 90 anni il 21 febbraio, ha riassunto nel 2013 su Paris Match il suo legame unico con la sua musa per antonomasia. Lui, lo stilista aristocratico nato nel 1927Hubert James Marcel Taffin de Givenchy. Lei, Audrey Hepburn, una delle poche donne a potersi permettere davvero l'appellativo di "icona".

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(Audrey Hepburn in Givenchy sul set di Sabrina, nel 1953. Foto Getty Images)

Il loro primo incontro è frutto di due (geniali) equivoci fortuiti. Avviene nel 1953 durante le riprese del film Sabrina, un anno esatto dopo il debutto di Givenchy con la prima collezione a portare il suo nome. Il regista Billy Wilder è alla ricerca degli abiti adatti al ruolo di Sabrina Fairchild. Nell'estate dello stesso anno chiede infatti alla stessa attrice di iniziare a procursarsi alcuni vestiti a Parigi, seguendo il suo gusto personale e le indicazioni della costumista hollywoodiana Edith Head. In città arriva però anche Gladys de Segonzac, costumista, ex direttrice della maison Schiaparelli, moglie del capo della Paramount a Parigi. È lei a decidere di non rivolgersi a Cristobal Balenciaga preferendo invece un esordiente destinato a diventare uno degli couturier più famosi di sempre che però non verrà citato nei titoli di coda. Ed è allora ad entrare in gioco il secondo equivoco: contattato dalla de Segonzac il giovane Hubert aspetta nel suo atelier non Audrey, ma Katharine Hepburn. «Non la conoscevo - ha confidato lo stilista nel 2013 a Paris Match, tradotto nello stesso anno da Linkiesta.it - Ho scoperto una giovane ragazza in pantaloni Marilyn, ballerine e cappello da gondoliere griffato “Venezia”! Una vivace turista americana per niente cosciente della sua....rusticità!». Hubert inizialmente declina: «mi spiace ma non possiamo lavorare per voi! La mia casa è troppo modesta per confezionare quindici abiti per Sabrina. Ho soltanto pochi operai». Audrey rimane però stregata dai suoi modelli, e lo convince ad accettare: «Lei ha insistito. Finché un giorno mi ha invitato fuori a cena. - ha raccontato a Io Donna a novembre 2016 - Figuriamoci una donna che invita un uomo a cena. Ma ho accettato. A fine serata mi aveva conquistato e da allora non ho mai smesso di vestirla».

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(Hubert de Givenchy e Audrey Hepburn in California nel 1988. Foto Getty Images)

Da quel (semi) rifiuto del 1953 il resto è scritto nella storia della moda. Il tubino nero per Colazione da Tiffany del 1961, il cappello a caschetto di Come rubare un milione di dollari e vivere felici del 1966, e un guardaroba di abiti creati su misura dentro e fuori dal set, «gli unici che mi facessero sentire completamente a mio agio» rivelò lei. Hubert li ha raccolti l'anno scorso in Olanda nella mostra To Audrey with love, la retrospettiva da lui organizzata e curata al Gemeentemuseum Den Haag all’Aia.

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(Audrey Hepburn con lo storico tubino nero di Givenchy sul set di Colazione da Tiffany, nel 1961. Foto Getty Images)

Il loro ultimo incontro, struggente, racchiude l'aneddoto che forse meglio racconta il loro rapporto: «ho visto Audrey Hepburn l’ultima volta in Svizzera, nel 1993. - ha rivelato lo stilista ancora a Io Donna lo scorso novembre - Le avevano dato tre mesi di vita, era molto malata ormai. E debole. Mi ha ricevuto in camera da letto. Mi ha detto: "Hubert scegli uno dei quei tre impermeabili che vedi appesi e portamelo". Ne ho preso uno blu notte, lei se l’è stretto al petto e ha aggiunto: “Ogni volta che ti sentirai triste indossalo, io sarò con te”. Credo di non aver mai pianto così tanto come allora, al ritorno da Ginevra a Parigi, a casa mia».

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(Hubert de Givenchy e Audrey Hepburn a Parigi, nel 1982. Foto Getty Images)