Senza di lei Hollywood sarebbe meno bella. Niente abiti a sirena, niente vita segnata da tessuti elastici che fasciano la figura. Senza Madeleine Vionnet il red carpet sarebbe un susseguirsi di divise che nemmeno The Handmaid's Tale ci spaventerebbe più. Ma chi era questa sofisticata signora di umili origini che ha dovuto brevettare un'innovazione sartoriale, per non darla in pasto alla concorrenza?

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Madeleine Vionnet con alcune delle sue lavoranti.


Madeleine Vionnet è nata nel 1876 ad Aubervilliers, in Francia, da una famiglia del proletariato. Nelle scuole di sceneggiatura si insegna che le storie migliori di bambini si sviluppano privandoli della mamma, per costringerli a crescere in fretta. E forse è amaramente vero anche nella vita. I suoi genitori, infatti, si separano quando è bambina e la madre l’abbandona con il padre (proprio come è accaduto al re del cotone Marcel Boussac). A 12 anni, poco più che analfabeta, Madeleine Vionnet inizia a lavorare come sartina in una maison de couture. Ma così giovane dimostra già uno spirito molto indipendente (e intraprendente).

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A 18 anni si sposa, un legame così breve e poco significativo che del marito non si sa molto, tranne che mettono al mondo un figlio e lo perdono per una malattia infantile. Con lui Madeleine taglia i ponti (temporaneamente) con la Francia e con la sua estrazione modesta e va a vivere nel Surrey, in Inghilterra con un carico di ambizione e determinazione che la metà sarebbe bastata. Per imparare l’inglese si accontenta di lavorare come lavandaia in un manicomio. Probabilmente la decisione di spostarsi a Londra arriva proprio quando comincia a sentirsi più sicura con la lingua. Non si sa quanto il suo inglese fosse fluente, ma bastò per farle ottenere un lavoro nel prestigioso atelier di Kate Reilly, la sarta ufficiale della corte inglese.

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Nel giro di un anno, la futura couturier ha già divorziato ed è tornata in Francia, ricca delle competenze acquisite in Inghilterra. Qui inizia a lavorare per la sartoria Callot Soeurs dove la titolare, Madame Gerber, le insegna l’arte di confezionare haute couture e come farne un business. Un’eredità intellettuale che, una volta affermata, riconoscerà con gratitudine dicendo della sua mentore: «è grazie a lei che sono stata in grado di comprarmi le Rolls Royces, invece che le Ford». Poi, ancora, è nell’atelier del celebre Jacques Doucet, che la “ruba” a Madame Gerber per svecchiare la sua produzione e attirare una clientela più giovane. Ma lo stile di vita di Madeleine Vionnet consiste nel macinare e poi concludere esperienze per passare allo step successivo, sempre più su.

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Nel 1912 si mette alla prova e apre a Parigi, al 222 di Rue de Rivoli, la maison Vionnet. Ma due anni dopo, mentre è ancora nella fase di lancio, le sue ambizioni vengono stroncate dalla Prima Guerra Mondiale ed è costretta a chiudere per fuggire a Roma. Tornata a Parigi, riapre, nel 1919, la sua sartoria nell’Avenue Montaigne con la facciata e gli interni realizzati dai migliori architetti e designer del tempo. Il suo obiettivo è ambizioso: liberare le donne dalla tirannia dei corsetti. Altri stilisti del tempo si accrediteranno questa rivoluzione (che qualcuno data ancora più indietro, in base ai dipinti di Klimt). Se l’attribuiscono anche Paul Poiret e Coco Chanel, che Madeleine definisce rispettivamente con spregio «un costumista da teatro e una banale modista che ne sa solo di cappelli». Per il momento la star è lei, che negli anni 20 riscuote un enorme successo nel suo lussuoso atelier definito “il tempio della moda”.

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Da quel momento Madame Vionnet si diverte a stupire e a sperimentare. Realizza il suo capolavoro stilistico: il taglio sbieco. Si tratta di un innovativo modo di tagliare il tessuto in diagonale rispetto al verso della trama e dell'ordito, che brevetta subito per non permettere alla concorrenza di copiarlo. È grazie a quel taglio che i vestiti iniziano a fasciare il corpo, gettando le basi dell’alta moda del futuro. E del fitness. Perché per indossare i suoi capi senza bustino, le donne iniziano a mettersi a dieta e a fare (moderata) attività fisica. L’ex ragazzina dalla cultura modesta ora studia l’arte classica per trarre ispirazione dalla fluidità dei tessuti riprodotti nelle statue greche. Vuole produrre abiti «che si muovono come l’acqua». Nel 1923 è costretta ad ampliare l’attività spostandosi in locali più grandi e assume un migliaio di sarte. A Parigi vogliono tutte lavorare per lei che, pioniera dei diritti sindacali, garantisce sedute comode, assistenza sanitaria comprensiva di dentista e chirurgo, e la convenzione con una mensa vicina per la pausa pranzo. I suoi impiegati la vedono raramente: lei passa la giornata nel suo studio a creare, a volte in coppia con la collega Marielle Chapsal, di cui si fida.

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