Say it loud, I’m black and I’m proud. E bellissima, soprattutto. James Brown avrebbe dovuto cantare questo pezzo direttamente a Naomi Sims, la pioniera. Naomi Sims prima modella afroamericana ufficiale della Storia, universalmente riconosciuta come colei che avrebbe rivoluzionato l’immagine di donna nera nel mondo fashion. Il più difficile, il più crudele, il più settario: o eri bianca o eri fuori. Invece lei emerse già da adolescente. Vi ricorda qualcuno? Siete avanti nel tempo. Il nome è lo stesso, esotico, superbo: Naomi. Naomi Sims prima di Naomi Campbell. Naomi Sims bucava gli obiettivi dei fotografi e le copertine delle più importanti riviste di moda quando il colore della pelle era una discriminante reale. Altro che sfilate: le passerelle non interessavano, a Naomi Sims bastava uno sguardo. Con classe ed eleganza, Naomi Sims foto stupende, non era da sfilata, era da studio shooting nelle pose creative dell’epoca. Seconda solo a Donyale Luna, Naomi Sims supermodella degna di questa definizione: un nome un business. Di lei il designer Halston, che la vestì di perfezione, disse: “È la migliore ambasciatrice delle persone di colore. Ha rotto tutte le barriere sociali”.

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Naomi Sims con Halston e Karen Bjorensen nel 1973.

Naomi Sims nasce nel 1948, da padre sconosciuto e madre che la cresce tra mille difficoltà. Un pattern che si ripete spesso ma è nella difficoltà che si trova il diamante: questo era Naomi Sims, un black diamond pronto a brillare. Presa in giro dai compagni di scuola per la sua altezza slanciata, Naomi trova rifugio nella fede non per farsi suora, solo per farsi coraggio. È splendida, testarda, intelligente. Vince una borsa di studio per il Fashion Institute of Technology a New York City, studia anche psicologia, ci tiene alla sua istruzione. Nel frattempo prova a fare la modella Naomi Sims, ma le porte le sbattono in faccia in continuazione. L’epoca della segregazione razziale è finita solo sulla carta: Rosa Parks, la morte di Malcolm X, le parole del reverendo Martin Luther King Jr agitano ancora gli animi, i bianchi non vogliono scalfiti i loro privilegi. Naomi Sims non si arrende ma i pregiudizi sono feroci: non rientra nei canoni. Troppo nera, troppo scura, troppo afro. Ma lei ci prova, bypassa le agenzie e va a stanare direttamente il fotografo Gösta Peterson del New York Times, convincendolo a fotografarla per la copertina del supplemento di moda dell’agosto 1967. Naomi ha 19 anni. Magnetizza l’obiettivo. Ma la società è ancora troppo indietro e Naomi Sims copertine non ne ottiene.

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La prova di testardaggine continua con l’accordo assieme a Wilhelmina Cooper, la modella di origini olandesi che sta creando la propria agenzia. Naomi le promette percentuali, commissioni di denaro se le procura lavori. La fondatrice della Wilhelmina Models accetta e le due diventano una macchina fenomenale di ingaggi fashion: mille dollari a settimana entrano puliti nelle tasche di Naomi Sims, che conquista anche la televisione. È il suo momento: il suo volto bellissimo e armonico è nella pubblicità della compagnia telefonica AT&T, con indosso gli abiti dello stilista Bill Blass. Bellissima, regale e al tempo stesso da ragazza della porta accanto. Afroamericana però, lontanissima dalle wasp e dalle bellezze dell’epoca. Sensuale senza scadere mai nell’ovvio, Naomi Sims conquista la copertina del Ladies' Home Journal a novembre 1968. È il momento più alto del movimento sociale chiamato Black Is Beautiful Naomi è la rappresentante perfetta dell’orgoglio del proprio colore di pelle: la morte del reverendo King ha aizzato gli animi ma la sua bellezza convinta, pulita ed elegante, sembra un balsamo morbido sul fuoco delle rivolte.

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Naomi Sims è l’avanguardia: Pat Cleveland, Alva Chinn e Beverly Johnson arrivano subito dopo di lei. Grazie a lei, grazie a quel volto dolce, dallo zigomo tondo, la fronte altissima, gli occhi profondi e luminosi. Vince il premio Model of the Year per due anni di fila, nel 1972 riceve la Woman of Achievement Medal e due anni dopo il Top Hat Award. È al top della carriera, è bella, bellissima e col cervello: sa che gli uomini di potere considerano le modelle delle stupide, sa che la bellezza è destinata a sfiorire, sa che il suo lavoro di mannequin non durerà in eterno. “Non c’è nulla di più triste di una modella invecchiata e povera, e ci sono molte modelle che non hanno nulla alla fine della loro carriera” commenta nelle interviste. Non vuole finire così. Si reinventa, Naomi Sims imprenditrice: apre un business di parrucche per le black people, scrive cinque libri sul lavoro di modella, tira su un impero di bellezza dedicata alle donne di colore. Lei che si truccava da sola perché i make up artists non erano abituati a regolare colori e sfumature su una pelle scura: ben prima delle cinquanta sfumature di fondotinta, c’era l’intuito misto a necessità di Naomi Sims. L’esempio più bello dell’utilizzare il concetto di razza a proprio vantaggio: “È di moda usarmi, forse qualcuno lo fa anche se non gli piaccio. Devono farlo se vogliono una bella fotografia, nonostante i pregiudizi” sorrideva sorniona, arguta come sempre. Lei che aveva sfidato tutto e tutti non solo sul lavoro, ma anche nella vita privata Naomi Sims era una guerriera: sposò un mercante d’arte bianco, Michael Findlay, nel 1973. Il loro amore interraziale fece scandalo, era ancora un tabù. Ci avrebbe fatto anche un figlio, Bob. Il matrimonio di Naomi Sims e Michael Findlay è durato fino al 1991, anno del loro divorzio, ma Naomi non si è mai fermata: ha continuato la sua carriera di businesswoman ribadendo e sottolineando il ruolo fondamentale delle donne nere nella moda, plaudendo ai cambiamenti, osservandoli dal piedistallo su cui la moda l’aveva giustamente issata. Naomi Sims ha perso solo l’ultima ondata delle modelle “diverse” e dei nuovi motivi di orgoglio: se ne è andata nel 2009, a 61 anni, per colpa di un maledetto cancro al seno.