Aveva uno splendido sorriso, un fisico da attore, un nome da premio cinematografico e un cognome da aristocratico latinoamericano. Oscar de la Renta ha vestito le lady più snob e più ricche del jet-set Usa e, nello stesso tempo, è stato vittima felice di quel European Dream sognato dalla generazione di stilisti americani vissuti nella soggezione di Francia e Italia, considerate patrie natìe dell'eleganza. È stato il Valentino di Manhattan, l'Yves Saint Laurent Uptown, l'Emanuel Ungaro Wasp. Sultano della soavità, regale nelle sue creazioni che citavano la couture parigina e romana, avversario – per non dire nemico - dello sportswear, è stato amato da tutte le power women Usa: Laura Bush, Nancy Reagan, Oprah Winfrey, Anne Hathaway e, più recentemente, Amal Alamuddin per l'abito da sposa del matrimonio con George Clooney. Invece, con Michelle Obama non si erano proprio “presi”. Portavoce di un'apparenza devota alla tradizione, l'aveva rimproverata per essersi presentata con un cardigan di J. Crew a Elisabetta II: «Non si va da una regina in maglione» e non aveva capito che proprio andandoci in maglione dimostri che sei, tra le due, la più potente, la più giovane, la più vitale, quella che se ne frega dell'etichetta perché può. Quando la puntuta Cathy Horyn del New York Times gli aveva ingenerosamente dato dell' «hot dog», lui aveva comprato una pagina del Women’s Wear Daily e le aveva dato dell'«hamburger vecchio di tre giorni» (sì, insomma: lo si può capire). A farcelo diventare molto simpatico c'era l'evidenza di non rendersi per niente conto di quello che stava succedendo a casa sua: la discesa in campo di agguerriti e aggressivi designer degli States programmati per colonizzare il pianeta con il loro gusto (e infatti Anna Wintour l'aveva un po' messo da parte, relegandolo al sacro ruolo di “icona”, che è notoriamente bidimensionale). Nato nella Repubblica Dominicana nel '32, aveva fatto da assistente a Cristobal Balenciaga, telefonava a Jacqueline Kennedy e Lee Radziwill, era immerso nell'opulenza ottimista, sorridente e tutto sommato ingenua, dei miliardari dell'epoca: yacht, case meravigliose, safari esotici, cene sontuose, grandi balli e feste memorabili. Ma è stato, negli ultimi anni di vita, anche colui che per primo ha dato una chance di visibilità a John Galliano, prendendolo come stagista per la collezione autunno-inverno 2012-13 e, con la seconda moglie Annette Reed (la prima, Françoise de Langlade, direttore di Vogue Francia, era morta nell'83), viveva con otto cani salvati dal canile. Malato dal 2006, ha anche organizzato tutto, perfino la nomina del suo successore, Peter Copping. (naturalmente europeo, nel caso specifico: inglese). Ci mancheranno i suoi vestiti? Probabilmente no. Però, di sicuro, ci manca già quel continente che, di fronte alle raffinatezze estenuate della vecchia Europa, chinava il capo e, guardandosi le sue felpe e le sue sneakers, se ne vergognava un po'. E non le imponeva come status di irrinunciabile, prepotente novità.