La vita ha scartavetrato ben bene l'avventura terrena di Sergio Loro Piana, uno degli imprenditori più intelligenti e “olivettiani”, se ci è concesso un orrido neologismo, dell'industria tessile italiana. Italiana, ho scritto. E lo potrei anche ripetere. Perché proprio lui, il “re del cashmere” - come con poca fantasia era stato etichettato daii giornali – con il fratello Pier Luigi ha deciso da poche settimane di cedere l'80% della sua griffe al colosso francese LVMH. Sono piovute le solite critiche provinciali sull'Italia che si svende, sugli stranieri che si comprano e ci comprano e che non lasciano più spazio al Made in Italy ma godono nello scipparci i marchi più leggendari, come il suo. Lui - elegantissimo, rinserrato in gessati di raffinatezza esasperata, sigaro in bocca, un whisky comprato in luoghi conosciuti solo a lui - era un dandy con acuto senso dello chic e degli affari. Ha capito che la panna montata delle «eccellenze» con cui ci riempiamo la bocca e i computer può servire al massimo come decorazione di un business solido, concreto, dalle spalle larghe. Aveva dichiarato all'Ansa: «Sono due miliardi che entrano nel Paese. Ma la nostra scelta non è stata decisa dai soldi. Abbiamo capito che, nonostante gli straordinari risultati raggiunti, per la competizione che si è scatenata probabilmente non ce l'avremmo fatta da soli. Per le nostre fabbriche si aprono spazi importanti, ci sarà quindi più lavoro in Italia». E che non è importante chi possieda cosa, ma come si possa lottare contro un mercato globale e agguerrito per continuare a imporre le proprie fissazioni: la qualità estrema di materiali e dettagli, il culto di un'eleganza che si esprima attraverso tatto, vista e quella zona del cervello che fa da link tra cultura e desiderio. Aveva due malattie. 1) Una patologica passione per tutto ciò che è bello, raro, individuale, distintivo: ovvero la materia di cui è costituito il lusso nella sua forma perfetta e compiuta. 2) Quella che l'ha portato alla fine. Sulla distanza, la prima sarà quella che renderà immortale il suo nome. Però spiace davvero che, per ora, abbia vinto la seconda.