Chi conosce cosa accade nei primi minuti che seguono il termine di una sfilata di Giorgio Armani o, come la sottoscritta, ha comunque avuto la fortuna di registrare sin dagli albori - e quindi catalogare - tutto quell'insieme di meccanismi e riti immancabili che si intersecano nelle trame di una settimana della moda a Milano sa che il racconto che seguirà nelle prossime righe è esattamente IL rito - nonché una buona lezione per qualsiasi giovane giornalista di moda che voglia intraprendere questa carriera. Tra gli assiomi degli addetti ai lavori, quotidianiste in prima linea, c'è una scena che da decenni si articola così: l'ultimo look svanisce nel buio ed esce di scena. Silenzio. Musica. Il corteo finale di modelle, alcune di loro accompagnate come da tradizione anche dalla controparte maschile, compie l'ultimo giro di passerella. La musica svanisce di nuovo. Silenzio. Giorgio Armani compare dall'uscio sullo sfondo nero. Scruta la platea con sguardo fisso, ringrazia inchinandosi per l'applauso. Applaude anche lui il suo pubblico. E poi di nuovo vociare, è già tempo di riprendere l'inesorabile corsa verso il prossimo défilé.

Se si osserva però più attentamente, magari dall'ultima fila di sedute in alto sugli spalti dell'Armani/Teatro, si può scorgere un gruppetto che corre in direzione contraria alla corrente degli ospiti. Si muove con un flusso opposto al fiume di invitati che si dileguano già trafelati, prima di scomparire nuovamente nell'antro che porta dietro le quinte. C'è un piccolo buffet, una serie di sedute posizionate in fila come in attesa di uno spettacolo davanti a una sedia da ufficio, uno sfondo nero. Il Re entra e saluta come solo i veri gentlemen sanno fare quando devono accogliere un parterre principalmente femminile, pronto a porgli domande al vetriolo alle quali non ha il minimo timore di rispondere. «Quello che avete appena visto può piacere o no. Questo è tutto da sindacare, da valutare». La stessa sicurezza, la sua, di chi dopo oltre quarant'anni di carriera può ancora chiudere come quest'anno una settimana della moda come il padrone di casa quando congeda gli ospiti. Quando chiude la porta accompagnandola, si volta e lascia alle sue spalle il brusio. Rivestendo le proprie donne di gonne in vinile, stampe geometriche e grafismi per la collezione Emporio Armani, o avvolgendole per la linea Giorgio Armani con strati di morbidissimo velluto nero, il tessuto che per lui ha «il potere di neutralizzare tutto, ideale per fare punto e a capo».

immagine non disponibilepinterest
Getty Images
Uno scatto nel backstage della sfilata Emporio Armani, collezione Autunno Inverno 2016/2017

Da questo incontro dietro le quinte della sfilata Emporio Armani Autunno Inverno 2016/2017 nasce la cronaca dell'Armani pensiero sulla moda di oggi, perfetta continuazione di quello che dichiarò intervistato da Marie Claire nel 2013: «Il prossimo step? Rimescolare questi due concetti (l'aver regalato agli uomini la dolcezza a loro negata e alle donne la forza di cui avevano bisogno per il loro ruolo sociale, ndr) e trovare un punto di fusione: dopo l'antitesi, la sintesi di elementi che sono profondamente influenzati l'uno dall'altro». La sua visione nel 2016? Qui il suo racconto a proposito di omologazione, dei giovanilismi, della (non) voglia di vivere e di ciò che trova grottesco.

Sull'essere classici oggi. «A fine sfilata qualcuno mi ha detto: com'è bella la tua collezione classica di oggi. Evidentemente non ha capito molto di quello che ha visto. La nuova collezione di Emporio, che voglio ricordare non essere la serie B della Giorgio Armani, coglie dalla strada gli elementi che sono un po' più spettacolari, evidenti ed
evidenziabili, e con un gioco di grafismi che nascono dal digitale e dai suoi colori vuole raccontare in un modo coerente il mondo che viviamo adesso e che vivremo sempre di più. Ve lo spiego così: ho portato in passerella l'idea del classico attraverso l'evoluzione del mondo attuale. L'80% di questa collezione è fatta di capi che definisco "normali". Pantaloni morbidi, gonne che però non sono minigonne. Non c'è una ricerca spasmodica nella trasformazione estetica di un aspetto femminile. C'è la volontà di rendere plausibile e aggiornata, attraverso ad esempio i grafismi, una proposta di moda».

immagine non disponibilepinterest
Getty Images
Uno scatto nel backstage della sfilata Emporio Armani, collezione Autunno/Inverno 2016/2017

Sulla moda di oggi. «Trovo che oggi ci sia una proposta che vuole essere a tutti i costi sexy e stravagante. Io toglierei da questo discorso "a tutti i costi". Io sono per lo stare più schisci, come si dice, perché oggi abbiamo anche bisogno che questi capi una volta arrivati in negozio trovino le acquirenti, non LA acquirente. Questo naturalmente non esclude il fatto che che una donna che compra una gonna a motivo geometrico poi non possa indossare sopra una giacca da uomo rigorosissima».

Sui giovanilismi, il ridicolo e il grottesco. «Il ridicolo è una cosa che ho sempre temuto. Magari lo sono stato anche io, a mio modo. Penso ai miei beige, senza mettere un colore per anni. Però tutto sommato questi beige li vedo ancora aleggiare nell'aria (sorride). Ridicolo per me è uno stampato particolarmente violento, la sovrapposizione di elementi che portano a una grande confusione. L'eccesso di volgarità voluta, la trovatina, le incongruenze di certi abbinamenti, ma anche il mettersi una scarpa che rende la caviglia grossa o una minigonna se per conformazione fisica non la si può indossare. Ci tengo a precisare comunque che oggi non sono le donne a essere ridicole, ma la proposte di moda a essere a volte ridicola. A me piace il gioco di recuperi, di una moda identificabile come giovane e destinata ai più giovani, che però viene adattata a persone che vogliono sentirsi tali senza essere, e lo ripeto alla noia, grottesche».

Sulle donne nel 2016. «Oggi c'è la donna che non ama la forma un po' più "violenta" di una proposta di moda, e quella che invece aspetta solo quello. Decidere quante siano le donne che la pensano in un modo oppure nell'altro è mortale. Oggi non è chiaro, non si capisce. Vedo delle signore anziane, sulla settantina, con il giubbotto in pelle con la zip, i leggings neri e le scarpe con il tacco alto. Hanno settant'anni, e così vanno anche al supermercato. Detto questo, si è detto tutto. Un tempo quella stessa donna indossava una gonnellina al ginocchio e tacchi bassi per paura di cadere. Adesso quelle stesse donne vogliono essere alla pari. Tanto di cappello. Perché devono essere relegate a un cliché che alla fine è un po' stantio? È il fattore democratico della moda di oggi».

immagine non disponibilepinterest
Getty Images
Lo stilista al termine della sfilata Giorgio Armani, collezione Autunno Inverno 2016/2017